Desi 2022, l’Italia risale la china ma resta terzultima per competenze

L’indice DESI 2022, che misura i progressi nei Paesi UE in materia di digitalizzazione, vede l’Italia posizionarsi al 18° posto sul ranking totale dei 27 Paesi membri. Positivi i progressi in materia di connettività e digitalizzazione delle PMI, che stentano tuttavia ad adottare big data e AI. Il nostro Paese è però fortemente penalizzato dalla mancanza di competenze digitali: per questa componente dell’indice, infatti, l’Italia si posiziona ancora al terzultimo posto in Europa.

Pubblicato il 28 Lug 2022

DESI2022


A termine di un anno che ha visto la messa a terra dei primi progetti e le missioni del PNRR, il piano di ripresa e resilienza più cospicuo tra quelli adottati a livello europeo, migliora la posizione generale dell’Italia nel DESI, l’indice con cui la Commissione misura la digitalizzazione dell’economie e delle società dei Paesi membri.

L’Italia infatti si posiziona al 18° posto sul ranking totale dei 27 Paesi membri, in miglioramento rispetto allo scorso anno (quando si era posizionata al 20° posto) e accelerando la sua corsa verso la digitalizzazione rispetto al 2020, quando era al quartultimo posto in classifica (l’indice del 2020 si basava ancora sull’Europa dei 28 e quindi includeva anche il Regno Unito).

Tuttavia, a penalizzare il nostro Paese è, ancora una volta, il fattore umano: rispetto all’anno scorso, infatti, quasi nulla è cambiato per quanto riguarda le competenze digitali, ambito che vede l’Italia ancora terzultima in Europa, con oltre la metà dei cittadini che non dispone nemmeno di competenze digitali di base.

Un divario che deve assolutamente essere colmato, spiega l’analisi della Commissione, sia per il successo della strategia di digitalizzazione nazionale che per il perseguimento degli obiettivi europei.

«Poiché l’Italia è la terza economia dell’UE per dimensioni, i progressi che essa compirà nei prossimi anni nella trasformazione digitale saranno cruciali per consentire all’intera UE di conseguire gli obiettivi del decennio digitale per il 2030», si legge nel documento.

Capitale umano, troppo modesti i progressi fatti rispetto al resto d’Europa

Per quanto riguarda il capitale umano, l’Italia si posiziona quindi al terzultimo posto in Europa, così come era avvenuto nel 2021. Rispetto al DESI 2021, il punteggio in questa categoria è aumentato da 35,1 a 36,6. Un progresso troppo marginale per recuperare il divario con il resto dell’UE, dove il punteggio medio è di 45,7.

In particolare, a preoccupare è ancora una volta il dato relativo alle competenze digitali di base, possedute soltanto dal 46% dei cittadini, contro una media europea del 54%. Il divario si riduce per le competenze digitali avanzate, possedute dal 23% degli italiani, contro una media europea del 26%.

Maglia nera per quanto riguarda i laureati in materie ICT: solo l’1,4% dei laureati italiani studia programmi ICT, il dato più basso nell’UE. Nel mercato del lavoro, la percentuale di specialisti ICT è pari al 3,8% dell’occupazione totale, rimanendo al di sotto della media UE (4,5%).

Parallelamente, solo il 15% delle imprese italiane fornisce formazione in materia di ICT ai propri dipendenti, cinque punti percentuali al di sotto della media UE. Un dato che resta invariato rispetto alla rilevazione dello scorso anno e addirittura peggiorato rispetto al 2020 (quando era del 19%).

L’Italia si avvicina alla media UE per quanto riguarda la presenza femminile nel settore digitale: le donne specialiste ICT rappresentano il 16% degli specialisti ICT, contro una media UE del 19%.

DESI 2022 competenze

Connettività, la corsa dell’Italia verso il 5G fa scalare 16 posti in classifica

Situazione ben differente quella invece della connettività, dove l’Italia ha scalato la classifica, passando dal 23° al 7° posto in un anno, con un punteggio di 61,2, contro una media europea di 59,9.

