“Da qui a luglio è a rischio la produzione di un’impresa del territorio su quattro ed entro un anno la produzione di più della metà delle aziende”: è l’allarme lanciato dal Presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, nel corso discorso tenuto in occasione dell’assemblea generale dell’associazione che rappresenta le imprese che operano nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza.
Assemblea che è stata anche l’occasione per inaugurare Mind – Milano Innovation District, il nuovo distretto dell’innovazione di Milano nato da una partnership pubblico privata tra Arexpo e Lendlease.
Un luogo che a 7 anni da Expo 2015 ha riaperto alla cittadinanza, con l’obiettivo di creare un ecosistema per la crescita socioeconomica che connetta le eccellenze del territorio ai migliori talenti da tutto il mondo, favorendo lo scambio tra ricerca e impresa e coinvolgendo la società e la comunità locale.
Tanti i temi toccati – dalle sfide sollevate dalla pandemia, come la ridefinizione delle catene del valore, alle politiche attive a favore dei giovani, alla riforma del cuneo fiscale e le risposte necessarie per affrontare l’emergenza energetica –, sotto il filo conduttore del titolo che Assolombarda ha voluto dare a questa giornata: “il dovere dei tempi”.
Tema che si è declinato nell’appello che sia Spada che il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, hanno lanciato alla classe politica del Paese, ovvero quello alla responsabilità. Responsabilità che vuol dire, spiegano i presidenti, mettere i problemi del Paese (e di questi tempi eccezionali), prima dei giochi politici e delle campagne elettorali e rimuovere quei freni che hanno impedito tanto a lungo la crescita del Paese, primo fra tutti una burocrazia troppo lenta e ingombrante.
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L’allarme sull’energia: da qui a luglio a rischio la produzione di un’impresa su quattro
“La crisi in Ucraina ha fatto esplodere un problema che in realtà esisteva da tempo: in Italia è sempre mancata una politica energetica. Le cause sono note: gli interessi di breve termine hanno prevalso sullo sguardo di lungo periodo; la politica si è ridotta a puro consenso ed è caduta ostaggio dei comitati del ‘No’, lasciando campo libero a una burocrazia che sembra costruita con il solo scopo di frenare ogni spinta”, commenta Spada.
Le difficoltà che stanno già segnalando le imprese a causa del rialzo dei prezzi dell’energia (il prezzo del gas è cresciuto di cinque volte rispetto al 2020) richiedono invece degli interventi rapidi e adeguati visto il costo, troppo alto, che avrebbe l’inflazione: da qui a luglio, spiega Spada, è a rischio la produzione di un’impresa su quattro ed entro fine anno quella della metà delle aziende.
Previsioni che richiedono azioni tempestive, con la stessa portata e decisione di quelle adottate in passato per salvare istituti bancari in crisi. “Preservare il tessuto industriale, oggi, è anch’essa una questione di sicurezza nazionale“, aggiunge Spada, che giudica non adeguate le misure di sostegno introdotte dai vari decreti energia.
Fissare un tetto al prezzo del gas, scongiurare razionamenti nelle forniture, aumentare, al più presto, la produzione di gas nazionale per garantire prezzi calmierati ai settori più energivori: sono questi gli interventi che, precisa Spada, possono davvero aiutare a scongiurare lo stop alla produzione.
Ma non solo, perché se dalle previsioni economiche è evidente che la guerra ha cambiato le prospettive di crescita per l’Europa e l’Italia, occorre quindi rimettere mano anche al PNRR, poiché non tiene conto delle difficoltà introdotto e/o aggravate dal conflitto.
In questo ambito, le proposte di Assolombarda vanno lungo quattro direttive:
- sviluppare velocemente nuovi impianti alimentati a fonti rinnovabili per l’autoconsumo
- favorire l’efficientamento in chiave energetica dei processi produttivi per ridurre il fabbisogno energetico e le relative emissioni, riducendo anche il costo della spesa energetica. E, all’interno di questa proposta, Assolombarda chiede che venga esteso anche ai suoi territori il credito d’imposta per gli investimenti di efficientamento energetico, oggi esclusivamente a favore del Mezzogiorno
- creare comunità energetiche capaci di produrre energia per sé e gli altri consumatori del quartiere, condividendo benefici ambientali, economici e sociali
- puntare sull’idrogeno
Ma non solo, perché per raggiungere davvero l’indipendenza energetica, precisa Spada, si deve tornare a parlare di nucleare, tema da sempre molto divisivo nel nostro Paese. E parlare di nucleare vuol dire guardare sia a quello di nuova generazione, il nucleare tradizionale.
“Impianti sicuri, flessibili, di piccole dimensioni e realizzabili in pochi anni. È improcrastinabile parlarne senza preconcetti; il know how lo abbiamo in casa dato che le aziende del nostro territorio offrono servizi per gli impianti all’estero. Il nucleare, insomma, è un’alternativa reale su cui investire fin da subito”, spiega Spada.
Sul tema è intervenuto anche Bonomi che è tornato a sottolineare la necessità di rivedere tempi e obiettivi del percorso di transizione energetica. In particolar modo, il Presidente di Confindustria ha fatto riferimento a quanto la Commissione ha stabilito con REPowerEU – la strategia europea per ridurre in fretta la dipendenza energetica dell’Unione europea dalla Russia e accelerare sulle energie rinnovabili –, innalzando l’obiettivo principale per il 2030 per le energie rinnovabili dal 40% (stabilito nel pacchetto “Fit for 55”) al 45% .
“Le necessità del Paese sono cambiate e REPowerEU ci dà la possibilità di intervenire senza rivedere il PNRR, ma se continuiamo ad alzare l’asticella, in materia di rinnovabili, ci troveremo in difficoltà”, spiega Bonomi.
