Proroga Transizione 4.0, il pasticcio dei tetti unici per il triennio 2023-2025: errore o scelta voluta?

Nella proroga del piano Transizione 4.0 per il periodo 2023-2025 contenuta nel disegno di legge di bilancio per il 2022, appena approdato al Senato, il Governo da una parte rimedia all’errore della vecchia legge di bilancio sui tetti di spesa per i beni immateriali 4.0; dall’altro ne commette uno persino peggiore – ammesso che di errore si tratti e non di precisa scelta – sui beni materiali 4.0, stabilendo un tetto di spesa unico per il tutto il triennio.

Pubblicato il 16 Nov 2021

Transizione 4.0 cos’è e come aiuta le imprese a essere competitive


Da una parte si rimedia all’errore della vecchia legge di bilancio sui tetti di spesa per i beni immateriali 4.0; dall’altro se ne commette uno persino peggiore – ammesso che di errore si tratti – sui tetti di spesa per i beni materiali 4.0. Stiamo parlando della proroga del piano Transizione 4.0 per il periodo 2023-2025 contenuta nel disegno di legge di bilancio per il 2022, appena approdato al Senato.

Iniziamo subito da quest’ultimo: un “dettaglio” che – se non verrà sistemato nel percorso di conversione in legge – potrebbe costare caro alle imprese italiane.

Beni materiali, tetto unico per tutto il triennio: errore o svista?

L’articolo 10, comma 1, alla lettera b) prevede quanto segue

b) dopo il comma 1057 è inserito il seguente:
“1057-bis. Alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 31 dicembre 2025, ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro, e nella misura del 5 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro”.

La norma, dunque, dispone in primo luogo il dimezzamento delle aliquote. Vale la pena ricordare che per questo 2021 l’incentivo prevede un credito d’imposta pari al

  • 50% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 30% per investimenti fino a 10 milioni di euro
  • 10% per investimenti fino a 20 milioni di euro

Mentre per il 2022 i tre scaglioni sono

  • 40% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 20% per investimenti fino a 10 milioni di euro
  • 10% per investimenti fino a 20 milioni di euro

Dal 2023 al 2025 diventano

  • 20% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro
  • 10% per investimenti fino a 10 milioni di euro
  • 5% per investimenti fino a 20 milioni di euro

Una riduzione forte, compensata dal più lungo periodo temporale di riferimento.

Peccato che proprio il fattore tempo contenga un’altra sorpresa: il testo infatti raggruppa l’intera proroga in un’unica disposizione che copre l’intero triennio. Stando quindi ai riferimenti letterali della norma, Se un’azienda investe 2,5 milioni nel 2023 e 1 milione nel 2024, per quest’ultimo investimento non godrà più della prima, maggiore aliquota del 20%, ma passerà nella seconda fascia, quella del 10%. Le tre fasce da 2,5, 10 e 20 milioni diventano quindi, a differenza da quanto accade oggi, un limite per il triennio e non per le singole annualità.

Un errore o una scelta voluta? Il Sole24Ore ritiene si tratti di una svista, richiamando le tabelle della relazione tecnica, dove il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha “suddiviso l’incentivo prorogato in tre distinte annualità (2023, 2024, 2025) per ciascuna delle quali viene riportato un “limite investimenti” pari a 20 milioni”.

Il passaggio in parlamento dovrebbe prevedere, se si tratta di errore, la correzione delle diciture “per la quota di investimenti” in “per la quota di investimenti annuali” nelle tre ricorrenze. Staremo a vedere.

Beni immateriali 4.0, il limite è di 1 milione all’anno

Di tenore opposto quanto invece previsto dai successivi commi c) e d) dedicati al credito d’imposta per gli investimenti in beni immateriali (software) 4.0.

Anche qui ricordiamo per comodità la progressione temporale dell’incentivo.

  • 2021 aliquota al 20%
  • 2022 aliquota al 20%
  • 2023 aliquota al 20%
  • 2024 aliquota al al 15%
  • 2025 aliquota al 10%.

A fare il pasticcio era stata la vecchia legge di bilancio, che per le annualità 2021 e 2022 aveva previsto un unico tetto di spesa a 1.000.000 di euro.

La nuova disposizione invece riscrive la norma anche per il 2022.

La lettera c) prevede esplicitamente, per il periodo 2022-2023, che l’incentivo si applichi “nel limite massimo annuale di costi ammissibili”.

c) il comma 1058 è sostituito dal seguente:
“1058. Alle imprese che effettuano investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2023, ovvero entro il 30 giugno 2024, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2023 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 20 per cento del costo, nel limite massimo annuale di costi ammissibili pari a 1 milione di euro. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all’utilizzo dei beni di cui al predetto allegato B mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza”.

La successiva lettera d) dispone il rinnovo per le annualità successive creando due distinti articoli dedicati rispettivamente al 2024 e al 2025. In ciascuno dei due nuovi articoli si ripotrta il limite del milione di euro, che dunque vale separatamente per ciascuna annualità.

d) dopo il comma 1058 sono inseriti i seguenti:
“1058-bis. Alle imprese che effettuano investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2024, ovvero entro il 30 giugno 2025, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2024 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 15 per cento del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all’utilizzo dei beni di cui al predetto allegato B mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza.
“1058-ter. Alle imprese che effettuano investimenti aventi ad oggetto beni compresi nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 1° gennaio 2025 e fino al 31 dicembre 2025, ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 10 per cento del costo, nel limite massimo di costi ammissibili pari a 1 milione di euro. Si considerano agevolabili anche le spese per servizi sostenute in relazione all’utilizzo dei beni di cui al predetto allegato B mediante soluzioni di cloud computing, per la quota imputabile per competenza.”

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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