Gli effetti del conflitto tra Ucraina e Russia riducono ulteriormente le stime di crescita del nostro Paese: come si legge nelle previsioni economiche di primavera della Commissione europea, l’aspettativa di crescita del PIL italiano per il 2022 sarà del +2,4%, in diminuzione rispetto al +4,3% delle previsioni dello scorso autunno e del +4,1% stimato in inverno.
La crescita sarà ancora più modesta nel 2023, quando il PIL dovrebbe aumentare dell’1,9%, rispetto al +2,3% previsto in inverno. La contrazione riguarda anche l’Unione europea e l’Eurozona: secondo le previsioni della Commissione, l’economia europea dovrebbe crescere del +2,7% nel 2022 (l’1,3% in meno rispetto le stime di febbraio) e del +2,3% nel 2023.
Una contrazione frutto del conflitto tra Ucraina e Russia, che ha ulteriormente aggravato i problemi legati all’approvvigionamento delle materie prime e del rialzo dei prezzi dell’energia e di alcune commodity.
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Le prospettive economiche per l’Italia
Dinamica che sta già mostrando i suoi impatti sull’economia del nostro Paese: il PIL si è contratto nel primo trimestre del 2022 e le prospettive a breve termine rimangono modeste, poiché le ripercussioni economiche dell’aggressione militare della Russia all’Ucraina hanno danneggiato lo scenario economico e aggravato gli ostacoli esistenti all’espansione.
Ragioni che hanno spinto la Commissione a rivedere al ribasso la crescita del PIL italiano. Una crescita che, tra l’altro, è ancora frutto del rimbalzo verificatosi nel 2021. L’economia italiana dovrebbe quindi tornare ai livelli pre-crisi tra la seconda metà dell’anno e il 2023, fermo restando che intorno a questo previsioni c’è un’aurea di forte incertezza legata all’evoluzione del conflitto.
Essendo uno dei Paesi europei più dipendenti dal gas Russo, infatti, l’Italia sarebbe duramente colpita in caso di interruzione nelle forniture.
Per quanto riguarda la domanda interna, l’aumento dell’occupazione e l’elevato risparmio – sebbene accumulato dalle famiglie più ricche con una minore propensione al consumo – dovrebbero sostenere i consumi privati. Tuttavia, l’aumento dei prezzi al consumo e la lenta crescita dei salari sono destinati a pesare sul reddito reale disponibile delle famiglie e quindi sulla crescita della spesa per consumi.
L’indebolimento della domanda e il peggioramento del clima economico si rifletteranno anche negli investimenti delle imprese: la Commissione, infatti, prevede una frenata nel 2022. Tuttavia, la spesa in conto capitale è destinata a rimanere solida grazie agli investimenti finanziati dal Recovery Fund. Investimenti che invece erano stati positivi lo scorso anno, quando il rapporto investimenti/PIL ha raggiunto il livello più alto dal 2010.
Per quanto riguarda le esportazioni, la Commissione prevede un aumento, seppur più contenuto rispetto alle precedenti stime, in linea con il rallentamento della domanda estera. La ripresa dei servizi del turismo dovrebbe sostenere il settore, che tuttavia non ritornerà ai livelli pre-pandemia prima del 2023.
Il rallentamento dell’attività economica influenzerà anche il mercato dell’occupazione, con il tasso di disoccupazione che dovrebbe rimanere invariato nel 2022 (9,5%), per poi scendere all’8,9% nel 2023.
Il forte aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari è destinato a far salire l’inflazione al consumo a quasi il 6% nel 2022, con pressioni sui prezzi che dovrebbero ampliarsi ulteriormente.
Con i prezzi alla produzione e le aspettative di inflazione a livelli storicamente elevati, l’aumento dei prezzi di vendita dovrebbe mantenere l’inflazione al di sopra del 2% nel 2023, nonostante l’atteso calo dell’impatto dei prezzi dell’energia. Contrariamente, la crescita dei salari dovrebbe rimanere moderata, dato che molti contratti salariali sono già stati rinnovati poco prima dell’inizio dell’impennata dei prezzi dell’energia a metà del 2021.
Il quadro europeo
Secondo le aspettative, il PIL dell’UE dovrebbe mantenersi in territorio positivo grazie all’effetto combinato delle riaperture delle attività e della decisa azione politica intrapresa a sostegno della crescita durante la pandemia.
