Il Cefriel, competence center ante litteram

Il centro di Milano risponde già oggi ai compiti dei futuri poli dell’innovazione. 140 tecnici, fatturato in crescita e tanti clienti stranieri.

Pubblicato il 26 Lug 2017

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Se si leggono le linee guida del piano Calenda, lo si potrebbe identificare come uno dei futuri competence center. Ossia quei poli di ricerca e di studio che, nell’obiettivo del programma industria 4.0, dovranno aiutare le imprese italiane a sviluppare progetti di innovazione applicati al business. Questo d’altronde fa di mestiere il Cefriel (Consorzio per la Formazione e la Ricerca in Ingegneria dell’Informazione), società partecipata da università, imprese ed enti pubblici e nata nel 1988 proprio con il compito che ora il piano Calenda assegna ai competence center: affiancare le aziende nella ricerca e nei processi innovativi.

Lo ha fatto con Coca Cola per realizzare un prototipo di frigorifero intelligente che dialoga con clienti e gestori dei locali. E con A2A, multiutility partecipata da Comuni di Milano e Brescia, per realizzare un cestino dei rifiuti che monitora in autonomia il riempimento, mandando un alert quando sta per raggiungere il colmo. E ancora, con la Regione Lombardia per sviluppare la piattaforma digitale E015 in occasione dell’Expo di Milano. Capire come funziona il Cefriel può essere un modo per comprendere come funzioneranno i futuri competence center.

Alfonso Fuggetta, AD del Cefriel

In pole position

Il centro di Milano, che ha sede in Città studi ma uffici anche a New York e Londra, è in attesa di capire “come saranno fatti i bandi del ministero per i competence center”, come spiega l’amministratore delegato e direttore scientifico, il professor Alfonso Fuggetta. “Essendo legati ad attività progettuali, penso che i competence center siano legati al lavoro che svolge Cefriel”, prosegue il numero uno.

Sul mercato

Il centro è partecipato da quattro università (Politecnico di Milano, Università Statale, Bicocca e Polo dell’Insubria), Regione Lombardia e quindi aziende, tra cui Tim, Microsoft, Eni e Pirelli. L’anno scorso Cefriel ha chiuso con ricavi per circa 11,5 milioni di euro e un margine operativo lordo doppio rispetto al 2015. “Il 100% dei ricavi è fatto sul mercato e non riceviamo alcun contributo pubblico”, precisa Fuggetta. Per circa “un 10% – prosegue l’AD – i ricavi arrivano da attività di formazione e progetti con le aziende, per un 15% da programmi europei e per il 75% da contratti di progetti per l’innovazione con le imprese”, nei campi dell’internet delle cose, industria 4.0, sicurezza e informatica. L’andamento dei primi mesi dell’anno fa prevedere una crescita del 10%-15% sui conti del 2017.

Tecnologia da esportare

I clienti esteri hanno ormai sorpassato quelli italiani, anche se di pochi punti percentuali: sono il 50,3%, divisi tra Nord Europa e Stati Uniti. “Negli Usa abbiamo quattro clienti: con uno stiamo svolgendo un progetto di industria 4.0, con gli altri tre stiamo lavorando su big data e analisi in tempo reale”, prosegue Fuggetta.

Secondo il professore, una delle chiavi di volta della strategia del Cefriel sta nel collegamento con il Politecnico di Milano, dove, precisa il docente, “c’è un unico dipartimento per informatici, elettronici e telecomunicazioni. In genere sono separati, quello del Politecnico è un caso unico in Italia e in Europa”. Un esempio allineato alle richieste del mercato moderno, che impone a questi professionisti di dialogare tra loro.

Aree di intervento

Nel centro lavorano 140 tecnici, tutti a tempo indeterminato, divisi in quattro aree. La prima, digital enterprise, si occupa di sistemi informatici per rielaborare i dati e renderli più semplici per gli utenti. La seconda, digital platform, sviluppa progetti di internet delle cose. La digital interaction è l’area dedicata al design di prodotto e l’esperienza d’uso. Infine, digital knowledge è l’ufficio dedicato alla formazione delle risorse umane. Non solo il rafforzamento della macchina, quindi, ma della cultura di impresa. Senza la quale la rivoluzione 4.0 è completa a metà.

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Luca Zorloni

Cronaca ed economia mi sono sembrate per anni mondi distanti dal mio futuro. E poi mi sono ritrovato cronista economico. Prima i fatti, poi le opinioni. Collaboro con Il Giorno e Wired e, da qualche mese, con Innovation Post.

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