Il progresso più significativo ha riguardato la copertura 5G che è passata dall’8% delle aree popolate al 99,7%, cifra che include la percentuale di copertura 5G fornita dalla tecnologia di condivisione dello spettro. L’aumento può essere attribuito anche agli obblighi di copertura e di utilizzo dello spettro legati ai diritti d’uso delle “bande pionieristiche” 5G assegnati nel 2018, secondo il regolamento stabilito dall’AGCOM (delibera n. 231/18/CONS), l’Autorità nazionale di regolamentazione nel settore delle comunicazioni elettroniche.

In questo contesto, tutte le province italiane stanno iniziando a beneficiare dei servizi commerciali 5G. La Commissione prevede un ulteriore progresso verso il raggiungimento dell’obiettivo di copertura ininterrotta della banda larga wireless 5G in tutte le aree urbane, le strade principali e le ferrovie entro il 2025, grazie agli obblighi di copertura legati ai diritti d’uso della banda 700 MHz, che saranno disponibili per l’uso da parte degli operatori (già titolari dei diritti d’uso) a partire dal 1° luglio 2022.

Per quanto riguarda l’adozione dei servizi a banda larga, l’Italia ha compiuto notevoli progressi rispetto al 2021. Ciononostante, tutti gli indicatori sono inferiori alla media dell’UE, soprattutto per quanto riguarda l’adozione complessiva della banda larga fissa (66% in Italia, contro il 78% nell’UE).

Rimangono alcune carenze anche per quanto riguarda la copertura delle reti ad altissima capacità, che è ancora molto indietro rispetto alla media UE (la percentuale dell’Italia è del 44%, contro una media UE del 70%), nonché rispetto all’obiettivo del decennio digitale di una copertura universale entro il 2030.

Obiettivi a cui l’Italia dovrebbe essere in grado di allinearsi, nelle attese della Commissione, grazie ai fondi dedicati alle infrastrutture di connettività messi a disposizione dal PNRR. La sfida per i prossimi mesi, spiega l’analisi della Commissione, sarà quella di bilanciare gli incentivi sostegno della domanda a una forte concorrenza all’ingrosso per l’introduzione della fibra ottica. Soltanto in questo modo si riuscirà a non aggravare il divario digitale tra il Nord e il resto del Paese.

DESI 2022 connettività

Integrazione delle tecnologie digitali, Italia ancora indietro su big data, AI e e-commerce

Migliora la posizione italiana anche per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali, dove il nostro Paese si posiziona all’8° posto in Europa, guadagnando due posizioni rispetto al 2021.

Buona la performance delle nostre PMI, che possiedono in gran parte un livello di intensità digitale almeno di base (60%, ben al di sopra della media UE del 55%).

Tuttavia, se si considera l’adozione di tecnologie specifiche, i risultati complessivi sono contrastanti. Grazie agli interventi legislativi, quasi tutte le imprese italiane (95%) utilizzano la fattura elettronica. Il Paese ottiene buoni risultati anche nell’adozione dei servizi cloud, con il 52% delle imprese che utilizzano questa tecnologia (ben al di sopra della media UE del 34%).

Anche l’uso delle tecnologie ICT per la sostenibilità ambientale è relativamente diffuso nelle imprese italiane, anche se inferiore alla media UE (60% contro una media UE del 66%). L’uso dei big data è basso (utilizzato dal 9% delle imprese italiane rispetto a una media UE del 14%), così come l’uso di tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale (6% delle imprese italiane, contro una media UE dell’8%). L’adozione del commercio elettronico è aumentata tra il 2020 e il 2021, raggiungendo il 13% ma rimanendo ancora al di sotto della media UE (18%).