Più investimenti in formazione e una tassazione agevolata: le proposte per i giovani
Agli interventi necessari a promuovere una più ampia partecipazione dei giovani al mercato del lavoro e a ridurre il mismatch di competenze tra domanda e offerta. L’Italia, infatti, è terza in Europa per tasso di disoccupazione (l’8,3%, contro una media nell’Eurozona del 6,8%) e il 20% dei ragazzi in età compresa tra i 15 e i 24 anni non lavora, non sta cercando lavoro e non studia (i cosiddetti Neet, dall’inglese “not in education, eployement or training”). In Lombardia la percentuale è leggermente inferiore (17%), ma comunque il fenomeno interessa 165.000 giovani.
“In questo scenario, il nostro obiettivo è duplice: rendere più attrattivo per i giovani il lavoro nelle nostre imprese e permettere, allo stesso tempo, alle nostre aziende di trovare profili adeguati. Occorre, insomma, una vera ‘rivoluzione copernicana del lavoro’, per affrontare con decisione il gap di competenze e la carenza di capitale umano”, aggiunge Spada.
Capitale umano che può essere valorizzato prima di tutto con la formazione, altro tema su cui l’Italia è indietro rispetto all’Europa: in Italia, infatti, solo il 20% della popolazione tra i 25 e i 64 anni possiede una laurea, contro il 33,4% medio dell’UE e il 62,7% ha almeno un diploma, contro il 79% medio dei Paesi europei. Inoltre, persiste un significativo gender gap all’accesso al mercato del lavoro, seppur anche questo fenomeno sia meno accentuato in Lombardia (dove la percentuale è del -10% contro il -18% della media nazionale).
E per affrontare il problema, precisa Spada, servono politiche di welfare che garantiscano un migliore equilibrio vita-lavoro, ma anche progetti promossi congiuntamente da imprese, università e ITS, come quello proposto proprio da Assolombarda al Comune di Milano: dare una sede unica a tutti gli ITS della città, per creare una vera e propria “Academy tecnologica”, un hub che dia ai giovani le competenze tecniche necessarie per soddisfare le proprie ambizioni, rispondendo anche alle esigenze delle imprese.
Altre iniziative che Assolombarda vorrebbe estendere oltre i confini di Milano è il Piano “Lavoro 4.0” – un laboratorio su cui testare una nuova forma di organizzazione del lavoro basata sulla collaborazione digitale e orientata a un’impostazione più smart ed efficiente – e il patto per il lavoro firmato lo scorso mese.
Servono poi incentivi non fini a se stessi, come il reddito di cittadinanza – duramente criticato sia da Spada che da Bonomi nei loro discorsi –, ma con agevolazioni che davvero riescano ad andare al segno.
E in materia di tassazione per i giovani lavoratori, Spada propone di estendere ai neoassunti lo stesso identico modello applicato ai redditi imprenditoriali e professionali inferiori ai 65.000 euro, che vengono assoggettati ad un’imposta del 5% per i primi cinque anni di attività e, successivamente, del 15% o, in alternativa, di applicare il regime equivalente a quello del “rientro dei
cervelli”, che assicura alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia un abbattimento del reddito imponibile del 70% per 5 anni.
Interventi che devono affiancarsi alle riforme del sistema fiscale, quindi taglio del costo del lavoro, eliminazione Irap e lotta all’evasione.
“Il tema del cuneo fiscale esiste, ma non è da solo la risoluzione ai problemi del Paese. Assumete di più e pagate di più, perché le competenze migliori vanno pagate”, risponde Vittorio Colao, Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.
Molto critico l’intervento del Presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che ha espresso il suo rammarico per le tante proposte di Confindustria, in materia di riforma fiscale e politiche attive per il lavoro, che sono rimaste negli anni inascoltate dai governi. Oltre al passaggio sul reddito di cittadinanza, Bonomi è tornato a parlare della proposta sul salario minimo, che non può non tenere conto del peso della contrattazione nazionale (più forte e diffusa in Italia rispetto ad altre realtà europee), delle differenze tra i settori e che non si può implementare senza dei parametri chiari per capire quali contratti siano giusti e quali no.
Altro passaggio molto duro ha riguardato la scelta di estendere la cassa integrazione anche a soggetti che precedentemente non ne avevano diritto. “Basta, non siamo un bancomat. Che almeno il Governo ci ridia questi soldi sotto forma di vere politiche attive al lavoro”, tuona Bonomi.
Crisi energetica e guerra: la prova per l’Europa
C’è concordia, invece, per quanto riguarda il ruolo che l’Europa deve assumere in vista delle importanti sfide presenti e future e le opportunità che ne derivano per il nostro Paese. Se la pandemia prima e la reazione all’invasione russa in Ucraina poi hanno segnato un’interruzione con il passato, con l’Unione Europea che è stata in grado di agire con un’unica voce (superando le divisioni) e prontamente, il progetto di integrazione europeo dovrà affrontare l’importante sfida della crisi energetica e della riconversione delle catene del valore.
In questi processi, l’Italia ha l’opportunità e la responsabilità di porsi come attore di riferimento. “In un mercato geograficamente sempre più ristretto, l’Italia non deve diventare il centro di produzione a basso costo. Le nostre imprese, piuttosto, devono essere il cuore di queste catene”, commenta Spada.
“Il nuovo ordine mondiale che nascerà dalla pace deve prevedere la possibilità per tutti di avere accesso alle commodity, all’energia. Non è possibile pensare che il mondo che verrà vedrà Paesi come Russia e Cina completamente isolati dal resto del mondo, non si possono creare spaccature così profonde. C’è necessità che l’Italia giochi un ruolo importante, tenendo a bordo sia Russia che Cina”, conclude Bonomi.