Il paradigma dell’economia circolare sta diventando sempre più importante nella manifattura, sotto la spinta regolatoria delle politiche adottate dai governi per promuovere una maggiore sostenibilità, ma anche in risposta alle esigenze dei consumatori, che vogliono prodotti sostenibili e realizzati con processi sostenibili.
Un paradigma che per il settore manifatturiero rappresenta una vera e propria sfida. L’economia circolare, infatti, si basa su diverse strategie che estendono il ciclo di vita del prodotto attraverso il riutilizzo, il riciclaggio, la rigenerazione e la riprogettazione di prodotti e materiali circolari, al fine di ridurre i rifiuti.
Vanno quindi ripensati i processi e le relazioni, non solo internamente a livello di singola azienda e stabilimento, ma a livello di tutta la catena di fornitura. Un cambiamento che può avvenire soltanto sfruttando le potenzialità delle tecnologie digitali, che nella quarta rivoluzione industriale hanno raggiunto la giusta maturità per creare ecosistemi in grado di abilitare aziende data-driven, imprese in grado di efficientare i processi e l’utilizzo delle risorse grazie ai dati raccolti.
Proprio la riaffermazione di questo legame inscindibile tra digitale e sostenibilità è stata al centro del World Manufacturing Forum (WMF) di Cernobbio, giunto quest’anno alla sua nona edizione, e del suo rapporto annuale, presentato oggi dal professor Marco Taisch, Scientific chairman del WMF.
Il rapporto, dal titolo “Digitally enabled circular manufacturing” identifica i trend chiave per il passaggio a una manifattura circolare, le tecnologie abilitanti e gli ostacoli da superare. Fornisce, inoltre, dieci raccomandazioni per guidare le aziende e i governi verso una transizione sostenibile di successo.
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Verso la manifattura circolare: come cambierà la produzione nei prossimi anni
La spinta verso il passaggio a un’economia circolare sta diventando, negli ultimi anni, sempre più forte. Se nel passato era guidata principalmente dall’impegno alla lotta ai cambiamenti climatici, e dalle conseguenti politiche messe in atto, negli ultimi due anni si è cercato di affiancare a questa linea narrativa una maggiore attenzione sulle opportunità economiche che possono nascere da questa transizione
Lo confermano anche i dati dell’Ocse, secondo cui i principali fattori di spinta verso la transizione a un’economia circolare sono il cambiamento climatico (73%), gli obiettivi globali (52%) e cambiamenti socio-economici (51%), a cui si aggiungono proprio la creazione di nuovi posti di lavoro (47%), iniziative del settore privato (46%), nuovi modelli di business (43%), sviluppo tecnologico e attività di ricerca e sviluppo (entrambi al 43%).
Secondo il rapporto del WMF, il futuro della produzione vedrà uno sviluppo graduale verso un’industria manifatturiera circolare di alta qualità, in cui la domanda di materie prime difficili da reperire verrà soddisfatta da materie prime già presenti nella catena del valore.
Questo passaggio sarà mirato al raggiungimento di cinque obiettivi strategici. Il primo riguarda la scelta dei materiali, che dovrebbe tenere già in conto il loro riutilizzo futuro.
Il passaggio verso un’economia circolare, infatti, inizia con il ripensamento della progettazione iniziale e della fabbricazione del prodotto, considerando il riutilizzo della seconda vita del prodotto o la riciclabilità dei materiali. Un esempio di questo potrebbe passare da materie prime critiche, come i metalli e i minerali, a materie prime generalmente disponibili per prodotti sempre più complessi.
Il secondo obiettivo strategico riguarda la conservazione e il riutilizzo dei materiali. Sempre più spesso, i produttori stanno cogliendo nuove opportunità offerte dall’Internet of Things e in alcuni casi, passando a un modello più basato sui servizi. A questo proposito, le aziende manifatturiere dovrebbero sviluppare processi e sistemi per il ritiro e rimettere a nuovo i beni per un secondo ciclo di vita.
