VERSO LA LEGGE DI BILANCIO

Transizione 5.0, ecco a che punto siamo e come funzionerà il prossimo incentivo

In attesa di conoscere i dettagli delle misure, verosimilmente nel prossimo disegno di legge di bilancio, vediamo quali dovrebbero essere tempistiche, aliquote e modalità di fruizione del nuovo piano Transizione 5.0

Pubblicato il 07 Ott 2023

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Sono trascorsi ormai dieci mesi da quando il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha iniziato a promettere una importante revisione del piano Transizione 4.0. L’intervento doveva inizialmente prevedere un ripristino delle aliquote 2022 ed essere finanziato con le risorse avanzate dagli stanziamenti (13,8 miliardi) previsti per il biennio 2021-2022 nel PNRR.

Quando a fine gennaio è apparso chiaro che avanzi non ce n’erano si è aperta la caccia a nuove fonti di finanziamento, che sono state individuate nel piano RePower EU, lo strumento messo a punto dalla UE per rendere l’Europa più indipendente sul piano energetico (o meglio “rafforzare l’autonomia strategica dell’UE diversificandone l’approvvigionamento energetico e ponendo fine alla sua dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili russi”, per dirla con le parole di Bruxelles).

Ad agosto questa idea si è concretizzata: nella proposta inviata dall’Italia alla Commissione Europea, ben 4,04 miliardi di euro sono effettivamente previsti per il finanziamento di un “Piano Transizione 5.0”.

Il cambio di numerazione, che in realtà ha iniziato a circolare già in primavera, non è casuale. Il paradigma dell’Industria 5.0, infatti, si propone come un’evoluzione dell’Industria 4.0 che si focalizza su tre pilastri: resilienza, umanocentrismo e sostenibilità. Nella semplificazione del linguaggio politico, tuttavia, il concetto di Transizione 5.0 è però subito diventato di fatto sinonimo del binomio rappresentato da Transizione Digitale e Green.

Ecco dunque che Transizione 5.0 si prefigura di fatto come un piano che amplia l’orizzonte dell’attuale piano Transizione 4.0 aggiungendo la componente dedicata alla sostenibilità ambientale.

Vediamo ora quali saranno tempi e modi del nuovo piano, stando a quello che sappiamo finora.

Transizione 5.0, a che punto siamo?

L’appuntamento che tutti aspettiamo è quello con il disegno di legge di bilancio, che nelle prossime settimane verrà presentato dal Governo alle Camere e sarà discusso nella lunga sessione di bilancio per arrivare all’approvazione entro il 31 dicembre.

Le cose, già di per sé non semplicissime, sono però complicate dal fatto che le lunghe interlocuzioni del ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto con la Commissione Europea non sono però ancora terminate e il via libera di Bruxelles sul piano italiano per l’integrazione delle risorse del Piano RePower EU con il PNRR non è ancora arrivato.

Le attese (e le speranze) sono che l’imprimatur della Commissione arrivi per dicembre, in modo da consentire appunto il finanziamento del piano con le risorse europee.

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Come funzionerà Transizione 5.0

I testi normativi che tutti attendiamo per conoscere i meccanismi del nuovo piano non sono ancora stati definiti. Tuttavia la logica di massima del piano è ormai definita.

Stando a quanto abbiamo appreso da fonti verificate, non ci sarà il ritorno alle super aliquote che erano presenti nel biennio 2021-2022 (e che avrebbero dovuto trovare finanziamento nel bilancio nazionale).

Il piano Transizione 5.0 dovrebbe quindi prevedere innanzitutto la conferma delle aliquote attualmente previste fino al 2025 per gli investimenti in beni strumentali 4.0, cioè:

  • 20% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 10% del costo per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro
  • 5% del costo per la quota di investimenti tra i 10 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro

La novità sarà invece per quegli investimenti che, oltre a rispondere ai requisiti previsti dalla normativa per i beni 4.0, sapranno anche dimostrare di offrire benefici tangibili in ottica green.

In questo caso saranno previste delle premialità che potrebbero (ma le cifre, ribadiamo, non sono ufficiali) arrivare al raddoppio e quindi seguire il seguente schema:

  • 40% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 20% del costo per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro
  • 10% del costo per la quota di investimenti tra i 10 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro

Sarebbe allo studio (ma qui le probabilità che questo accada da subito, ad avviso di chi scrive, scendono di parecchio) anche l’ipotesi di introdurre una seconda premialità per gli investimenti che dimostrino di portare benefici a livello sovra-aziendale, cioè estesi alla filiera.

Perizie e certificazioni

Per mantenere l’automatismo della misura – questione questa che era stata al centro di un’accesa discussione tra Confindustria e il Governo – sarà necessario dimostrare il rispetto dei requisiti in una perizia, ma non sarà richiesta una certificazione preventiva delle caratteristiche “green” dell’investimento.

L’idea di una certificazione che metta al riparo l’azienda da sorprese in sede di verifiche fiscali potrebbe comunque essere prevista in via facoltativa, proprio come dal 2024 accadrà per il credito d’imposta per ricerca, sviluppo, innovazione e design.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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