L’Italia è tra i primi tre Paesi in Europa per adozione di intelligenza artificiale: il 24% dei lavoratori già utilizza questa tecnologia che permette alle aziende di restare competitive in un mercato in continuo cambiamento. È quanto emerge dalla prima edizione dello studio “EY Italy AI Barometer” realizzato da EY.
Lo studio – che ha coinvolto oltre 4700 manager di 9 Paesi europei, di cui 528 professionisti di imprese italiane in diversi settori –, ha indagato su aspettative e sfide future nei prossimi 12 mesi in merito all’AI, nonché sull’utilizzo attuale che viene fatto di questa tecnologia nel business.
L’indagine ha rilevato che l’Italia è tra i Paesi europei più avanti nell’adozione, con quasi tre quarti dei rispondenti italiani (76%) che afferma di avere un’esperienza diretta con la nuova tecnologia. La maggior parte di loro utilizza l’AI prevalentemente nella vita privata (43%), o nel contesto lavorativo (12%), mentre il 20% la impiega in entrambi gli ambiti. Si evidenzia, quindi, un sostanziale ottimismo verso queste tecnologie.
“L’intelligenza artificiale si sta affermando come una delle principali priorità e l’Italia è tra i primi tre Paesi che l’hanno adottatata (77%), preceduta solo da Spagna (84%) e Svizzera (82%)”, spiega Giuseppe Santonato, AI Transformation Leader di EY Italia.
“Investire oggi nell’intelligenza artificiale permette alle aziende di posizionarsi come leader in un contesto di mercato in costante evoluzione e sempre più competitivo. Un’azienda su tre, infatti, si prepara a investire sulle sue potenzialità per il prossimo anno e i settori che prevediamo saranno al fronte di questo movimento includono i servizi finanziari, il settore immobiliare e il retail e consumer products”, aggiunge.
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L’impatto dell’AI sul business
L’analisi evidenzia, quindi, come l’Italia sia avanti nell’implementazione dell’AI nei contesti lavorativi rispetto alla media europea (19%), con quasi un quarto dei rispondenti (24%) che afferma che l’AI sta già influenzando il loro lavoro e il 46% che prevede invece un incremento nei prossimi tre anni dell’impatto delle applicazioni AI nel business.
Inoltre, il 24% dei rispondenti ritiene che l’intelligenza artificiale possa sostituire parti delle mansioni su larga scala e il 76% si aspetta che questa porti a una riduzione del numero di dipendenti man mano che il suo utilizzo si consolida.
Guardando ai settori, questo trend si evidenzia in particolare nel settore energetico, dei servizi finanziari e nei media e telecomunicazioni. Al contrario, il 67% dei rispondenti appartenenti al settore pubblico pensa di non avere abbastanza conoscenze.
AI, applicazioni e vantaggi per le aziende italiane
Attualmente, secondo i rispondenti, in Italia l’intelligenza artificiale viene implementata all’interno delle aziende soprattutto per quanto riguarda le funzioni di marketing, cybersecurity e protezione dei dati e assistenza ai dipendenti.
Nonostante le numerose sfide, i benefici dell’adozione dell’AI sono già evidenti, soprattutto in termini di risparmi sui costi: in Italia, più della metà dei manager (58%) afferma che l’uso dell’AI ha permesso loro di risparmiare sui costi, aumentare i profitti o entrambi.
Il 16%, al contrario, non ha riscontrato risparmi. Queste tecnologie in Italia impattano maggiormente il 69% di coloro che hanno ruoli manageriali, a differenza di chi ha un ruolo non manageriale (49%).
Formazione, lavoratori insoddisfatti della strategia adottata dalle imprese
Il tema della formazione si conferma cruciale in questo campo. Lo studio evidenzia infatti come le imprese possano fare di più per sostenere i propri lavoratori nell’implementazione dell’AI, adottando un ruolo attivo nella formazione e nell’aggiornamento professionale delle proprie persone.
Il 37% dei rispondenti pensa che la propria azienda dovrebbe fornire maggiore formazione e il 32% ritiene di non avere abbastanza aiuto in questo senso.
Solo il 16% dei rispondenti si ritiene soddisfatto della formazione che riceve sul posto di lavoro. Inoltre, il 55% dei rispondenti si dedica all’autoformazione, sia privatamente (22%) che professionalmente (20%), entrambi il 13%, prediligendo per la maggior parte formazione dal vivo e workshop e corsi online.