In particolare, i consumi privati dovrebbero essere sostenuti dalla riaperture dei servizi ad alta intensità di contatti, dal mercato del lavoro favorevole e in costante miglioramento, dal minore accumulo di risparmi e dalle misure di bilancio volte a compensare l’aumento dei prezzi dell’energia. Infine gli investimenti dovrebbero trarre beneficio dalla piena implementazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza e dall’attuazione del relativo programma di riforme.
La crescita del PIL reale sia nell’UE che nella zona euro è ora prevista al 2,7 % per il 2022 e al 2,3 % per il 2023, in calo rispetto al 4,0 % e al 2,8 % (2,7 % nella zona euro), rispettivamente, delle previsioni intermedie d’inverno 2022. Il declassamento del 2022 va letto nel contesto dello slancio di crescita economica registrato nella primavera e nell’estate dello scorso anno, che determina un aumento di circa 2 punti percentuali del tasso di crescita annuo di quest’anno. La crescita della produzione nel corso dell’anno si è ridotta dal 2,1 % allo 0,8 %.
Il maggior impatto negativo sull’economia mondiale e su quella dell’UE è imputabile ai prezzi delle materie prime energetiche che, nonostante fossero già aumentati in misura sostanziale prima della guerra rispetto ai ribassi registrati durante la pandemia, hanno subito pressioni al rialzo e un incremento della volatilità a causa dell’incertezza sulle catene di approvvigionamento. Ciò vale per i prodotti alimentari e altri beni e servizi di base per i quali le famiglie hanno riscontrato un calo del loro potere d’acquisto.
Le interruzioni della logistica e della catena di approvvigionamento indotte dalla guerra, nonché l’aumento dei costi di produzione per un’ampia gamma di materie prime, amplificano le turbative del commercio globale causate dalle drastiche misure di contenimento della pandemia ancora vigenti in alcune aree della Cina e gravanti sulla produzione.
L’inflazione ha ripreso slancio dall’inizio del 2021, passando dal 4,6% su base annua nell’ultimo trimestre del 2021 al 6,1 % nel primo trimestre del 2022. Ad aprile l’inflazione complessiva nella zona euro è salita al 7,5 %, registrando il massimo storico dell’unione monetaria, mentre secondo le previsioni nel 2022 si attesterà al 6,1 % – valore molto più alto del 3,5% stimato lo scorso inverno– , per poi scendere al 2,7 % nel 2023.
Nel secondo trimestre di quest’anno l’inflazione dovrebbe raggiungere un picco del 6,9 % per poi diminuire gradualmente mentre, a livello di UE, dovrebbe aumentare dal 2,9 % nel 2021 al 6,8 % nel 2022, per poi riscendere al 3,2 % nel 2023. Sempre secondo le previsioni, l’inflazione di fondo media dovrebbe superare il 3 % nel 2022 e nel 2023 sia nell’UE che nella zona euro.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, a livello europeo si registrerà una crescita più contenuta rispetto allo slancio del 2021, quando l’economia dell’UE ha visto la creazione di oltre 5,2 milioni posti di lavoro, che hanno attirato quasi 3,5 milioni di persone in più nel mercato del lavoro.
L’occupazione nell’Unione dovrebbe aumentare nel 2022 dell’1,2%, mentre i tassi di disoccupazione continueranno a diminuire attestandosi al 6,7 % nel 2022 e al 6,5 % nel 2023 nell’UE e al 7,3 % nel 2022 e al 7,0 % nel 2023 nella zona euro. Per quanto riguarda le persone in fuga dalla guerra in Ucraina verso l’UE, la Commissione stima che queste entreranno nei mercati del lavoro solo gradualmente, con effetti tangibili apprezzabili solo a partire dal prossimo anno.
“La forte ripresa economica dello scorso anno continuerà ad avere un impatto positivo sui tassi di crescita dell’anno in corso. Un mercato del lavoro favorevole, la riapertura post-pandemia e NextGenerationEU dovrebbero offrire ulteriore sostegno alle nostre economie e contribuire a ridurre il debito e i disavanzi pubblici”, commenta Paolo Gentiloni, Commissario per l’economia.
“Queste previsioni sono tuttavia soggette ad un’elevata incertezza e a rischi strettamente legati all’evoluzione della guerra russa. Sono possibili altri scenari che vedono una crescita inferiore e un’inflazione superiore rispetto a quanto da noi attualmente ipotizzato”, aggiunge.