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Piano Transizione 5.0, tutti i dettagli e la spiegazione dell’incentivo (con video e testo ufficiale in PDF)



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Al via il piano Transizione 5.0: ecco il testo ufficiale della norma spiegato comma per comma: a chi spetta, quali sono i beni strumentali ammessi, quali sono le aliquote, quando è possibile avere l’ulteriore maggiorazione del 40% sugli impianti fotovoltaici, come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione, come si fruisce dell’incentivo, che cosa farà il GSE.

Pubblicato il 26 feb 2024



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Si compone di ben 21 commi – a testimoniare la complessità della normativa – l’articolo 38 del Decreto-Legge 39 del 2 marzo 2024 che detta “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” (decreto PNRR) approvato il 26 febbraio dal Governo e pubblicato il 2 marzo 2024 in Gazzetta Ufficiale. Si tratta del testo che scrive le regole del nuovo Piano Transizione 5.0.

Il decreto legge è operativo dal giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, quindi da sabato 2 marzo 2024, ed è stato poi convertito in legge ordinaria (legge di conversione 29 aprile 2024, n. 56).

I dettagli del piano sono poi stati dettagliati prima dal decreto attuativo (qui potete scaricarne la versione definitiva) e poi dalla circolare contenente le linee guida.

Chi può accedere ai benefici del piano Transizione 5.0

Il piano è dedicato a tutte le imprese che effettuino “nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici”, senza distinzione di forma giuridica, settore, dimensione o regime fiscale, “che dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato” (la parte sulle date di avvio e conclusione è stata modificata in questo modo con il decreto Superbonus).

Per data di avvio, come scritto nella bozza del decreto attuativo, si intende “la data del primo impegno giuridicamente vincolante ad ordinare i beni oggetto di investimento, ovvero qualsiasi altro tipo di impegno che renda irreversibile l’investimento stesso, a seconda di quale condizione si verifichi prima”: in pratica l’ordine non deve essere anteriore all’1 gennaio 2024.

Sono escluse specificamente le imprese in difficoltà finanziaria o che hanno ricevuto sanzioni interdittive; si richiede inoltre il rispetto delle norme sulla sicurezza e i contributi previdenziali.

Un’altra importante esclusione è relativa alle attività che potrebbero violare il principio del DNSH – Do No Significant Harm, che impone di non arrecare danni significativi al raggiungimento degli obiettivi in maniera di ambiente. SI tratta di un principio previsto dall’articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852 UE e non è quindi possibile per una normativa nazionale discostarsene.

In teoria, l’applicazione pedissequa di quanto previsto da quel regolamento avrebbe escluso interi settori – agricoltura ed energivori come siderurgico, ceramica e altri – dalla possibilità di accedere al piano. Tuttavia il decreto attuativo, dopo una “trattativa” con la Commissione Europea, ha allentato le maglie dei divieti, consentendo diverse esclusioni. Ne parliamo approfonditamente qui.

I beni strumentali incentivati e il collegamento al piano Transizione 4.0

Per accedere all’incentivo occorre che si verifichino le seguenti condizioni

  • Effettuare un investimento in almeno uno dei beni strumentali materiali e immateriali previsti agli allegati A e B del piano Transizione 4.0. Anche in questo caso si prevede che i beni devono essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
  • Questi beni devono essere inseriti in un progetto di innovazione che consenta di ottenere una riduzione dei consumi energetici
  • La riduzione dei consumi deve essere pari ad almeno il 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale oppure ad almeno il 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento.

L’allegato B, quello dedicato ai software, viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per

  • software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding);
  • i software relativi alla gestione di impresa se acquistati unitamente ai software, ai sistemi o alle piattaforme di cui al punto precedente.

Di fatto si tratta dei sistemi di monitoraggio dei consumi, anche se parte di un più ampio sistema ERP.

Vale la pena sottolineare a questo punto che, se un investimento in beni 4.0 ricade sotto l’ombrello della Transizione 5.0 perché abilita un risparmio energetico, si applicheranno le norme di questo piano (e non più quelle del piano Transizione 4.0) in relazione alle tempistiche e alle modalità di fruizione dell’incentivo. Resta l’obbligo di attestare l’interconnessione.

Il recupero del credito d’imposta maturato con il piano Transizione 5.0 potrà avvenire da subito, in una o più quote, fino al 31/12/2025. La parte restante andrà divisa in cinque quote annuali di pari importo.

Il piano Transizione 4.0 resta operativo per tutti gli investimenti nei beni previsti negli allegati A e B che

  • non generano risparmio, oppure
  • generano risparmio sotto le soglie minime previste dal Transizione 5.0.