Oltre al rifinanziamento delle agevolazioni previste dal Piano Transizione grazie ai fondi del PNRR (13,4 miliardi) e del Fondo complementare (5,8 miliardi), il 2021 ha visto implementare importanti politiche nell’ambito dell’integrazione delle tecnologie digitali, tra cui:

  • la selezione di 13 EDIH (i Poli europei dell’innovazione digitale) italiani che saranno finanziati al 100% (50% dall’Europa e 50% dall’Italia) e le 17 proposte che hanno ricevuto il Seal of Excellence (e saranno quindi finanziate dall’Italia al 50%)
  • il programma strategico per l’Intelligenza Artificiale 2022-2024, adottato a novembre 2021
  • l’attivazione a dicembre 2021 del fondo nazionale per l’AI, l’Internet delle cose (IoT) e la blockchain, con una dotazione di 45 milioni
  • misure volte a rafforzare la posizione dell’Italia nei semiconduttori, con un investimento previsto per rafforzare la capacità produttiva nell’ambito del piano di ripresa e resilienza e la partecipazione all’IPCEI “Microelettronica II”
  • partecipazione all’IPCEI su “Infrastrutture e servizi cloud di nuova generazione”, che sostiene progetti innovativi per lo sviluppo di infrastrutture e servizi cloud, con potenziali applicazioni in settori quali la protezione dei dati, la sicurezza informatica, l’automazione industriale o l’assistenza sanitaria
  • l’Italia ospita uno dei supercomputer della top 10 mondiale (classificato al 9° posto) e centri di supercalcolo, come il CINECA e l’Istituto Nazionale per la Ricerca e l’Innovazione.
  • creazione, da parte di alcuni enti pubblici, dell’Infrastruttura italiana di servizi blockchain (IBSI), sulla falsariga dell’iniziativa europea

«Nel complesso, è importante che l’Italia sostenga sforzi integrati per guidare le imprese italiane verso la digitalizzazione, con un mix di politiche a sostegno degli investimenti, del rafforzamento delle capacità e della valorizzazione del capitale umano. È inoltre fondamentale che l’Italia continui a impegnarsi nel settore delle tecnologie digitali avanzate, facendo leva sui propri punti di forza e sulle risorse del Piano di ripresa e resilienza per rafforzare la propria posizione e svolgere un ruolo centrale nell’UE», si legge nell’analisi della Commissione.

DESI 2022 integrazione tecnologie

Servizi digitali, la Commissione avverte: “Ci saranno miglioramenti solo se si rispetterà il piano delle riforme”

L’Italia fatica anche a colmare il divario con il resto d’Europa per quanto riguarda i servizi digitali: nonostante alcuni progressi fatti, la posizione in classifica del nostro Paese è addirittura peggiorata, passando dalla 18° posizione del 2021 alla 19° di questa rilevazione.

Tuttavia, la Commissione precisa che la rivelazione di quest’anno non tiene conto dei progressi che sicuramente il PNRR porterà all’Italia nel corso dei prossimi mesi e dell’effetto di alcune politiche di semplificazione adottate, che saranno più evidenti nella prossima rilevazione.

A penalizzare il Belpaese è soprattutto la percentuale di cittadini che fanno ricorso ai servizi digitali: il 40%, ancora troppo bassa rispetto alla media europea del 65%.

L’Italia supera l’UE per quanto riguarda le politiche di open data, raggiungendo un punteggio del 92%, ma è ancora al di sotto della media UE per quanto riguarda la disponibilità di moduli precompilati, che presentano agli utenti dati già noti alle pubbliche amministrazioni.

Guardando ai punteggi che misurano l’offerta di servizi pubblici digitali, l’Italia è molto vicina alla media UE nei servizi alle imprese (con un punteggio di 79, contro una media UE di 82). Il divario con la media UE è leggermente superiore in relazione all’offerta di servizi pubblici digitali ai cittadini (67 in Italia contro 75 nell’UE).

