Promuovere un approccio multidisciplinare alla formazione digitale, adottare un approccio guidato da etica e inclusione, realizzare un New Deal dell’AI per coglierne tutti i benefici e abilitare lo sviluppo della cybersecurity in chiave competitiva nelle imprese: sono queste le quattro proposte avanzate dall’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia per accelerare i progressi del Paese in materia di digitalizzazione.
Le proposte sono state avanzate nell’ambito della ricerca dell’Osservatorio, la seconda presentata quest’anno, che presenta lo stato dell’avanzamento della digitalizzazione in Italia. La ricerca è frutto di un lavoro congiunto tra The European House – Ambrosetti e la Fondazione IBM Italia.
Un’analisi più approfondita rispetto a quella realizzata secondo indicatori internazionali che non prendono in esame importanti differenze territoriali legate al contesto dei singoli Paesi. Partendo da un sistema di KPI “personalizzati” al contesto italiano, il Tableau de Bord, l’Osservatorio evidenzia invece una situazione di criticità e ritardi, ma dove persistono anche diverse eccellenze e progressi che posizionano il nostro Paese rispetto ai vicini europei in una posizione a tratti virtuosa.
“L’Italia è tradizionalmente rappresentata come il Paese fanalino di coda della trasformazione digitale a livello europeo ma vi sono ambiti di sviluppo – attualmente non rappresentati negli indicatori tradizionali – che testimoniano rilevanti miglioramenti e posizioni di leadership del nostro Paese”, spiega Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari & Intelligence di The European House – Ambrosetti.
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Il Tableau de Bord della digitalizzazione in Italia
Le analisi sullo stato della digitalizzazione nel nostro Paese lo posizionano spesso tra gli ultimi posti in Europa: nell’ultima edizione del rapporto Desi a (ovvero l’indice composito di riferimento a livello europeo), ad esempio, l’Italia si è posizionata al 18° posto in UE, con un punteggio di 49,3 (su 100), rispetto al 52,9 della Germania, al 53,3 della Francia e al 60,8 della Spagna.
Tuttavia, dall’analisi condotta dall’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia relativamente ai principali indici di comparazione della digitalizzazione – in primis il Digital Economy and Society Index (Desi) – esistono ambiti non adeguatamente monitorati.
“A titolo di esempio – si legge nel rapporto – l’analisi della digitalizzazione tra i cittadini spesso trascura le differenze a livello territoriale, quelle connesse alle caratteristiche socio-demografiche (età, reddito, livello di istruzione), ma anche l’utilizzo di Internet per attività sociali e civiche. Sul fronte della P.A., non sono adeguatamente valorizzate le dimensioni relative alle tecnologie per la telemedicina e l’ehealth, per istruzione, formazione e lavoro, oltre a quelle per l’e-government. Infine, l’analisi della digitalizzazione delle imprese non monitora la rilevanza di ambiti quali la diffusione dei pagamenti elettronici, l’esposizione ai rischi di cybersecurity e dello skills mismatch, ma anche le differenze a livello settoriale e la propensione al data sharing”.
Per fornire un quadro più veritiero rispetto al contesto italiano, nel 2022 l’Osservatorio ha ideato un Tableau de Bord. L’aggiornamento del 2023 del Tableau de Bord evidenzia una situazione mista per il Paese.
Il Tableau de Bord è concepito come uno strumento d’indirizzo strategico che permette ai policy maker e alla business community di monitorare l’Italia sulle dimensioni di output e su specifici indicatori di input nel confronto europeo. Inoltre, consente di individuare gli ambiti prioritari su cui intervenire, attivare azioni correttive mirate e sinergiche, e pianificare lo sviluppo digitale del Paese nel medio-lungo termine.