Gli impianti fotovoltaici e gli altri sistemi per autoproduzione e autoconsumo

L’accordo siglato con la UE lo scorso agosto prevede, oltre alla linea dedicata ai beni strumentali, anche due linee dedicate ai sistemi per autoproduzione e autoconsumo di energia e alla formazione.

In particolare, i 6,3 miliardi sono distribuiti in questo modo

  • 3.780 milioni per i beni strumentali
  • 1.890 milioni per autoconsumo e autoproduzione
  • 630 milioni per la formazione

Per quanto riguarda autoconsumo e autoproduzione, la premessa è che questi investimenti devono comunque far parte di un progetto di innovazione che preveda l’acquisto di beni strumentali, come abbiamo visto nel paragrafo precedente. Sono quindi investimenti cosiddetti “trainati” dall’investimento “trainante” che è quello in beni 4.0 che generano risparmio energetico.

Quindi una volta attivato l’investimenti in beni strumentali è possibile avere il credito d’imposta anche per i “beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta”.

Le spese che si possono portare nel montante ammesso all’incentivo sono:

  1. i gruppi di generazione dell’energia elettrica
  2. i trasformatori posti a monte dei punti di connessione della rete elettrica, nonché i misuratori dell’energia elettrica funzionali alla produzione di energia elettrica
  3. gli impianti per la produzione di energia termica, utilizzata esclusivamente come calore di processo e non cedibile a terzi, con elettrificazione dei consumi termici, alimentati tramite energia elettrica rinnovabile autoconsumata ovvero certificata come rinnovabile attraverso un contratto di fornitura di energia rinnovabile
  4. i servizi ausiliari di impianto
  5. gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta

Per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici, l’incentivo è limitato ai soli impianti basati su pannelli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con efficienza pari ad almeno il 21,5%.

È prevista una maggiorazione rispettivamente del 120% e 140% della base di calcolo per gli impianti che includono i pannelli a maggiore efficienza previsti alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 12, del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, cioè

  • 120% per i moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5 per cento;
  • 140% per i moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0 per cento.

Questa maggiorazione non è limitata al costo dei moduli, ma si estende al costo dell’intero impianto fotovoltaico.

Si arriva così a un incentivo potenziale del 63% (45% di aliquota massima del Transizione 5.0 con la maggiorazione del 140% della base imponibile). La maggiorazione si applicherà sulla sola parte relativa agli impianti fotovoltaici e non anche ai beni strumentali e alla formazione.

Uno degli emendamenti approvati durante la conversione in legge ha introdotto un limite alla spesa per i pannelli fotovoltaici e i sistemi di accumulo, con una proporzionalità tra l’energia erogata e la spesa agevolata. Il limite disposto dal decreto attuativo per quanto riguarda i sistemi di stoccaggio è pari a 900 € per kWh, mentre per la generazione di energia dipende dalla tipologia di rinnovabile e dalla taglia dell’impianto.

L’impianto di produzione di energia può essere anche collocato a distanza. Qui tutti i dettagli.

La formazione

Per quanto riguarda le spese per la formazione del personale, sono ammesse

  • se sono finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi
  • nel limite del 10% degli investimenti effettuati nei beni strumentali
  • fino a un massimo di 300 mila euro

Le spese devono inoltre essere necessariamente erogate da soggetti esterni individuati con decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy (sono incluse Università, Competence Center, EDIH, ITS Academy e altri soggetti accreditati).

Per quanto riguarda le attività formative attività ammesse, sono raggruppate in due elenchi allegati al decreto attuativi, uno dedicato alle attività inerenti la formazione su aspetti legati alla transizione green e l’altro relativo alla formazione sulla transizione digitale.

La durata minima è 12 ore, ma almeno 4 ore devono essere dedicate a una di queste quattro “materie” sulla parte energia

  • Integrazione di politiche energetiche volte alla sostenibilità all’interno della strategia aziendale
  • Tecnologie e sistemi per la gestione efficace dell’energia
  • Analisi tecnico-economiche per il consumo energetico, l’efficienza energetica e il risparmio energetico
  • Impiantistica e fonti rinnovabili (produzione e stoccaggio energie da fonti rinnovabili)

e un secondo modulo formativo, sempre da almeno 4 ore, deve essere dedicato a una di queste altre “materie” sul digitale

  • Integrazione digitale dei processi aziendali
  • Cybersecurity
  • Business data analyitcs
  • Intelligenza artificiale e Machine learning.

Le aliquote

E veniamo alle aliquote, che sono complessivamente 9, come avevamo anticipato. Bisogna poi tenere in considerazione che ciascuna aliquota può essere maggiorata di 1,2 o 1,4 volte considerando quanto abbiamo appena visto in relazione ai soli pannelli fotovoltaici ad elevata efficienza.

