Il programma del Partito Democratico per le elezioni politiche del 25 settembre 2022, intitolato “Insieme per un’Italia democratica e progressista”, ruota intorno a tre pilastri: sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale; lavoro, conoscenza e giustizia sociale; diritti e cittadinanza. Tre fondamenta che – si spiega nel documento – sono tutti indispensabili per tenere in piedi la democrazia italiana (“se anche uno solo di essi cade o viene gravemente danneggiato la nostra democrazia collassa”).
In questo articolo approfondiamo i temi più direttamente collegarti al mondo delle imprese, con riferimento a transizione ecologica e sviluppo sostenibile, Industria 4.0 e Transizione 4.0,
Indice degli argomenti
La transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile
“Vogliamo che la transizione verde e digitale sia il principale volano per una crescita duratura e sostenibile per tutti”, si legge nel programma.
La transizione ecologica “rappresenta una grandissima occasione per ammodernare l’Italia e reindirizzarne la traiettoria di sviluppo in uno scenario di sostenibilità”.
Il pacchetto FitFor55, che prevede la riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, deve essere considerato il faro delle politiche nazionali. In particolare, si legge, occorre fissare “obiettivi climatici realistici ma ambiziosi, mettendo in campo strumenti capaci di garantire una transizione socialmente equa e di rafforzare l’innovazione e la competitività della nostra industria”.
Tra le politiche che il programma propone per accompagnare imprese, lavoratori e famiglie “nella più grande trasformazione di questo secolo”, il PD propone “una riforma fiscale verde che promuova gli investimenti delle imprese e delle famiglie a difesa del pianeta e del clima e renda economicamente vantaggioso accelerare la transizione ambientale, attraverso la revisione e la stabilizzazione degli incentivi per la rigenerazione energetica e sismica degli edifici e l’estensione del Piano Transizione 4.0 agli investimenti green delle imprese”.
Si prevede inoltre “la revisione e la stabilizzazione degli incentivi per la rigenerazione energetica e sismica degli edifici; l’introduzione di una premialità fiscale per le imprese a elevato rating ESG (ambientale, sociale e di governance)” e “adeguate compensazioni per le famiglie e le imprese più vulnerabili in funzione di una transizione ecologica socialmente equa e sostenibile”.
Rafforzare Industria 4.0 e Transizione 4.0
Nella visione del Partito Democratico il piano Transizione 4.0 – come accennato – sarà esteso agli investimenti green delle imprese. Ma non è l’unico punto del programma in cui il piano è citato.
Sul piano Industria 4.0, poi Impresa 4.0 e oggi Transizione 4.0, i partiti stanno facendo la gara per rivendicarne la paternità.
Il PD può vantarne la primogenitura, dal momento che il primo piano fu varato dal ministro Carlo Calenda nell’ambito delle attività del Governo Renzi, allora leader del PD.
Calenda e Renzi, però, sono oggi titolari di diverse proposte politiche – Azione e Italia Viva – che hanno trovato convergenza nel cartello elettorale del Terzo Polo.
Dal suo canto anche l’ex ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli, autore del passaggio al piano Transizione 4.0 (il sistema basato sui credito d’imposta invece che su super e iper ammortamento), ha sottolineato che “il vecchio piano Impresa 4.0 è stato potenziato in Transizione 4.0 e reso strutturale con 24 miliardi nel corso del mio mandato al MiSE. È stato il primo mattone su cui abbiamo fondato il PNRR italiano, quei fondi europei faticosamente ottenuti dal Governo Conte 2 mentre tutti chiedevano il MES”.
Tornando al programma del Partito Democratico, ecco che cosa è scritto:
Vogliamo rafforzare il grande potenziale delle nostre imprese, dei piccoli imprenditori, delle start-up innovative, del mondo degli artigiani e dei professionisti, attraverso misure di sostegno e di semplificazione, favorendo la transizione 4.0 in uno scenario che coniughi innovazione, concorrenza e sostenibilità. Vogliamo investire nella ricerca e nell’innovazione per superare le inefficienze e i problemi strutturali di bassa produttività del “Sistema Italia”. Vogliamo intervenire sulla riduzione dei costi energetici di famiglie e imprese attraverso proposte concrete, capaci di dare una spinta decisa alle fonti pulite e rinnovabili.
Una strategia che, sul piano fiscale, richiederà incentivazioni degli investimenti e un fisco più equo.
Vogliamo semplificare e rendere più equo e progressivo il fisco per le famiglie e le imprese, in uno scenario di incentivi che prediligano la transizione ecologica e digitale. Vogliamo rimuovere gli ostacoli che frenano le famiglie e le imprese a migrare verso le reti di connettività a banda ultra-larga, attuali e future, e al pieno dispiego delle competenze e dei servizi digitali, ivi inclusi quelli offerti della Pubblica Amministrazione.
Infine una nota sul PNRR, oggetto di istanze di revisione da parte del Centro Destra.
Gli strumenti li abbiamo. E sono molteplici, ma tutti fondati su uno stesso prerequisito: la stabilità necessaria a pianificare investimenti e scelte strategiche che guardano al futuro. Questo a partire dal PNRR e dal suo percorso di riforme interrotto bruscamente per la caduta del Governo Draghi.
Delocalizzazioni, re-shoring e Mezzogiorno
Infine, un passaggio importante sul tema delle delocalizzazioni e del reshoring. Il Partito Democratico ritiene necessarie “normative più stringenti contro le delocalizzazioni frutto di scelte meramente speculative, per garantire reali processi di reindustrializzazione, prevedendo premialità e sanzioni”.
Per quanto riguarda il Mezzogiorno il PD intende proporre “un rafforzamento strutturale degli strumenti di politica industriale regionale, potenziati in particolare nel 2020-2021 (Credito di imposta per investimenti, incentivi potenziati per R&S, Fondo “Cresci al Sud” per la crescita dimensionale delle imprese, priorità Sud nel Fondo Nazionale Innovazione e Protocolli con CDP e Invitalia, rilancio delle Zone Economiche Speciali) e prevedere forme di riequilibrio territoriale negli strumenti di politica industriale nazionale”.
Da ultimo, l’idea di insediare nel Mezzogiorno “poli di formazione su rinnovabili e transizione verde, veri e propri hub internazionali, capaci di attrarre competenze e investimenti, di offrire concrete prospettive lavorative ai giovani del Sud, di rafforzare la leadership italiana nella green economy e di rinsaldare i legami con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, sempre più rilevanti per la strategia energetica nazionale”.