Transizione 4.0, tempi più lunghi per le consegne e ritocchi alle aliquote: ecco i correttivi chiesti da Confindustria

In occasione dell’audizione parlamentare sul disegno di legge di Bilancio Confindustria ha presentato i suoi rilievi e le proposte di correzione alla manovra. Tra le richieste relative al piano Transizione 4.0 l’estensione dei termini per la consegna dei beni ordinati nel 2021 e nel 2022, un ritocco alle aliquote per il periodo 2023-2025 e una revisione del quadro sanzionatorio per le imprese che fruiscano indebitamente dei crediti d’imposta per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione.

Pubblicato il 24 Nov 2021

confindustria

In occasione dell’audizione parlamentare sul disegno di legge di Bilancio, tenutasi lo scorso 22 novembre presso le Commissioni Bilancio del Senato e della Camera dei Deputati, Confindustria ha presentato i suoi rilievi e le proposte di correzione alla manovra.

Un documento, quello depositato in audizione, fortemente critico, in cui l’organizzazione datoriale sostiene che, nonostante alcuni interventi positivi, la Manovra di bilancio non faccia “segnare un passo avanti significativo verso la modernizzazione del Paese”.

L’impostazione del DDL di Bilancio, infatti, “risponde certamente all’esigenza di accompagnarlo lungo il sentiero di uscita dalla crisi, ma non sembra in grado di sostenere quelle istanze trasformative, dell’economia e della società italiane, che sono alla base anche di NGEU (il Next Generation EU, ndr)”.

I punti critici sono diversi, soprattutto sul versante fiscale. In una recente intervista, Carlo Bonomi ha infatti chiarito come gli 8 miliardi previsti per la rimodulazione del carico fiscale attraverso una riduzione del cuneo sono pochi: “Ce ne vorrebbero almeno 13”, ha tuonato il presidente degli industriali, proprio nel momento in cui i sindacati chiedono che quelle risorse vadano assegnate ai lavoratori e non alle imprese.

Nel ciclone delle critiche, se pur in tono minore, è entrata anche la proroga con rimodulazione (leggasi dimezzamento) del piano Transizione 4.0 per il periodo 2023-2025. Un provvedimento importante nell’intenzione, ma probabilmente un po’ troppo severo nell’allocazione delle aliquote, come ha ammesso recentemente anche un esponente del Ministero dello Sviluppo Economico.

Le proposte di Confindustria per migliorare il piano Transizione 4.0

Ma veniamo alle critiche di Confindustria. Come sappiamo, il disegno di legge di Bilancio non prevede nessun intervento ulteriore per il 2022, anno per il quale la scorsa legge di bilancio ha già previsto aliquote in leggero décalage rispetto a questo 2021.

Tuttavia, secondo Confindustria, l’intervento programmato non poteva tenere conto dello scenario che ci ha presentato il 2021, con seri problemi legati all’approvvigionamento delle materie prime – dall’acciaio all’elettronica – con cui vengono realizzati i macchinari il cui acquisto viene incentivato. Ed è proprio qui la prima proposta: Confindustria chiede infatti l’estensione dei termini per la consegna dei beni ordinati nel 2021 e nel 2022, attualmente fissati al 30 giugno dell’anno seguente, spostandoli rispettivamente al 31 dicembre 2022 e 2023. Una modifica – spiega il documento – “necessaria per tenere conto degli inevitabili ritardi dovuti alla carenza di materie prime e componenti”.

Il secondo punto riguarda “la drastica riduzione delle aliquote del credito d’imposta per gli investimenti 4.0 a partire dal 2023, che rende la misura meno attrattiva per le imprese e poco efficace nell’orientare le scelte di investimento verso modelli 4.0”.

Pur comprendendo Confindustria l’esigenza di “un graduale décalage“, a fronte di risorse limitate disponibili per il rinnovo, si tratta di un taglio troppo netto. Ricordiamo infatti che, per la prima fascia di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, l’aliquota 2021 è pari al 50%, quella per il 2022 al 40% e quella dal 2023 al 2025 al 20%. Per questo la proposta è di “fissare un’aliquota del 30% almeno per gli investimenti fino a 2,5 milioni”.

Altra richiesta è invece relativa ai beni immateriali non 4.0. Si tratta di un incentivo introdotto per la prima volta quest’anno, con un’aliquota al 10% per il 2021 e al 6% per il 2022. Il DDL di Bilancio non ne prevede il rinnovo dal 2023 in poi.  Confindustria ritiene che invece “sarebbe opportuna una proroga degli incentivi, soprattutto per consentire alle imprese di completare l’integrazione di software gestionali”.

Non solo: “per l’agevolazione in vigore per gli esercizi 2021 e 2022 sarebbe utile integrare la normativa prevedendo, analogamente a quanto avviene per i beni immateriali dell’allegato B, la possibilità di acquisizione tramite soluzioni di cloud computing”.

Ancora, al fine di “finalizzare al meglio gli investimenti per le transizioni”, Confindustria chiede che sia “potenziato e reso più strutturale il ricorso alla domanda pubblica di innovazione, destinando una quota minima di spesa delle amministrazioni medio-grandi agli appalti di innovazione”.

E poi c’è il credito d’imposta per le attività di ricerca, sviluppo, innovazione e design. Anche in questo caso, la proroga a partire dal 2023 prevede di fatto un dimezzamento delle aliquote, a fronte di una proroga fino al 2031 per ricerca e sviluppo e al 2025 per innovazione e design.

Sul punto Confindustria ritiene che si debba intervenire su tre fronti.

Il primo è “aumentare l’aliquota prevista per il credito d’imposta R&S&I, dal 2023 al 2031, portandola al 20%, anche per i ridurre il gap con i nostri competitor (a partire dalla Francia, dove il credito d’imposta per R&S&I è pari al 30% degli investimenti fino a 100 milioni di euro e al 5% oltre questa soglia)”.

Il secondo è “introdurre fino al 2031 un credito d’imposta per gli investimenti in R&S&I realizzati da imprese residenti e da stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti che svolgono queste attività su commessa estera”.

Il terzo invece riguarda lo spinoso tema del quadro sanzionatorio per le imprese che fruiscano indebitamente dei crediti d’imposta. Sulla vicenda – vale la pena ricordarlo – il Decreto Fiscale ha previsto una “sanatoria” per i crediti fruiti in relazione agli anni 2015 – 2018. Ma non c’è stato l’atteso intervento che sistemi, una volta per tutte, la questione sul piano legislativo. DIn qui l’esplicita richiesta di Confindustria: “Ferma la più grave risposta per i comportamenti fraudolenti, occorre infatti ricondurre l’errata individuazione del presupposto costitutivo delle agevolazioni fiscali nell’alveo dei crediti non spettanti e non, come attualmente accade, dei crediti inesistenti” con conseguenze – aggiungiamo – anche sul piano penale.

Il documento

Audizione+DDL+Bilancio+2022+-+22+novembre+2021

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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