Le attività di Ricerca e sviluppo (R&S) in Italia segnano nel 2021 una ripresa in molti settori. Ma la spesa delle aziende non torna ancora ai livelli pre-crisi pandemica, è diminuita per le PMI, e registra ritmi di crescita annuali molto lontani da quelli del periodo pre-pandemia: +1,1% nel 2021 a fronte del +7,4% del 2018 e del +4,1% del 2019.
In un ambito da sempre trainato dalle regioni del Nord del Paese, si riscontra però il pieno recupero del Centro e una crescita nel Mezzogiorno. Aumenta la spesa destinata alla ricerca di base e applicata, e crescono anche i finanziamenti pubblici, ma calano quelli esteri. Con una buona la ripresa del settore pubblico e non profit.
Per il 2022, invece, i dati preliminari indicano una riduzione della spesa in R&S delle imprese del 3% rispetto al 2021. Segnali di ripresa sono stimati per il 2023 (+5% sul 2022).
Ma vediamo i dati di maggior dettaglio relativi al 2021.
Indice degli argomenti
I trend della Ricerca e sviluppo in Italia
Lo evidenzia l’Istat, che rileva come per la Ricerca e sviluppo interna (intra-muros) si siano spesi nel 2021 circa 26 miliardi di euro, quasi il 4% in più dell’anno precedente. Cresce la spesa in R&S delle istituzioni pubbliche (+10%) e delle Università (+8%), e si mantiene costante l’incremento nelle istituzioni private non profit (+2%).
Le imprese, invece, sembrano avere superato solo in parte la crisi pandemica: la spesa che hanno sostenuto complessivamente aumenta appena dell’1% in un anno. La buona capacità di recupero è da attribuire alla grande impresa (+3,8%), mentre è in marcata flessione la spesa delle PMI (-4,5%).
La spesa in R&S delle aziende non torna ai livelli pre-crisi
Nelle imprese italiane si registrano modesti segnali di ripresa delle attività di R&S nel 2021. Nonostante la generale fase di recupero registrata dall’economia nazionale, la spesa in R&S delle aziende non torna ai livelli pre-crisi (15,6 miliardi di euro nel 2021 contro i 16,6 del 2019).
Dai dati recenti, appare confermata la polarizzazione strutturale del sistema produttivo nazionale rispetto all’intensità della R&S nel 2021. La scelta di puntare su nuovi investimenti in R&S, non avendo interessato tutte le imprese, ha accentuato ancora di più l’eterogeneità del sistema produttivo.
Trainano come sempre le grandi imprese
Trasversalmente alle attività economiche, la ripresa interessa solo le grandi imprese, mentre tutte le altre non sembrano superare la crisi causata dalla pandemia. Le più colpite sono le piccole imprese (meno di 50 addetti), la cui spesa si riduce del 6% rispetto al 2020, mentre nelle imprese di media dimensione (50-249 addetti) il calo è più contenuta (-3%). All’opposto, emerge il discreto recupero delle attività di R&S delle imprese con oltre 249 addetti, che spendono circa il 4% in più rispetto al 2020.
All’opposto, nell’industria e nelle costruzioni la crisi ha segnato l’avvio di una ripresa (rispettivamente pari a +3% nelle prime e a +13% nelle seconde). Ci sono però vistose differenze tra i settori industriali. Alcuni comparti del Made in Italy, come il settore alimentare e l’abbigliamento, e le industrie del legno e della carta, soffrono ancora serie perdite in termini di spesa in R&S, che diminuisce in media del 15% rispetto al 2020.
Più ricerca per macchinari, autoveicoli e trasporti
Le aziende che investono di più sono concentrate nei settori della produzione di macchinari, autoveicoli e altri mezzi di trasporto: i tre settori insieme rappresentano oltre un terzo della spesa complessiva. Seguono l’elettronica e l’informatica con circa un miliardo di spesa.
Ecco altri numeri ed evidenze messi in risalto dalle analisi dell’Istat: rispetto al 2020 la maggior parte dei settori principali registra un aumento significativo nella spesa di R&S. In particolare, emerge sia il discreto recupero dell’industria degli autoveicoli (+9%), dell’elettronica (+8%) e dei servizi di assistenza sanitaria (+8,5%), sia la crescita robusta del comparto delle apparecchiature elettriche (+13%) e dell’industria della gomma e plastica (+12%). All’opposto, il settore dell’abbigliamento e il comparto degli articoli in pelle restano in forte difficoltà, con un calo della spesa rispettivamente del 22% e del 13%. Infine, anche l’informatica registra un’importante variazione negativa della spesa (-6%).
Cresce la spesa destinata alla ricerca di base e applicata
Nel 2021 si registra una chiara tendenza alla crescita della spesa nelle due componenti della ricerca di base e applicata. In particolare, c’è stata una variazione tendenziale particolarmente positiva nella spesa della ricerca di base che, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente, supera i 6 miliardi di euro.
Le imprese puntano di più ad applicazioni concrete
In termini di composizione della spesa, nel 2021 la situazione resta pressoché invariata; in particolare, cresce la quota della ricerca di base (dal 22% del 2020 al 23,5%) a fronte di un ridimensionamento delle attività di sviluppo sperimentale che scendono ulteriormente (36% contro il 37,7% del 2020 e il 38,8% del 2019). Le istituzioni pubbliche e le istituzioni private non profit investono soprattutto nella ricerca applicata (rispettivamente il 65% e il 51% del totale), mentre nelle università oltre la metà della spesa in R&S è destinata alla ricerca di base.
Nelle imprese si conferma una tendenza opposta a investire in attività di R&S più prossime all’industrializzazione piuttosto che in attività strettamente di ricerca: in particolare, oltre la metà della spesa in R&S proviene dalla componente dello sviluppo sperimentale (8,4 miliardi, pari al 54% della spesa totale), in calo rispetto al 2020 (-1,7%). All’opposto, emergono il discreto recupero della spesa in ricerca applicata (+2%) e la crescita robusta di quella in ricerca di base (+16%).
Nel settore delle istituzioni pubbliche aumenta in misura significativa la spesa destinata alla ricerca di base (+14% rispetto al 2020), più contenuto è l’aumento della ricerca applicata (+8,5%) e dello sviluppo sperimentale (+5%).
Il report completo
Qui trovate il report completo relativo al periodo 2021 – 2023