Il mondo e il mercato dell’Open Innovation in Italia da tempo sono in forte fermento e generano un valore di circa 700 milioni di euro l’anno. Corporate innovation hub, società di consulenza, uffici di trasferimento tecnologico, centri di competenza e società professionali per la proprietà intellettuale: sono le 5 categorie di service provider che generano la quasi totalità (85%) dei 696 milioni di euro in cui l’Osservatorio Italian Open Innovation Lookout 2024 della School of Management del Politecnico di Milano ha stimato il valore del mercato italiano.
Questa analisi di scenario e di mercato individua ben 25 categorie di operatori in grado di supportare concretamente le aziende, dagli aspetti finanziari a quelli tecnologici e organizzativi, dimostrando una sempre maggiore strutturazione e professionalizzazione del settore.
Quella che ammonta a 700 milioni di euro è quindi una stima per difetto, dato che quantifica solo l’attività delle 15 categorie di operatori su cui sono disponibili dati di dettaglio, rispetto alle 25 categorie individuate dall’Osservatorio dedicato: è la prima volta che si cerca di fotografare nel Paese il fenomeno dell’Open Innovation con valenza scientifica.
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Lo sviluppo dell’Open Innovation
Anche in Italia, infatti, crescono le applicazioni concrete di questo paradigma secondo cui le imprese, per creare valore e competere meglio, possono ricorrere a idee, strumenti e competenze esterne anziché limitarsi a risorse interne. Un approccio che ormai coinvolge sia il settore pubblico sia quello privato, le grandi aziende come le PMI, che sempre più si appoggiano a partner esterni per abilitare le proprie attività di innovazione, dando vita a un mercato di servizi avanzati.
Il report Italian Open Innovation Lookout 2024, presentato oggi al Politecnico di Milano in un evento che ha ospitato anche il confronto tra ricercatori, professionisti e operatori del settore, è il risultato di una collaborazione tra il gruppo di ricerca Innovation & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e il team Lab11, con il coinvolgimento attivo di aziende riconosciute tra i principali attori dell’innovazione collaborativa in Italia.
Il nuovo Osservatorio Italian Open Innovation Lookout
Federico Frattini è il responsabile scientifico dell’Osservatorio insieme a Josip Kotlar, anch’egli della School of Management del Politecnico di Milano, e ad Alberto Di Minin, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. E Frattini rileva: “la piattaforma e la mappatura che abbiamo sviluppato sono frutto di contatti diretti tra domanda e offerta, ora a disposizione di manager e aziende interessati a conoscere meglio questo complesso ecosistema ancora poco noto”.
Uno degli obiettivi dell’Osservatorio Italian Open Innovation Lookout è proprio promuovere il dialogo tra i diversi attori coinvolti: nonostante il grande interesse, infatti, persistono barriere alla realizzazione di iniziative di innovazione aperta e la condivisione di strategie efficaci è cruciale per la loro implementazione.
L’analisi dei modelli emergenti
“La nostra ricerca si propone di offrire una prima panoramica dettagliata degli attori e dei modelli che costituiscono il mercato dei servizi di Open Innovation in Italia”, sottolinea Kotlar, “con l’obiettivo di ampliarla e tenerla aggiornata negli anni a beneficio di chi intende adottare questo approccio. Attraverso l’identificazione dei principali service provider, l’analisi dei modelli emergenti e la valorizzazione del mercato dei servizi, possiamo fornire una prima guida per supportare imprese, manager e professionisti interessati a navigare questo ecosistema ancora poco noto”.
Dal confronto con le aziende emerge che, nonostante l’entusiasmo iniziale, molte aziende hanno trovato complesso ottenere benefici tangibili e questo ha guidato la ricerca verso l’esplorazione delle sfide legate all’implementazione dell’Open Innovation, identificando i fattori chiave per il successo: gestione della proprietà intellettuale, cultura organizzativa, disponibilità di risorse e influenza dei sistemi d’innovazione regionali e nazionali.
Resta quindi fondamentale supportare le imprese nell’adattarsi a un ecosistema in continuo cambiamento, definendone le dinamiche, promuovendo la collaborazione tra i diversi attori, suggerendo strategie efficaci e facilitando la transizione verso un modello di innovazione aperto. Parole chiave come sostenibilità, Deep tech, AI, sinergie pubblico-privato, crowd-control, capitale relazionale, informazione, PMI, governance e KPI emergono spesso nel confronto con gli operatori e rappresentano gli argomenti che dovranno guidare la ricerca nelle sue prossime edizioni.
Le nuove tendenze del Corporate Venturing
Il report dedica poi un approfondimento al Corporate Venturing, ovvero l’azione imprenditoriale di aziende consolidate che investono in nuove iniziative o addirittura fondano imprese in settori, mercati o industrie già esistenti o emergenti, così da poter fruire di startup ‘su misura’ in base alle proprie necessità di innovazione.
Approcci come il Corporate Venture Capital e il Corporate Venture Clienting hanno dimostrato la loro validità, tuttavia stanno emergendo modalità di interazione ancora più agili: si tratta del Corporate Venture Building e dello Startup Studio, differenti dai modelli precedenti per il fatto che la nuova impresa creata è indipendente dall’azienda madre e dai suoi piani di sviluppo, ma coglie le opportunità date dai nuovi mercati e dalle tecnologie emergenti.
Questo approccio consente di innovare con rapidità, sfruttando le sinergie con l’azienda madre ma mantenendo l’autonomia e la flessibilità necessarie ad adattarsi alle dinamiche di mercato. Spiccano quattro modelli di Venture Building (Corporate Venture Builder, Venture Builder con approccio consulenziale, Venture Builder con approccio imprenditoriale, Startup Studio) che definiscono una nuova era della creazione d’impresa, con prospettive promettenti.