La ricerca LIUC - ICIM

Industria 4.0, le imprese lamentano la difficoltà di integrare le nuove tecnologie con le precedenti

Una ricerca sugli investimenti 4.0 agevolati commissionata da Icim Group e realizzata dalla Liuc Business School evidenzia le tecnologie 4.0 sulle quali le aziende italiane puntano di più e quali sono i principali vincoli e freni all’adozione delle nuove tecnologie

Pubblicato il 15 Nov 2023

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L’innovazione tecnologica non procede mai in modo uniforme nelle aziende e nelle fabbriche: ci sono le cosiddette ‘lepri’, che corrono e precedono tutti per velocità di cambiamento, le realtà che seguono e poi quelle che restano più indietro. Lo sviluppo delle nuove tecnologie di Industria 4.0 in Italia ha fatto passi avanti importanti in questi ultimi anni, e continua a farli, tra spinte in avanti e frenate di varia origine, ma ‘ascoltando’ direttamente le imprese emergono ancora diverse difficoltà e ostacoli da superare.

Le barriere all’innovazione restano molte, e una ricerca tra le imprese italiane commissionata da Icim Group sugli investimenti 4.0 agevolati, e realizzata dalla Liuc Business School, ne evidenzia innanzitutto quattro.

Le barriere all’innovazione

Spicca, al primo posto, la difficoltà di integrare e interconnettere le nuove tecnologie con quelle già esistenti, un ostacolo molto diffuso e riscontrato nell’83% dei casi analizzati. Una barriera ancora molto forte e molto frequente non riguarda invece direttamente le tecnologie ma le persone, ed è la resistenza al cambiamento, che rappresenta un freno nel 75% delle aziende.

La terza dimensione che rallenta l’innovazione nelle imprese è poi la scarsa conoscenza e le limitate competenze sulle tecnologie 4.0 e le loro potenzialità, frequente nel 67% del totale. Anche i vincoli esterni sono ancora molti, e il primo tra tutti risulta la difficoltà a trovare partner adeguati (nel 58% dei casi), in grado di accompagnare e sostenere l’azienda nel percorso di evoluzione tecnologica.

Capire e agevolare il cambiamento

Per poter supportare il cambiamento tecnologico e digitale, “è necessario comprendere quali siano le maggiori sfide che le imprese manifatturiere italiane stanno riscontrando”, rimarca Federico Visconti, rettore della Liuc Università Cattaneo di Castellanza, in provincia di Varese.

E Massimiliano Serati, Dean della Liuc Business School, sottolinea: “in questa logica si inserisce lo studio realizzato dalla LIUC Business School per conto di Icim Group in cui viene esaminato il fenomeno dell’Industria 4.0 con l’obiettivo di analizzare come il mondo manifatturiero italiano stia vivendo il cambiamento verso la quarta rivoluzione industriale e identificare le maggiori barriere che le imprese italiane stanno riscontrano in questo percorso”.

Altre lacune molte diffuse riguardano, ad esempio, il fatto che i dati e gli analytics raccolti all’interno delle imprese e delle fabbriche spesso restano lì nelle memorie dei computer o dei sistemi cloud e non vengono poi utilizzati, o non non lo sono adeguatamente, e c’è ancora una diffusa bassa attenzione verso gli strumenti e le soluzioni di Cybersecurity. Attenzione che spesso aumenta solo dopo che si è verificato qualche cyber-attacco e dopo che l’azienda è stata direttamente colpita dalle conseguenze di una scarsa protezione informatica e delle reti digitali.

La spinta fondamentale degli incentivi

Altre evidenze che emergono dalla survey indicano ad esempio che, con riferimento al 2020, nelle 123 aziende analizzate “l’investimento medio in nuove tecnologie 4.0 è stato pari a 388 mila euro in un anno, soprattutto per sistemi hardware, mentre gli investimenti in software restano più staccati”, osserva Violetta Giada Cannas, ricercatrice Liuc, “e bisogna confutare l’adagio secondo cui sono sempre le aziende più grandi a investire di più in innovazione, perché dall’analisi si rileva che invece la tendenza agli investimenti è pressoché simile anche per le medie e piccole imprese”. Gran parte delle aziende che hanno innovato si dicono soddisfatte del cambiamento, che ha portato innanzitutto maggiore produttività e maggiore flessibilità rispetto a prima.

Rilevante è però quale è stata la principale spinta a investire: e cioè, nel 75% dei casi, la possibilità di accedere agli incentivi statali, dei vari piani governativi per l’Industria 4.0. Insomma, gli incentivi pubblici hanno svolto un ruolo preponderante di motore e traino all’innovazione, mentre solo un’azienda su quattro, tra quelle che hanno fatto investimenti, avrebbe investito e innovato comunque e a prescindere dai piani di incentivo.

Servono piani industriali pluriennali

“Dal quadro complessivo, emerge quindi un’innovazione delle aziende italiane molto vincolata e dipendente dai programmi di incentivazione pubblica”, fa notare Daniela Lionetti, responsabile di Anima Confindustria per Innovazione e sostenibilità: “l’Industria ha bisogno di progetti e politiche di ampio respiro, che comprendano tante annualità insieme, mentre gli incentivi previsti finora dai vari governi che si sono succeduti come sappiamo bene hanno sempre riguardato le Manovre finanziarie anno per anno, e procedere in questo modo rappresenta ancora un problema”.

Le associazioni industriali e di categoria ormai da anni chiedono al governo e alla politica piani di sostegno e sviluppo pluriennali, in modo da poter pianificare e investire con un orizzonte più ampio, altrimenti gli incentivi rappresentano sempre delle spinte, anche forti, ma a singhiozzo e intermittenti.

Le tecnologie su cui le aziende puntano di più

L’analisi realizzata dalla Liuc Business School indica anche in quali tecnologie 4.0 le aziende hanno investito e su cui hanno puntato di più: al primo posto della classifica, i sistemi di integrazione tra soluzioni di diversa generazione (nel 25% dei casi totali), praticamente a pari merito con gli strumenti dell’Internet of things (24%), e molto forte è anche il ricorso a Big data e analytics (21%), salvo poi appunto non utilizzarli al meglio, o non utilizzarli proprio.

Al quarto posto tra le tecnologie sulle quali le imprese italiane hanno investito di più, sempre facendo riferimento al 2020, ci sono i sistemi Cloud (18% del totale), mentre gli investimenti in Cybersecurity risultano ancora piuttosto limitati (non vanno oltre il 6% del totale). Altre tecnologie tra quelle abilitanti l’Industria 4.0 non risultano praticamente pervenute o restano del tutto marginali, come quelle di simulazione (appena l’1% del totale) e quelle di Additive manufacturing (addirittura lo 0,07% del totale, quasi nulla sui valori complessivi).

Lo studio “si è concentrato sull’analisi degli investimenti 4.0 realizzati da un campione di imprese italiane che nel 2020 hanno scelto di affidare l’attestazione di conformità Industria 4.0 a Icim Spa, ente di certificazione di Icim Group che vanta il più alto numero di attestazioni in tal senso a livello nazionale”, sottolinea Paolo Gianoglio, Corporate innovation, development and industrial relationship director di Icim Group, “e su una serie di casi di studio, relativi a un numero limitato di investimenti condotti all’interno del campione in analisi”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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