“La destra-centro, nonostante la propaganda, ha una visione miope e anti-impresa”: è l’attacco che Stefano Patuanelli, senatore del Movimento 5 Stelle ed ex ministro dello Sviluppo Economico del Governo Conte II, rivolge al Governo Meloni per l’atteggiamento adottato dall’esecutivo – che ha appena compiuto i suoi primi 100 giorni di attività – nei confronti degli strumenti a supporto degli investimenti delle imprese.
Cento giorni in cui il Governo – sostiene Patuanelli – ha discusso su provvedimenti di dubbia rilevanza – come la questione POS e l’innalzamento del tetto al contante a 5.000 euro – senza invece intervenire a tutela di due strumenti molto apprezzati dalle imprese: il Superbonus 110% e il Piano Transizione 4.0.
“Due strumenti fondamentali, che hanno permesso all’Italia una crescita del PIL che non si vedeva da anni, cancellati con un tratto di penna“, commenta il senatore.
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“Il Piano Nazionale Transizione 4.0 sta per scomparire, sarà un colpo durissimo per le imprese”
Ed è proprio in materia di Transizione 4.0 che Patuanelli rincara la dose, rivendicando il lavoro fatto dal Governo Conte II – che trasformò il Piano Impresa 4.0 in Transizione 4.0 sostituendo il meccanismo basato sulla maggiorazione degli ammortamenti in quello basato sui crediti d’imposta – e sottolineando la spinta che la misura diede in materia di digitalizzazione, ricerca e innovazione, soprattutto a favore delle PMI.
Con il sistema dei crediti d’imposta, dice Patuanelli, “sono stati anticipati i tempi di accesso agli incentivi ed è stata aumentata la platea dei beneficiari di circa il 40%, prevedendo misure di semplificazione all’accesso per le PMI e includendo gli imprenditori del settore primario, i nostri agricoltori. Sono state maggiorate le aliquote e ne sono state introdotte di nuove, portando importanti benefici agli investimenti in beni materiali e immateriali 4.0 e non 4.0, agli investimenti in R&S, innovazione sia in ambito di Green economy sia digitale, design e ideazione estetica”, scrive.
“Ma soprattutto, sfruttando le risorse che nel frattempo ottenute dal Presidente Conte a Bruxelles con il Recovery Fund, siamo riusciti finalmente a rendere la misura pluriennale, con uno sviluppo di tre anni, dedicandole circa 24 miliardi di euro e dando quindi molte certezze al mondo dell’impresa”.
Tuttavia, nonostante il successo degli strumenti previsti dal Piano, nel corso degli ultimi anni si è più volte parlato di riformare uno strumento che venne introdotto come “shock al sistema” in un momento in cui gli investimenti delle imprese erano fermi e non pensato come incentivo strutturale.
Anche per questo (e per risanare il bilancio dello Stato) il Governo Draghi (in cui Patuanelli ricoprì la carica di ministro delle politiche agricole alimentari e forestali) decise di prorogare ulteriormente il Piano, ma dimezzando le aliquote dei crediti d’imposta a partire dal 2023.
E, nonostante i tanti appelli da parte del mondo imprenditoriale, il Governo Meloni ha scelto di non intervenire con la legge di bilancio 2023 per evitare il dimezzamento delle aliquote, dichiarando comunque la questione di prioritaria importanza.
Tuttavia, dopo aver annunciato l’apertura di un tavolo di lavoro proprio per lavorare alla riforma dello strumento e l’avvio di un’interlocuzione con Bruxelles per reindirizzare su Transizione 4.0 risorse del PNRR non utilizzate nel periodo 2021-2022 (per evitare il décalage delle aliquote), l’attuale Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha recentemente spiegato che le risorse allocate per il Piano sono esaurite e che quindi occorre trovare nuovi modi per finanziare un allineamento delle aliquote del 2023 sui livelli del 2022.
Sulla questione, suggerisce Patuanelli, il Governo non può pensare a un’inversione di rotta che riporti il Piano al suo status originario (quindi nella versione di Industria 4.0 e Impresa 4.0), ma deve ripartire proprio dal lavoro fatto dal Governo Conte II che ha portato all’allargamento della platea delle imprese coinvolte.
“È inattuale pensare oggi a un ripristino al 2016 del Piano, estromettendo così una grande fascia di imprenditori che invece beneficiano dei crediti d’imposta. Quello che il Governo Meloni dovrebbe fare è riprendere tout-court la versione 2020 del Piano Nazionale Transizione 4.0, ribadirne l’efficacia nelle aliquote e individuare eventuali potenziamenti all’interno di quel percorso”, suggerisce Patuanelli.
Sostegno alle imprese, l’Europa guarda ai “tax credit” mentre il governo li elimina
“Il Piano Nazionale Transizione 4.0 sta per scomparire. È stato depotenziato da gennaio, non sono serviti a nulla gli appelli del mondo imprenditoriale. Sarà un colpo durissimo che minerà ulteriormente la crescita del Paese”, prosegue il senatore, che sulla faccenda denuncia “uno strano silenzio da parte di Confindustria”.
Una questione che, unita alle vicissitudini legate al Superbonus 110% – dove “i danni che sono stati fatti cambiando la norma in corsa una ventina di volte sono sotto gli occhi di tutti” – mostrerebbe la scarsa lungimiranza dell’Esecutivo Meloni in materia di politica industriale, in un momento in cui anche l’Unione europea sta spostando l’attenzione proprio sul sostegno alle imprese sottoforma di “tax credit”.
Porprio sui “tax credit”, infatti, si baserà il Green Deal Industrial Plan (il Piano industriale europeo per il Green Deal, che abbiamo presentato in questo articolo) annunciato dalla Commissione europea per accelerare la transizione sostenibile dell’industria europea e far fronte agli ingenti fondi messi a disposizione dagli Stati Uniti e dalla Cina a supporto delle loro imprese.
“Se il mondo sta andando verso sistemi di ‘tax credit’ come strategia industriale ad ampio raggio, che prospettive e che visione industriale ha questo Governo se contemporaneamente elimina tutti gli strumenti che favoriscono gli investimenti privati basati sui crediti d’imposta?”, chiede Patuanelli.