La decisione dei Ministri dell’ambiente europei, che ha confermato lo stop alla vendita dei motori endotermici al 2035, ha suscitato tantissime reazioni, molte delle quali allarmate. Per avere una visione più completa delle implicazioni di questa decisione Digital360 ha realizzato una tavola rotonda, moderata da Franco Canna, direttore di Innovation Post, e Mauro Bellini, direttore di ESG360, andata in onda nel palinsesto di 360ON.
Per inquadrare meglio la situazione ricordiamo che questa decisione dovrà raggiungere la concordanza fra Parlamento europeo, Consiglio europeo e Commissione europea. Questa decisione è stata inoltre presa nell’ambito del progetto Fit for 55, pensato per ridurre le emissioni di CO2 del 55%, al 2030, rispetto a quelle del 1990.
A corollario della decisione si è stabilito di operare una verifica nel 2027 sul fronte tecnologico per esplorare, nell’ambito della ‘neutralità tecnologica’, l’esistenza di altre soluzioni, oltre alla trazione elettrica, per la riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti. Il 2027 vedrà inoltre una ricognizione degli effetti sociali di questi provvedimenti, un aspetto molto importante di questa rivoluzione che avverrà a breve termine.
Ricordiamo che in Italia i trasporti sono responsabili del 26% delle emissioni di CO2 e di questa quota il 50% compete ai privati, il 22% al trasporto pubblico, la stessa quota al trasporto pesante mentre le ferrovie emettono solo lo 0,1%.
Ovviamente l’impatto sociale di questo cambiamento è assolutamente importante: l’automotive impiega in Italia circa 570 mila lavoratori che salgono a 1,2 milioni contando gli addetti alle infrastrutture e al trasporto merci.
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Sostenibilità per tutti
Il cambiamento in vista potrà avere un grande effetto sull’Italia, paese tradizionalmente legato all’Automotive, con conseguenze non solo ambientali ma anche sociali, industriali ed economiche.
La sostenibilità infatti non è solo un parametro ambientale, ma riguarda anche chi acquista e chi produce i veicoli. È questo il punto sottolineato da Enrico Pisino, CEO del Competence Center Industry Manufacturing 4.0 e figura che viene dal mondo Automotive e che per 3 anni è stato nell’Eucar (European Council for Automotive R&D) nel team che studiava sostenibilità propulsori aggregando i costruttori europei.
Pisino ha ricordato che “è un dibattito che dura da decenni e che mira a produrre veicoli sostenibili che lo siano anche per i clienti e l’industria. Il vero tema è che non era abbastanza sostenuta la neutralità tecnologica – che dà sicurezza energetica qualora le rinnovabili non ce la facessero al 2035 – ed è quindi importante che la sia introdotta nella verifica del 2027. L’Italia ha trascurato la ricerca negli ultimi 20 anni e quindi uno ‘scossone’ è benvenuto perché potrebbe sviluppare la ricerca e l’innovazione. Chi non è al primo posto in una competizione spera che le cose cambino per riprendersi: l’Italia non è attualmente leader in questi nuovi settori e quindi l’automotive va sostenuto perché, se si mischiassero di nuovo le carte, potremmo riportarci in avanti”.
L’esempio europeo
Una questione al centro del dibattito è poi il rischio che ci sia uno ‘scollamento’ fra un’Europa politica che stabilisce un’agenda che l’Europa industriale non riesce però a seguire.
Al riguardo Sergio Fumagalli, Team leader sostenibilità in P4I, pensa che “essere leader nella proposte di trasformazione non è semplice. Teniamo conto che il motore a scoppio andrà avanti così per decenni in altre parti del mondo e che le immatricolazioni europee sono circa il 25% del totale globale. Una leadership presuppone ricerca e investimenti per proporre una soluzione valida in tutto il mondo, cosa messa a rischio da un approccio troppo ideologico. In un mercato globale non sarebbe opportuno creare delle norme che generassero fratture fra l’Occidente e il resto del Mondo che potrebbe non volere o non riuscire ad adottare le tecnologie occidentali”.
Una transizione inevitabile?
Sembra però che l’orizzonte ultimo sarà, almeno per l’Europa, la decarbonizzazione dei trasporti tramite la trazione elettrica e questo influenzerà profondamente le aziende coinvolte nei powertrain endotermici.
Paolo Bentivoglio, Corporate Purchasing Director di Streparava, azienda attiva sia negli chassis sia nei powertrain, ritiene che questa transizione avverrà e quindi occorre puntare l’attenzione sulle tempistiche.
Le aziende stanno studiando il da farsi tenendo conto che “la transizione verso l’elettrico è iniziata da qualche anno e nel momento nel quale gli OEM smetteranno di sviluppare i motori endotermici essa accelererà molto. Nel nostro fatturato la componente dei telai è di circa l’80% mentre quella legata all’elettrico è ancora molto minoritaria ma, in ogni caso, saranno molte le aziende che avranno la necessità di riconvertirsi e per quelle che avranno bisogno di aiuto”.
Si confida nei fondi del PNRR e nel supporto dalle associazioni di categoria: l’Italia non può perdere questo treno.
Un’opportunità da cogliere
Antonio De Bellis, E-mobility lead manager in ABB Italia, vede “non una ‘tempesta perfetta’ ma un’onda che, sapendola cavalcare, darà molte opportunità, compresa quella di vivere meglio. La questione vera non è una data precisa ma l’avere un riferimento e decidere cosa fare: i decisori politici e imprenditoriali devono prendersi le loro responsabilità. Le attuali difficoltà dell’automotive non dipendono dall’elettrico ma si sono evidenziate già tempo fa e le decisioni della EU hanno dato un’accelerazione che giudichiamo salutare e che molte aziende hanno addirittura anticipato, accelerando i piani di conversione delle loro flotte”.
Secondo De Bellis la riconversione non è solo acquistare veicoli elettrici e strutture di ricarica ma anche ripensare cosa e come si trasporta e come usare l’energia. Questa riconversione ovviamente impatta le attività della produzione automotive ma ABB vuole essere presente ed è coinvolta anche nelle attività connesse all’idrogeno.
Ricordiamo che ABB ha da poco inaugurato il suo centro di eccellenza per l’e-mobility a San Giovanni Valdarno e questo “dimostra che in Italia si può essere competitivi anche in questo nuovo settore. ABB crede che questa transizione sia l’occasione per creare un ecosistema automotive che vada oltre l’attuale. Non bisogna pensare a questo passaggio come la mera sostituzione degli erogatori di carburante con colonnine di ricarica ma alle molte opportunità che si offrono a seconda del tempo che si ha a disposizione: installare un punto di ricarica è infatti molto più facile rispetto al classico distributore. A San Giovanni Valdarno si fanno tutti gli apparati in corrente continua – ne sono stati prodotti più di 30mila – ma il reparto R&D sta lavorando anche ai sistemi di ricarica con potenze intorno al MW, adatti quindi ai veicoli pesanti”.