Trasformare il Mise dal “ministero delle crisi” a “difensore civico delle imprese”, sostenendole negli investimenti, snellendo i processi autorizzativi e lavorando contemporaneamente su due fronti: in Europa per la sovranità delle principali filiere produttive (e di quelle strategiche) e in Italia per difendere i prodotti e la tecnologia Made in Italy.
Sono queste le priorità del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex Mise) dell’appena insediato Governo Meloni, come ha spiegato Adolfo Urso nel corso delle prime interviste in qualità di Ministro delle imprese e del Made in Italy, rilasciate al Corriere della Sera e a La Stampa.
Interviste dove si sofferma sulle questioni urgenti da affrontare – come il caro energia e l’inflazione– ma anche sul bisogno di avere una visione industriale che vada oltre dalle crisi legate all’attualità, per trasformare il Mise in qualcosa di diverso.
Indice degli argomenti
Sul cambio di nome: perché Ministero delle Imprese e del Made in Italy
E il primo segnale è avvenuto proprio con il cambio del nome del Ministero, passato ad essere Ministero delle imprese e del Made in Italy a sottolineare l’impegno, spiega Urso, verso la tutela e lo sviluppo delle filiere italiane nel contesto internazionale.
Tutelare le imprese, spiega il Ministro, vuol dire “difenderci da una dinamica di esproprio della nostra tecnologia, che è in atto”, sulla scia di quanto già fatto dal Governo Draghi che in più di un’occasione ha applicato la legislazione anti-takeover (la cosiddetta “Golden Power“) per respingere offerte indesiderate in settori ritenuti di importanza strategica.
Una linea su cui lo stesso Urso si è impegnato da tempo, nei suoi quattro anni di attività al Cospasir – il comitato parlamentare sulla sicurezza della Repubblica di cui è diventato presidente nel 2021 – nel corso dei quali ha lavorato con il gruppo di Fratelli d’Italia “con responsabilità ad estendere il campo di applicazione della ‘Golden Power’ che nasce nel campo delle tecnologie di difesa e poi progressivamente è stato esteso alle telecomunicazioni, alla finanza, al sistema bancario, al farmaceutico e persino all’agroalimentare”.
Al tempo stesso, il Ministero delle imprese e del Made in Italy accompagnerà le aziende italiane negli investimenti, anche esteri, necessari alla sovranità europea, come nel campo dei semiconduttori, delle batterie elettriche, dei chip, del digitale, dei nuovi materiali e dell’aerospazio. Una strategia orientata alla creazione di partnership paritetiche con i nostri vicini europei, seguendo una logica “win-win”, orientata a riportare in Europa (quando non è possibile farlo a livello nazionale) le filiere produttive che con la globalizzazione sono state spostate all’estero, soprattutto in Asia.
Un tema, anche questo, molto caro a Urso, sia per la lunga esperienza in ambito di internazionalizzazione delle imprese, sia perché in qualità di viceministro per il commercio con l’estero del Governo Berlusconi II, nel 2001 diede il suo parere favorevole all’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio. Un sì – a cui seguì un atteggiamento di maggiore apertura anche verso la Russia – carico di speranze, spiega il ministro, che poi furono disattese.
“Aprimmo alla Cina nella speranza che una condivisione economica tecnologica e industriale avrebbe portato anche a una contaminazione di libertà e diritti”, commenta. E forse proprio la paura di questa contaminazione, spiega Urso, che ha spinto Russia e Cina a cambiare atteggiamento a un decennio da quella apertura e a sostituire la cooperazione in ambito di commercio internazionale con un atteggiamento basato sulla competizione sleale e su “politiche di prepotenza”.
Ma tutelare le imprese, spiega il Ministro, vuol dire anche rimuovere gli ostacoli alla produzione partendo proprio dalle emergenze legate all’attualità, quindi il rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia, ma intervenendo anche su quei fattori interni che ostacolano la produttività del sistema Paese, quindi taglio del cuneo fiscale e la semplificazione dei processi autorizzativi.
Niente tabù sulle fonti energetiche e deregulation: le priorità sul fronte interno
Proprio su quest’ultimo punto il Ministro Urso si è soffermato per ribadire la necessità di rimuovere i vincoli burocratici in quei settori indispensabili all’indipendenza del Paese e dell’Unione Europea, come quello energetico.
Anche in questo settore, spiega il Ministro, occorre saper rispondere alle emergenze del momento, quindi lavorare sull’approvvigionamento sulla scia di quanto fatto dal Ministro Cingolani (a cui Urso riconosce il merito dell’ottimo lavoro svolto in questo ambito), ma lavorando al tempo stesso sull’aumento della produzione energetica nazionale “con tutte le tecnologie disponibili, a cominciare dalle rinnovabili, senza alcuna preclusione o tabù”.
Un settore dove l’Italia deve e può agire su più fronti: idroelettrico, fotovoltaico, solare, eolico, ma anche geotermico. E per fare ciò occorre velocizzare i tempi necessari alle autorizzazioni.
Su questo, ricordiamo, era intervenuto già il Governo Draghi (in sinergia con l’orientamento dell’UE) attraverso il il “Decreto Aiuti Bis” dello scorso agosto, che ha introdotto delle “aree di interesse strategico nazionale” – filiere della microelettronica e dei semiconduttori, delle batterie, del supercalcolo e calcolo ad alte prestazioni, della cyber sicurezza, dell’internet delle cose (IoT), della manifattura a bassa emissione di Co2, dei veicoli connessi, autonomi e a basse emissioni, della sanità digitale e intelligente e dell’idrogeno – dove il Ministero delle imprese e del Made in Italy ha il potere, attraverso un decreto del Presidente del Consiglio, di avocare a sé processi autorizzativi dinanzi alla inadempienza di altre amministrazioni.
“Le autorizzazioni non possono restare inevase per anni. È ora di cambiare. È in gioco il futuro del nostro Paese, la sua indipendenza, la sua capacità di produrre ricchezza”, conclude Urso.