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Silicon Box investirà in Italia: pronti 3,2 miliardi per un nuovo impianto di produzione di chiplet

Silicon Box investirà nel Nord Italia 3,2 miliardi di euro realizzando un impianto per produrre chiplet, elementi essenziali per i processori di nuova generazione. Il Governo italiano contribuirà al progetto con un grant a valere sul fondo per la Microelettronica. L’investimento dovrebbe generare 1600 posti di lavoro.

Pubblicato il 11 Mar 2024

Silicon Box

Silicon Box, azienda tecnologica con sede a Singapore, ha annunciato un investimento di 3,2 miliardi di euro per l’apertura di un innovativo impianto produttivo in Italia per la produzione e il testing di chiplet, i “moduli” di base che possono essere combinati tra loro per assemblare i processori di nuova generazione.

La notizia è stata comunicata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e dal co-fondatore e CEO di Silicon Box, Byung Joon (BJ) Han, al termine di un incontro tenutasi a Palazzo Piacentini. L’Italia supporterà l’investimento con un grant a valere sul fondo per la Microelettronica. Il valore del contributo sarà reso noto dopo l’ok della Commissione Europea.

Silicon Box è una giovane realtà di Singapore che opera nel settore delle tecnologie chiplet integration, advanced packaging e testing.

Il nuovo impianto avrà il compito di rispondere alla crescente domanda di assemblaggio di semiconduttori – prevalentemente per il mercato europeo – necessari per abilitare nuove tecnologie, come applicazioni avanzate nel campo dell’intelligenza artificiale, calcolo ad alte prestazioni e componenti per veicoli elettrici.

Il progetto per un impianto di produzione di chiplet in Italia

Una volta a piena capacità operativa, l’investimento potrebbe creare fino a 1.600 nuovi posti di lavoro diretti oltre ai posti indiretti generati sia per la costruzione dell’impianto sia a regime nel più vasto ecosistema di fornitura e logistica correlato. Oltre 4 miliardi la spesa operativa prevista nei primi 15 anni.

L’impianto sarà situato nel Nord Italia. La progettazione e la pianificazione sono già iniziate, ma l’avvio effettivo dei lavori è subordinato all’approvazione della Commissione Europea.

Lo stabilimento sarà costruito e gestito secondo i principi net zero dell’Europa, minimizzando l’impronta di carbonio e l’impatto ambientale.

“L’Italia è stata la prima scelta per la nostra espansione globale. Crediamo che l’innovazione dei nostri Paesi sia guidata da valori culturali simili, che abbracciano curiosità, passione e un instancabile impegno verso l’eccellenza”, aggiunge Byung Joon Han, co-fondatore e CEO di Silicon Box.

“I recenti sconvolgimenti globali sottolineano la necessità di costruire una catena di approvvigionamento più resiliente per i semiconduttori in Europa. Il governo mette i chip e la microelettronica al centro delle priorità strategiche. Questa iniziativa testimonia ancora una volta che siamo in grado di attrarre gli interessi dei player tecnologici globali e che l’Italia è in corsa per ricoprire una posizione di leadership nel settore. Siamo convinti che questa nuova struttura fungerà da catalizzatore per ulteriori investimenti e innovazioni in Italia”, commenta il ministro Urso.

L’importanza dell’investimento per la catena del valore dei semiconduttori in Italia e in Europa

Quello di Silicon Box rappresenta il primo investimento nell’advanced backend per la produzione di chiplet in Europa e permetterà di potenziare la catena del valore italiana ed europea, in linea sia con la strategia italiana per la microelettronica che con il Chips Act europeo.

La prima, ricordiamo, è stata sviluppata da un gruppo interministeriale composto da MIMIT, MUR e MEF al fine di perseguire tre obiettivi principali: la consolidazione delle capacità italiane nella progettazione avanzata di chip; il rafforzamento del vantaggio competitivo in elettronica di potenza e nuovi materiali; il sostegno al settore dei macchinari per la produzione di chip.

Per realizzare tali obiettivi, la strategia si avvale di vari strumenti, tra cui la promozione di ricerca e sviluppo, con iniziative quali la creazione della Fondazione Chips.IT a Pavia, la partecipazione a progetti europei (come l’IPCEI sulla Microelettronica) e incentivi fiscali per la ricerca e lo sviluppo nel settore.

Inoltre, mira a sostenere le imprese nazionali e attrarre investimenti esteri attraverso il Fondo nazionale per la microelettronica, con una dotazione significativa di risorse finanziarie. Per l’attuazione di queste politiche, è stato costituito un Comitato Tecnico Interministeriale, con il supporto della Fondazione Chips.IT come consulente tecnico.

La strategia si inserisce nel contesto più ampio degli sforzi dell’UE per ridurre la dipendenza estera dai semiconduttori e raddoppiare la propria quota di mercato entro il 2030. I semiconduttori rientrano infatti nelle quattro tecnologie che la Commissione ha giudicato “critiche” per l’UE (insieme a AI, tecnologie quantistiche e biotecnologie) e che quindi devono essere maggiormente attenzionate sia per prevenire la “fuga di tecnologia” dall’Europa – contrastando così la competizione di Cina e Stati Uniti – che eventuali rischi collegati ai cambiamenti dei rapporti geopolitici sullo scacchiere internazionale.

Un impegno che si è reso necessario dopo che la crisi generata dalla pandemia ha sottolineato la dipendenza dell’Europa da Paesi esteri in materia di semiconduttori e che aveva spinto la Commissione a presentare, nel febbraio 2022, il cosiddetto “Chips Act”.

Approvato nel luglio dello stesso anno, il Chips Act mira a incrementare la quota europea nella produzione globale di semiconduttori dal 10% al 20% attraverso un investimento di 3,3 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione in materia, sostegno alle PMI che operano nel campo della progettazione di chip, la creazione di una rete di centri di competenza dedicati e di un meccanismo di risposta alle crisi, che permette alla Commissione Europea di valutare i rischi di approvvigionamento e attuare misure di emergenza in caso di necessità.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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