I progressi “nascosti” del Paese in ambito di digitalizzazione
La ricerca dell’Osservatorio ha rivelato che l’Italia ha registrato progressi in ambiti di sviluppo legati alla digitalizzazione che non sono monitorati negli indicatori tradizionali, per esempio:
- valore dell’e-commerce, che in Italia è aumentato di 2,4 volte tra il 2016 e il 2022 (da 19,8 miliardi di euro a 48,1 miliardi di euro)
- inclusione digitale. Sono 350 i milioni messi a disposizione dall’Italia per progetti di formazione e inclusione digitale tramite il Fondo per la Repubblica Digitale, con 4 bandi già lanciati per 43 milioni di euro
- Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), con circa 35 milioni di Identità Digitali nel 2023 (erano meno di 1 milione a fine 2016)
- transato cashless, aumentato di 205 miliardi di euro tra il 2016 e il 2022 (+105% vs 2016)
- PagoPA, +340 milioni di transazioni dirette alla P.A. su PagoPA nel 2023 (erano circa 700mila fine 2016)
- Cyber sicurezza, con l’approvazione della Strategia nazionale e stanziamento di oltre 620 milioni di euro nel PNRR
- Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), che copre 58 milioni (98% della popolazione) di FSE attivi al 2022 e 1,38 miliardi di euro previsti dal PNRR
- Piano Scuola 4.0, che mette a disposizione 2,1 miliardi di euro per 100.000 classi innovative e laboratori per le professioni digitali del futuro
- Connettività. L’Italia è 1° in UE copertura 5G (100%) e ha lanciato la nuova Strategia per la Banda Ultra Larga (2,8 miliardi di Euro).
Lo stato della digitalizzazione in Italia: progressi e criticità
In generale, considerando il Tableau nella sua visione d’insieme, l’Italia registra un posizionamento elevato o di eccellenza in 8 indicatori su 24 e risulta nelle ultime 9 posizioni a livello europeo in 9 indicatori su 24, caratterizzandosi quindi per una “dualità” dei processi di trasformazione digitale con elementi molto avanzati e altri arretrati.
Rispetto all’edizione 2022 del Tableau, l’Italia ha registrato un miglioramento in 6 indicatori (in 5 di questi superiore rispetto alla media europea), mentre in 4 un peggioramento (in 1 di questi inferiore rispetto alla media europea).
Per quanto riguarda le macrocategorie prese in esame, l’Italia registra un ottimo posizionamento nella connettività (1° in UE con riferimento sia alla copertura 5G, sia al rapporto tra la copertura 5G nelle aree rurali rispetto al totale), ma riscontra gap marcati nel Capitale umano (in particolare per frequenza di accesso a Internet per la popolazione in età lavorativa, 26° in UE, e percentuale di laureati in discipline ICT, 27°). Al ritmo attuale all’Italia servirebbero 9 anni per colmare il gap nella dimensione Capitale umano del Desi.
Nella sostenibilità, l’Italia si posiziona sopra alla media europea nel tasso di penetrazione degli Smart Meter (4° in UE, con il 99%) che, tuttavia, valorizzano ancora poco l’apporto della tecnologia all’interno delle aziende: l’Italia è infatti 15° per quota di imprese che utilizzano l’Internet of Things per la gestione dei consumi energetici (8%) e 19° per intensità di utilizzo delle tecnologie ICT per la sostenibilità.
Infine, per quanto riguarda gli ecosistemi, l’Italia ha una posizione eterogenea. Si posiziona al settimo posto nell’UE-27 per l’integrazione dei dati aperti, ottenendo un punteggio di 92 su 100. Tuttavia, si colloca al ventiduesimo posto per la percentuale di imprese che integrano automaticamente i processi di business con quelli dei clienti/fornitori (11%).
Indispensabile non perdere la grande partita del PNRR
In un contesto che evidenzia la possibilità del nostro Paese di accelerare su alcuni fronti della digitalizzazione, seppur con tutte le criticità menzionate, gli esperti dell’Osservatorio sottolineano l’importanza di non perdere la grande partita del PNRR, anche per risolvere la situazione della bassa produttività del Sistema Italia.
L’Italia è infatti il Paese, tra le principali economie dell’Unione Europea, con il livello di PIL pro-capite più basso rispetto ai livelli del 2000, anche a causa di una bassa produttività multifattoriale (componente residuale della crescita riconducibile anche alla digitalizzazione).
Proprio in questo ambito, sottolinea il rapporto, si è dimostrato il contributo positivo che può apportare il digitale: in un arco temporale di 5 anni, la digitalizzazione ha il potenziale di generare un livello di produttività multifattoriale superiore del 3,5% per un’impresa media.
