Si posiziona solo al 28mo posto su 50 l’Italia nella classifica del “Global Innovation Index 2022”, il report che analizza – attraverso 81 indicatori, raggruppati in sette categorie – la propensione all’innovazione dei Paesi, determinandone una classifica a livello mondiale.
La top 10 vede al primo posto la Svizzera (con un punteggio 64,6), seguita da USA (punteggio 61,8), Svezia (61,6), Gran Bretagna (59,7), Olanda, Corea del Sud (57,8), Singapore (57,3), Germania (57,2), Finlandia (56,9) e Danimarca (55,9). La Francia è dodicesima con uno score di 55,0.
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Italia indietro rispetto a Francia, Gran Bretagna e Germania
Per incontrare l’Italia, come detto, bisogna scendere sino al 28º posto dove il Belpaese si colloca con un punteggio di 46,1 significativamente distaccata dai principali Paesi europei.
In particolare, è notevole il distacco con Regno Unito, Germania e Francia, che si trovano rispettivamente al 4º,8º e 12º posto. Nella lista dei top 30 Paesi per propensione innovativa, l’Italia fa meglio solo di Spagna e Repubblica Ceca.
“Paesi ai quali dovremmo essere allineati anche perché l’Italia con la sua ricchezza di PMI ad elevatissimo valore aggiunto, ha un punteggio molto alto per la creazione di prodotti ma molto basso nella attrazione di capitali dall’estero”, spiega Giovanna Voltolina, investitore internazionale.
“L’Italia potrebbe davvero attrarre capitali da tutto il mondo, senza per questo perdere il controllo dell’azienda, che è la vera remora dei nostri imprenditori nell’approcciarsi al mercato dei capitali, laddove l’investitore oltre che apportare risorse finanziarie può mettere a disposizione degli imprenditori le sue conoscenze e relazioni per sostenere e accelerare i loro progetti di crescita”, aggiunge.
Nello specifico le sette categorie d’indagine riguardano:
- Business Sophistication (investimenti in Ricerca & Sviluppo, afflussi netti di investimenti diretti esteri)
- Market Sophistication (dimensione del PIL, intensità della concorrenza del mercato locale)
- Infrastrutture (strade, ospedali, edilizia scolastica, efficienza energetica)
- Capitale umano e ricerca (investimento statale per alunno, qualità delle istituzioni scientifiche e di ricerca)
- Istituzioni (stabilità politica e sicurezza, facilità di avviare un’impresa)
- Creativity Output (marchi a valore aggiunto, applicazioni di design industriale, applicazioni di marchi)
- Conoscenze e tecnologia (domande di brevetto, aumento della produttività del lavoro, spesa per software)
Secondo il rapporto, l’Italia registra performance poco brillanti per quanto riguarda le infrastrutture, le politiche a sostegno degli investimenti d’impresa, nella market capitalization e nel numero e valore di investimenti di venture capital.
Una situazione che, spiega Giovanna Voltolina, “rispecchia la scelta da parte di investitori stranieri di non concentrarsi su un paese dove fare impresa è più difficile che in altri, ed in ciò dovremmo anche lavorare in termini di reputation”.
Italia prima per diversificazione industriale
Tuttavia, se si guarda invece alla diversificazione industriale l’Italia risulta in cima alla classifica. Un primato sul quale hanno di certo contribuito gli incentivi a sostegno dell’innovazione dell’imprese, come quelli introdotti con il Piano “Industria 4.0” (ora Transizione 4.0).
Effetti che tuttavia stanno scemando, anche a causa del dimezzamento delle aliquote scattato da gennaio 2023.
“Le politiche a sostegno del business sono invece determinanti per lo sviluppo economico di un Paese. Se ad esempio analizziamo i dettagli del report a questa voce osserviamo che la Svizzera è al primo posto, l’Italia è al 77º”, conclude Voltolina.