Macchine Utensili, il 2021 chiude a 6,3 miliardi (+22,1%) e la ripresa proseguirà anche nel 2022

Con un valore della produzione che supera i 6,3 miliardi di euro i costruttori italiani di macchine utensili chiudono il 2021 con un incremento del 22,1% rispetto all’anno precedente. Una ripresa forte che, secondo le previsioni del Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu – Sistemi Per Produrre, proseguirà anche nel 2022, quando la produzione supererà i 7 miliardi (+10,9%) riportandosi sopra i livelli pre-pandemia. L’associazione plaude alla proroga degli incentivi 4.0, ma segnala la necessità di alcuni correttivi

Pubblicato il 14 Dic 2021

Foto: Ruggiero Scardigno

Con un valore della produzione che supera i 6,3 miliardi di euro i costruttori italiani di macchine utensili chiudono il 2021 con un incremento del 22,1% rispetto all’anno precedente. Una ripresa forte che, secondo le previsioni del Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu – Sistemi Per Produrre, proseguirà anche nel 2022, quando la produzione supererà i 7 miliardi (+10,9%) riportandosi sopra i livelli pre-pandemia.

Anche il fatturato nel 2021 è cresciuto significativamente, superando il valore di 9 miliardi di euro dopo il crollo a 7,5 miliardi registrato nel 2020 (+20% circa).

In crescita sia il consumo nazionale che l’export

Tornando ai dati di preconsuntivo relativi al valore della produzione per l’anno in corso, il risultato (6.325 milioni di euro per l’esattezza) è stato determinato dalla crescita sia delle vendite sul mercato nazionale che da quelle sui mercati esteri.

In particolare, le consegne dei costruttori italiani sul mercato interno sono cresciute del 27,8% a quota 2.965 milioni di euro. Il consumo nazionale (somma delle vendite sul mercato italiano dei costruttori italiani e di quelli esteri) è stato ancora più vivace, segnando una crescita del 30,4% per un valore pari a 4.645 milioni di euro.

Le esportazioni si sono invece attestate a quota 3.360 milioni di euro (+17,4%). Il rapporto export su produzione è ora pari al 53%.

Le esportazioni italiane di macchine utensili sono tornate a crescere nella quasi totalità dei paesi di sbocco, con l’eccezione della Cina: in Germania, primo paese di destinazione del made in Italy di settore, le vendite sono cresciute a 256 milioni di euro (+38,4%); negli Stati Uniti hanno raggiunto i 251 milioni (+9,7%), in Cina i 154 milioni (-5,3%), in Polonia i 118 milioni (+29%), in Francia i 117 milioni (+1,2%).

Il freno della carenza di componenti e materie prime

“Il 2021 si è rivelato un anno decisamente positivo per i costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione. Soltanto la carenza di alcune componenti elettriche e elettroniche e di materie prime ha impedito che a fine anno fosse recuperata interamente la perdita registrata nel 2020 in coincidenza con lo scoppio della pandemia”, ha sottolineato Barbara Colombo, presidente Ucimu – Sistemi Per Produrre. “D’altra parte rileviamo ancora un’ampia discrepanza tra l’andamento della raccolta ordini e quello del fatturato, segno dell’allungamento dei tempi di consegna dei macchinari dovuto alle attese delle forniture che noi costruttori ci troviamo a fronteggiare”.

In particolare, secondo l’indagine condotta in ottobre dal Centro Studi di Ucimu su un campione rappresentativo di imprese del settore, il 95% delle aziende dichiara di riscontrare ritardi nelle forniture. Il ritardo medio è quantificato in 3 mesi che, aggiunto al tradizionale mese e mezzo di normale attesa del materiale, fa crescere a 4 mesi e mezzo il tempo di consegna della fornitura di componenti e materiali. L’impatto di questo ritardo sui tempi di consegna della macchina è quantificato dai rispondenti all’indagine in 4 mesi. Ne risulta che il tempo medio di consegna del macchinario è attualmente di 9 nove mesi contro i 5 mesi che sono tradizionalmente assicurati dal costruttore al cliente.

Di qui la pressante richiesta da parte dei costruttori italiani di inserire in legge di bilancio una proroga per superare la “tagliola” che fissa al 30 giugno 2021 il termine che consente alle imprese manifatturiere italiane di fruire delle maggiori aliquote previste dal piano Transizione 4.0 per gli ordini effettuati e confermati entro il 31/12/2021 (50% per i beni 4.0 e 10% per i beni non 4,0 che si ridurranno rispettivamente al 40% e al 6% nel 2022). La proposta rientra tra gli emendamenti al vaglio della Commissione Bilancio del Senato.

L’orizzonte 2022

Il trend positivo registrato nel 2021 proseguirà anche nel 2022, anno che coinciderà con il pieno recupero del crollo dovuto allo scoppio della pandemia.