In questo contesto il PNRR è un’opportunità fondamentale per l’intero sistema-Paese. Infatti, i fondi destinati al digitale presenti nel PNRR italiano sono maggiori rispetto a quelli di Francia, Germania e Spagna messi insieme.
Il monitoraggio della Missione 1 (Digitalizzazione) evidenzia che ad oggi sono state conseguiti tutti i target, ma ulteriori 40 sono in scadenza per dicembre 2023.
Il mercato dell’Intelligenza Artificiale in crescita esponenziale
Altro game-changer sarà l’Intelligenza Artificiale, sia per il suo potenziale impatto che con la velocità con cui la tecnologia sta evolvendo. Si stima, infatti, che entro il 2030 il mercato dell’Intelligenza Artificiale crescerà venti volte più velocemente rispetto al 2021, con una crescita annua stimata del +39%.
In questo quadro, l’Europa, nonostante la propria eccellenza scientifica, registra un forte ritardo negli investimenti per l’AI, contribuendo solo per il 7% agli investimenti annuali globali in queste tecnologie (contro l’80% cumulato tra USA e Cina).
Tra le varie sfide di cui tenere conto nello sviluppo e nell’implementazione dell’AI, l’Osservatorio pone particolare attenzione sui possibili rischi (per esempio di etica e trasparenza) e sull’impatto sulle piccole e medie imprese.
In Italia, le PMI sono il backbone dell’economia, contribuendo al 61% del Valore Aggiunto nazionale, valore superiore alla media europea (52%). Tuttavia, le PMI sono più indietro nella digitalizzazione: solo il 27% ha una digital intensity alta o molto alta (vs 27% in UE), l’8% fa analisi di big data (vs 14%) e il 18% effettua e-commerce (vs 22%), mentre il 93% non utilizza alcuna tecnologia di AI (vs 87%).
Inoltre, oltre un’azienda italiana su cinque (21,8%) non sta utilizzando tecnologie di AI e non prevede di farlo, soprattutto per la mancanza di un chiaro utilizzo di business (67%).
La sfida è evidente, in primis in termini di velocità: negli ultimi 8 anni (2013-2021) il numero di studenti in discipline ICT è aumentato di solo 17mila unità: a questo ritmo (+6% annuo medio), arriveremmo ad avere il numero necessario di competenze specialistiche solo nel 2044.
Le proposte per accelerare la transizione digitale dell’Italia
Sulla base dell’analisi condotta, l’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia ha individuato alcune linee d’azione per favorire lo sviluppo del Paese:
1. Promuovere un approccio multidisciplinare alla formazione e allo sviluppo delle competenze in ambito digitale, valorizzando il ruolo di Transizione 4.0 e del futuro programma Transizione 5.0. A tal fine, si ipotizza di introdurre l’obbligo all’interno dei curricula universitari in ambito ICT di almeno un corso riguardante il legame tra digitalizzazione, governance, etica, inclusione e sostenibilità.
2. Rendere l’etica e l’inclusione i principi guida della transizione digitale, formulando un principio di garanzia di etica e inclusione da applicare allo sviluppo dei progetti digitali della Pubblica Amministrazione, sul modello del principio “once only”. Si propone anche di istituire figure a livello territoriale predisposte all’inclusione digitale, promuovere modelli collaborativi e bottom-up, e promuovere indicatori di monitoraggio dell’etica della digitalizzazione.
3. Permettere a cittadini e imprese di cogliere i benefici dell’Intelligenza Artificiale tramite un New Deal dell’AI per stimolarne la diffusione a livello di sistema-Paese. Si valorizza il ruolo di Competence Center e Digital Innovation Hub, si prevedono forme di incentivazione e accesso semplificato e si favorisce la formazione in azienda. Importanti sono anche i meccanismi multi-stakeholder e una legislazione basata sul rischio.
4. Abilitare lo sviluppo della cybersecurity in chiave competitiva nelle imprese. Per questo obiettivo, si propone di sviluppare l’attività di accompagnamento alle imprese, promuovere le competenze anche tramite requisiti di disclosure delle competenze dei vertici aziendali e promuovere corsi di formazione diretti alle imprese per sviluppare la capacità proattiva e reattiva ai rischi cyber.
Il rapporto
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