Nonostante il divario con il resto dell’UE sia ancora da colmare, importanti progressi sono stati fatti nell’ultimo anno. In particolare, a gennaio 2022 tutti i comuni italiani sono stati migrati nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), che integra le informazioni diffuse tra le varie amministrazioni in un unico registro. Attualmente, i cittadini italiani possono verificare i propri dati personali, ottenere certificati gratuiti o aggiornare il proprio stato di residenza online.

Anche l’adozione del sistema di identificazione elettronica “SPID” ha continuato a crescere, con l’obiettivo di raggiungere il 70% della popolazione entro marzo 2022. Per quanto riguarda i documenti elettronici, 27 milioni di italiani risultano ad oggi in possesso di una carta di identità digitale.

Inoltre, a seguito del “Decreto semplificazioni” del 2020 e del crescente utilizzo delle e-ID, molte amministrazioni pubbliche consentono l’accesso ai propri servizi pubblici online attraverso la CIE (“Entra con CIE”). Parallelamente, l’app “IO” (uno “sportello unico” per i servizi pubblici digitali) è stata scaricata più di 26 milioni di volte. Permette alle persone di accedere ai servizi forniti da circa 7.000 autorità nazionali e locali, di ricevere notifiche e di archiviare documenti (ad esempio certificati, ricevute) in una sezione dedicata. Ad esempio, l’applicazione ha consegnato automaticamente agli utenti oltre 268 milioni di certificati digitali Covid-19.

Progressi sono stati fatti anche in materia di Sanità digitale, anche se i servizi differiscono notevolmente tra le regioni, e nella riqualificazione della forza lavoro della pubblica amministrazione, con circa 8.000 dipendenti che sono stati interessati da percorsi formativi incentrati sulle competenze digitali nello scorso anno.

Nonostante, quindi, persista ancora un forte divario tra Italia e resto dell’UE in materia di servizi pubblici digitali, l’analisi della Commissione sui progressi fatti lascia spazio alla speranza che nel DESI2023 potremo scalare qualche posizione in classifica. Nella visione di Bruxelles, tuttavia, la performance futura dell’Italia dipenderà dalla capacità di attuare le riforme come previsto e da un’attenzione verso semplificazioni e competenze che deve restare elevata.

Un punto su cui insiste anche Marco Gay, Presidente di Anitec-Assinform, l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende dell’ICT, che esprime soddisfazione per i miglioramenti fatti in tema di connettività e integrazione di tecnologie, ma sottolinea l’importanza di continuare questo lavoro di collaborazione tra imprese e Governo per recuperare il gap con il resto d’Europa, soprattutto in materia di competenze.

“I dati ci dicono che stiamo andando nella giusta direzione e il nostro settore si conferma leader della crescita del nostro Paese. Come Associazione riteniamo fondamentale che nei prossimi mesi prosegua il percorso di attuazione dei progetti del PNRR – in particolare la missione 1 – dove sarà necessario un lavoro congiunto di imprese e istituzioni per favorire la formazione di giovani, Neet e lavoratori attivi sulle competenze specialistiche ICT”, commenta.

DESI 2022 servizi pubblici

Il quadro europeo

Il quadro d’insieme mostra che a livello europeo sono stati compiuti dei passi in avanti nella digitalizzazione, ma che persistono lacune in materia di competenze digitali, digitalizzazione delle PMI e diffusione di reti 5G avanzate.

In particolare, anche a livello europeo si nota una tendenza che vede le imprese stentare tuttora ad adottare tecnologie digitali fondamentali, come l’Intelligenza Artificiale (AI) e i big data. Una situazione che interessa anche i Paesi più virtuosi, ossia Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, dove l’adozione di queste tecnologie resta sul 30%, ben lontana dall’obiettivo del decennio digitale del 75% per il 2030.

Positiva invece la tendenza dei Paesi meno all’avanguardia, che negli ultimi anni sono stati interessati da uno slancio significativo verso la digitalizzazione. In particolare, l’Italia, la Polonia e la Grecia hanno migliorato notevolmente i loro punteggi DESI negli ultimi cinque anni, realizzando investimenti consistenti grazie a una maggiore attenzione politica al digitale, anche con l’aiuto dei finanziamenti europei.