In particolare, secondo le previsioni elaborate dal Centro Studi UCIMU, nel 2022, la produzione crescerà a 7.015 milioni (+10,9% rispetto al 2021), trainata dal recupero delle esportazioni che si attesteranno a 3.620 milioni di euro (+7,7%) e dall’incremento delle consegne dei costruttori sul mercato interno che saliranno a 3.395 milioni di euro (+14,5%).

Anche il consumo nazionale continuerà a crescere attestandosi a 5.205 milioni di euro, pari al 12,1% in più rispetto al 2021. Sebbene in misura minore rispetto alle consegne dei costruttori, anche le importazioni beneficeranno della vivacità della domanda interna segnando un incremento del 7,7% (rispetto al dato 2020) che ne porterà il valore a 1.810 milioni di euro. Il dato di export/produzione scenderà ancora fermandosi al 51,6%

La conferma che nel 2022 proseguirà la crescita registrata nel 2021, così come evidenziato dalle previsioni, arriva anche dall’analisi del carnet ordini dei costruttori italiani relativo al terzo trimestre 2021 (ultimo dato disponibile) che si è attestato a 7,6 mesi di produzione assicurata, il valore più alto registrato negli ultimi 30 anni.

Secondo Colombo “Nel 2022, non soltanto avremo recuperato tutto il terreno perso con l’emergenza sanitaria ma per molti indicatori riusciremo a tornare ai livelli record del 2018 perché il mercato, specialmente quello interno, è davvero effervescente. In particolare, a fronte di una ripresa più lenta dell’attività sui mercati esteri dovuta alle misure restrittive che ancora interessano la mobilità delle persone, rileviamo invece una grande vivacità della domanda italiana sostenuta, almeno in parte, dagli incentivi governativi per i nuovi investimenti in tecnologia di produzione”.

Bene la proroga degli incentivi al 2025, ma la riduzione delle aliquote è troppo brusca

Ucimu è soddisfatta della proroga prevista per il piano Transizione 4.0 nell’attuale disegno di legge di bilancio, che prevede il prolungamento degli incentivi per l’acquisto di macchinari interconnessi fino al 2025, se pure al prezzo di un sostanziale dimezzamento delle aliquote.

“La conferma dell’operatività di queste misure almeno fino a tutto il 2025 è sicuramente di una buona notizia perché il processo di aggiornamento e trasformazione digitale delle fabbriche italiane è ancora in piena fase di dispiegamento e va in ogni modo sostenuto e stimolato”.

Se pure in un quadro quindi di generale apprezzamento, la presidente segnala “alcune correzioni, necessarie affinché le stesse misure previste dal piano risultino realmente efficaci”.

Il primo punto, come accennato, è la richiesta di una proroga per le consegne dei beni ordinati nel 2021. E poi, sempre sui macchinari 4.0, c’è il nodo delle aliquote. “Pur comprendendo la necessità di ridurre le aliquote, chiediamo di adottare un décalage più morbido così da accompagnare in modo graduale l’uscita dagli incentivi fissata al 2025”.

Oltre agli incentivi per l’acquisto dei beni 4.0 Ucimu segnala però l’opportunità di confermare anche gli incentivi per l’acquisto di macchinari non 4.0 e per la formazione 4.0.

Per quanto riguarda il credito d’imposta per i macchinari non 4.0, che non è stato confermato per il periodo 2023-2025, “I provvedimenti di incentivo alla sostituzione di macchinari obsoleti e alla digitalizzazione degli impianti produttivi dovrebbero a nostro avviso divenire strutturali così da accompagnare le aziende manifatturiere italiane – per lo più PMI a conduzione familiare e dunque con limitata disponibilità ad investire – in un processo di aggiornamento continuo”, dice Colombo. “L’evidenza del beneficio derivante da questa operazione è dimostrata dai risultati dell’indagine su Il Parco Macchine Utensili installato nelle imprese metalmeccaniche italiane, realizzata da UCIMU e presentata nella primavera scorsa, da cui si evince che non solo è cresciuto il numero dei macchinari acquisiti, ma che è anche cresciuto il tasso di digitalizzazione presente nelle fabbriche, misurato dalla presenza delle macchine a CNC”.

In particolare – conclude Colombo – “nel periodo 2015-2019, in coincidenza dei piani per la transizione 4.0, sono entrate nelle fabbriche italiane 60.000 nuove macchine, il 50% in più delle macchine acquisite nel quinquennio precedente quando erano risultate meno di 40.000. Inoltre, nell’ultima rilevazione, il 60% delle nuove macchine è risultato dotato di CNC, contro il 37% della rilevazione precedente (2014)”.

Quanto al credito d’imposta per la formazione 4.0, anch’esso non confermato e quindi in vigore solo fino al 31/12/2022, l’associazione chiede la proroga. “Mai come oggi appare evidente a chi opera nel mondo dell’impresa l’importanza della formazione e dell’aggiornamento del personale che deve operare su macchine e tecnologie di ultima generazione e in contesti decisamente più complessi del passato”.

L’intervista ad Alfredo Mariotti

Valuta la qualità di questo articolo

Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 3