Le aliquote di base del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione non inferiore al 3% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, una riduzione non inferiore al 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, sono:

  • 35% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 15% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 5% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Si noti che il massimale di 50 milioni di euro è relativo a ciascuno dei due anni di vigenza del piano.

Le aliquote del credito d’imposta, laddove l’investimento consegua una riduzione superiore al 6% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 10% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento,

  • 40% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 20% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 10% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Nel caso in cui l’investimento consegua una riduzione superiore al 10% dei consumi energetici della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale o, in alternativa, di riduzione superiore al 15% dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento, le aliquote diventano

  • 45% per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 25% per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro
  • 15% per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro per anno per impresa beneficiaria.

Come si calcola il risparmio energetico per aziende esistenti e di nuova costituzione

Il testo della norma spiega che per calcolare la riduzione dei consumi occorre

  • riproporzionare i conteggi su base annuale
  • fare riferimento ai consumi energetici registrati nell’esercizio precedente a quello in cui si avviano gli investimenti
  • il risparmio sui consumi deve essere “al netto delle variazioni dei volumi produttivi e delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico”.

Per non escludere dall’incentivo le imprese di nuova costituzione, il testo prevede che, in questo caso, il risparmio energetico conseguito vada calcolato “rispetto ai consumi energetici medi annui riferibili a uno scenario controfattuale, individuato secondo i criteri definiti nel decreto di cui al comma 17″.

Il decreto attuativo spiega che l’impresa dovrà individuare “rispetto a ciascun investimento nei beni di cui all’articolo 6, almeno tre beni alternativi disponibili sul mercato, riferito agli Stati membri dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, nei cinque anni precedenti alla data di avvio del progetto di innovazione”. Una volta individuati i tre beni alternativi di riferimento occorrerà calcolare la “media dei consumi energetici medi annui dei beni alternativi individuati per ciascun investimento”. A quel punto, sommando questa media per ciascun bene oggetto di investimento, si otterrà lo scenario controfattuale, cioè il riferimento per calcolare il risparmio garantito dall’investimento reale.

In questo articolo trovate maggiori dettagli sui quattro possibili casi previsti nel decreto attuativo.

Gli oneri documentali

Le imprese dovranno produrre diversi documenti, alcuni prima (ex ante) e altri dopo (ex post) aver effettuato l’investimento:

  • una certificazione ex ante
  • una comunicazione ex ante al GSE
  • comunicazioni di aggiornamento sull’avanzamento degli investimenti, tra cui una obbligatoria entro 30 giorni per confermare la prenotazione attestando il versamento di un acconto pari almeno al 20% del valore dei beni materiali oggetto dell’investimento.
  • una certificazione ex post
  • una comunicazione ex post al GSE
  • la perizia sulla rispondenza dei beni 4.0 ai requisiti tecnici
  • l’attestazione dell’avvenuta interconnessione
  • l’attestazione dell’avvenuto collegamento dei sistemi di generazione dell’energia alla rete elettrica (entro un anno)
  • documentazione atta a dimostrare congruità e pertinenza delle spese sostenute
  • certificazione contabile da parte del revisore dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa.

Le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti potranno aggiungere 5.000 euro al credito d’imposta per mitigare l’impatto di questa ulteriore spesa.

Le certificazioni

Le due certificazioni invece dovranno essere rilasciate da un valutatore indipendente. A EGE e Esco previsti dal decreto legge, il decreto attuativo ha aggiunto anche gli ingegneri (senza distinzione sui corsi di laurea) iscritti nelle sezioni A e B dell’albo professionale, nonché i periti industriali e i periti industriali laureati iscritti all’albo professionale nelle sezioni “meccanica ed efficienza energetica” e “impiantistica elettrica ed automazione”, con competenze e comprovata esperienza nell’ambito dell’efficienza energetica dei processi produttivi.

In particolare la certificazione ex ante deve attestare la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni strumentali (beni materiali e immateriali, non quindi la parte dell’autoproduzione e autoconsumo).

La certificazione ex post deve invece attestare l’effettiva realizzazione di quegli investimenti.

Resta obbligatoria anche l’attestazione dell’avvenuta interconnessione.

Una graditissima sorpresa è invece la possibilità – ma solo per le piccole e medie imprese – di poter aggiungere al credito d’imposta anche le spese sostenute per la certificazione fino a un massimo di 10.000 euro.

Come si fruisce dell’incentivo (e il nodo delle tempistiche)

Il credito d’imposta si usa con le consuete modalità, cioè esclusivamente in compensazione tramite F24 presentato nel canale dei servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate.

Il credito d’imposta “non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale”.

L’avvio della fruizione non potrà in nessun caso superare la data del 31 dicembre 2025.