Progressi anche per quanto riguarda la connettività. La copertura delle reti che collegano gli edifici con fibra ottica ha raggiunto il 50% dei nuclei familiari, portando al 70% la copertura globale della rete fissa ad altissima capacità (a fronte dell’obiettivo del 100% entro il 2030).

Anche la copertura del 5G è aumentata lo scorso anno, raggiungendo il 66% delle zone popolate dell’UE. Tuttavia, l’assegnazione dello spettro, presupposto importante per il lancio commerciale del 5G, non è ancora completa: nella stragrande maggioranza degli Stati membri è stato assegnato solo il 56% dello spettro totale armonizzato 5G (fanno eccezione l’Estonia e la Polonia).

Inoltre, alcuni dei dati di copertura molto elevati si basano sulla condivisione dello spettro delle frequenze 4G o dello spettro 5G a banda bassa, il che non consente ancora la piena diffusione di applicazioni avanzate. Colmare queste lacune è essenziale per liberare il potenziale del 5G e rendere possibile l’introduzione di nuovi servizi con un elevato valore economico e sociale, come la mobilità connessa e automatizzata, la produzione avanzata, i sistemi energetici intelligenti o la sanità elettronica.

L’erogazione di servizi pubblici essenziali online è diffusa nella maggior parte degli Stati membri dell’UE. In vista del lancio di un portafoglio europeo di identità digitale, 25 Stati membri dispongono di almeno un regime di identificazione elettronica, ma solo 18 di essi dispongono di uno o più regimi di identificazione elettronica notificati a norma del regolamento eIDAS (identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno), il che rappresenta un fattore chiave per la sicurezza delle operazioni digitali transfrontaliere.

Preoccupa anche a livello europeo la situazione delle competenze. Solo il 54% degli europei di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede almeno competenze digitali di base: l’obiettivo del decennio digitale è di arrivare almeno all’80% entro il 2030.

Inoltre, sebbene tra il 2020 e il 2021 siano entrati nel mercato del lavoro 500.000 specialisti di ICT, i 9 milioni di specialisti dell’UE sono ben al di sotto dell’obiettivo di raggiungere i 20 milioni di specialisti di TIC entro il 2030 e non sono sufficienti a rimediare alla carenza di personale qualificato che sta affliggendo le imprese.

Nel 2020 oltre metà delle imprese dell’UE (il 55%) segnalava difficoltà nel coprire i posti vacanti di specialisti in ICT. Una carenza che Bruxelles vede come un pesante ostacolo alla ripresa e alla competitività delle imprese dell’UE e alla capacità dell’Unione di conseguire gli obiettivi del Green Deal.

“Il ritmo della digitalizzazione si sta intensificando. La maggior parte degli Stati membri sta compiendo passi avanti nella costruzione di una società e di un’economia digitale resilienti. Dall’inizio della pandemia abbiamo compiuto sforzi notevoli per sostenere gli Stati membri in questa transizione, ad esempio tramite i piani per la ripresa e la resilienza, il bilancio dell’UE o, più di recente, anche tramite il dialogo strutturato su istruzione e competenze digitali”, commenta Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva per Un’Europa pronta per l’era digitale.

“Ci stiamo avvicinando ai nostri obiettivi digitali e dobbiamo continuare a impegnarci per fare dell’UE un leader mondiale nella corsa alla tecnologia. Il DESI ci mostra dove dobbiamo impegnarci ancora più a fondo, ad esempio per stimolare la digitalizzazione dell’industria, comprese le PMI. Dobbiamo intensificare gli sforzi affinché nell’UE ogni PMI, ogni impresa e ogni settore disponga delle migliori soluzioni digitali e abbia accesso a un’infrastruttura di connettività digitale di prim’ordine”, aggiunge il Commissario per il Mercato interno Thierry Breton.

L’analisi della Commissione

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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