Il ruolo del GSE

Le imprese dovranno presentare al Gestore dei Servizi Energetici s.p.a (GSE) la certificazione ex ante, che attesta le caratteristiche del progetto di investimento e i risultati conseguibili, nonché la comunicazione ex ante con la descrizione del progetto di investimento e il costo dello stesso.

Il GSE verifica la completezza della documentazione e trasmette al Ministero sia l’elenco delle imprese che hanno validamente chiesto di fruire dell’agevolazione sia l’importo del credito che, se ci sono risorse disponibili, risulta a questo punto “prenotato”.

Viene introdotta la necessità, da parte delle aziende fruitrici, di inviare al GSE comunicazioni periodiche relative all’avanzamento dell’investimento ammesso all’agevolazione. In base a tali comunicazioni è determinato l’importo del credito d’imposta utilizzabile, nel limite massimo di quello prenotato. Saranno quindi ammesse variazioni in diminuzione (es. minori investimenti o minor risparmio) ma non in aumento.

Con il decreto Superbonus è stato introdotto l’obbligo di effettuare una comunicazione “entro trenta giorni dalla prenotazione del credito d’imposta” (cioè dall’OK ricevuto dal GSE a seguito della comunicazione ex ante). In questa prima comunicazione si deve dimostrare l’effettuazione degli ordini accettati dal venditore, allegando documenti che attestino il pagamento di un acconto di almeno il 20% del costo di acquisizione di tutti i beni strumentali e degli investimenti relativi alle rinnovabili, pena la decadenza dal beneficio.

Al termine dell’investimento l’impresa si rivolge nuovamente al GSE inviando una comunicazione di completamento dell’investimento corredata dalla certificazione ex post.

A questo punto il GSE trasmette all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle imprese beneficiarie e l’ammontare del relativo credito d’imposta definitivo, utilizzabile in compensazione.

A questo punto occorre attendere cinque giorni dalla trasmissione, da parte di GSE all’Agenzia delle Entrate, dei dati definitivi e presentare entro la data del 31 dicembre 2025 il modello F24 per la fruizione del credito. Se l’impresa non ha capienza per fruire dell’intero credito, può riportare in avanti e utilizzare in cinque quote annuali di pari importo l’ammontare non ancora utilizzato.

I controlli del GSE

L’altra novità è nel meccanismo dei controlli che farà il GSE. Mentre finora doveva essere l’Agenzia delle Entrate a chiedere l’intervento del GSE per le valutazioni tecniche, il testo definitivo dispone che “Sulla base della documentazione tecnica prevista dal presente articolo nonché della eventuale ulteriore documentazione fornita dalle imprese, ivi inclusa quella necessaria alla verifica della prevista riduzione dei consumi energetici, il GSE, effettua, entro termini concordati con l’Agenzia delle entrate, i controlli finalizzati alla verifica dei requisiti tecnici e dei presupposti previsti dal presente articolo per la fruizione del beneficio”.

Se le verifiche individuano una indebita fruizione dell’incentivo, il GSE informa l’Agenzia delle Entrate che provvede poi all’accertamento fiscale.

I beni vanno tenuti almeno 5 anni

Anche per il Transizione 5.0 è previsto il meccanismo del Recapture: “se i beni agevolati sono ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione anche se appartenenti allo stesso soggetto, nonché in caso di mancato esercizio dell’opzione per il riscatto nelle ipotesi di beni acquisiti in locazione finanziaria, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento degli investimenti, il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo”.

Il decreto attuativo chiarisce che lo stesso periodo di osservazione vale anche per gli obiettivi di risparmio energetico: in altre parole, i minori consumi devono essere mantenuti per cinque anni.

La cumulabilità

Il credito d’imposta Transizione 5.0 è cumulabile con altri incentivi finanziati da risorse nazionali che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che il cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto.

Non è invece cumulabile, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con il credito d’imposta Transizione 4.0 (come dicevamo, se si entra nell’alveo del 5.0 si esce da quello del 4.0) né con il credito d’imposta per investimenti nella ZES unica.

Il video

Piano Transizione 5.0 – Spiegazione del Decreto Legge

Il testo ufficiale del piano Transizione 5.0 in PDF

Qui di seguito trovate il testo definitivo della normativa relativa al piano Transizione 5.0 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2024. Si tratta del testo coordinato curato dal Ministero della Giustizia che mette insieme il testo originale del decreto legge 19 con le modifiche apportate dalla legge di conversione, la legge 56 del 29 aprile 2024.

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Al solo scopo di tenere memoria storica del testo originario, a questo indirizzo trovate il testo originale della normativa relativa al piano Transizione 5.0 pubblicata all’articolo 38 del Decreto Legge 39 del 2 marzo 2024. Testo che – lo ribadiamo – è superato da quello linkato poco sopra.

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