In questo ambito, la tecnologia di tracciamento potrebbe rivoluzionare la capacità dei produttori di fare questo. Hanno bisogno di capire i flussi di materiale dei loro prodotti, in modo da poter pianificare e facilitare il ciclo successivo. Questa nuova capacità sta guidando un cambiamento rivoluzionario tra i produttori, molti dei quali sono già desiderosi di usarla per ottimizzare i processi di produzione e migliorare il servizio ai clienti.
Il terzo obiettivo riguarda lo sviluppo di nuovi modi di produrre. Passare al Circular Manufacturing, infatti, implica un cambiamento dei materiali, delle macchine, dei prodotti e dei processi, che hanno tutti un impatto sul modo di progettare il lavoro.
La futura economia globale di prodotti e servizi richiede grandi volumi di materie prime ed energia. A tal fine, c’è un reale bisogno di nuovi sistemi di produzione che usino sofisticate tecnologie di stampa e che includano prodotti fatti di materiali autorigeneranti e mutevoli che possano prolungare la loro durata di conservazione.
Il quarto trend strategico a questo cambiamento è il passaggio verso una manifattura basata sul servizio e non più sul prodotto. In passato, i produttori si sono concentrati soprattutto sulla vendita di beni ai clienti. Con l’avvento dell’Industria 4.0, già molte aziende hanno avviato il percorso di servitizzazione dei prodotti.
Un percorso che deve essere accelerato, perché, in un mondo in cui si vuole minimizzare lo spreco, è molto meglio per i produttori mantenere la proprietà, vendendo invece un servizio al cliente. Per i clienti, questo tende a significare che ottengono un servizio migliore, con la manutenzione e la qualità al centro. I produttori, a loro volta, possono garantire la manutenzione del prodotto e mantenerlo in buone condizioni, prima del suo prossimo ciclo.
Il quinto obiettivo strategico riguarda il passaggio da materie prime fossili a materie prime rinnovabili e l’eliminazione dell’uso di prodotti chimici tossici. L’economia circolare è infatti un sistema industriale che è riparativo o rigenerativo per intenzione e progettazione.
Sostituisce il concetto di fine vita con il restauro, si sposta verso l’uso di energia rinnovabile, elimina l’uso di sostanze chimiche tossiche che ostacolano il il riutilizzo, e mira all’eliminazione dei rifiuti attraverso il design superiore di materiali, prodotti, sistemi e modelli di business.
Per esempio, presto sarà possibile in gran parte sostituire i carboni fossili con carboni a ciclo breve. Questo è già stato realizzato su piccola scala con prodotti chimici pesanti pesanti come l’etanolo, il metanolo, il butanolo e l’acido acetico. l’acido acetico. Se usato correttamente, questo contribuisce a ridurre CO2 e riduce la dipendenza da materie prime scarse o volatili materie prime scarse o volatili.
Le dieci raccomandazioni del WMF per il passaggio a una manifattura circolare
Anche quest’anno il Comitato Scientifico ha individuato, nell’ambito del WMF Report, dieci raccomandazioni relative al focus dello studio.
Queste sono volte a rimuovere gli ostacoli che hanno bloccato, e continuano a frenare, il passaggio verso una manifattura circolare e, più in generale, verso l’economia circolare.
1) Lavorare sul mindset delle imprese
La prima proposta è quella di promuovere una mentalità aziendale che abbracci le opportunità della circular economy e il ruolo abilitante delle tecnologie digitali. La scarsa comprensione del ruolo che le tecnologie digitali possono ricoprire nella promozione di un’economia più sostenibile e una cultura ancora non orientata alla sostenibilità rientrano, infatti, tra i principali ostacoli individuati dall’Ocse per il passaggio a una circular economy.
Le aziende dovrebbero, dunque, comprendere che questa transizione rappresenta non più una possibilità, ma un passaggio inevitabile e passare da un approccio difensivo – dove si prendono azioni in risposta a stimoli esterni – a uno più reattivo.
Un cambiamento di visione che, tra l’altro, gli permetterebbe di avere un vantaggio competitivo sul mercato. Per fare ciò occorre però definire gli indicatori strategici (o kpi) relativi alla circolarità nella manifattura.
Inoltre, questo obiettivo non può prescindere dall’educazione dei cittadini, che devono essere portati a scegliere modelli di consumo più sostenibili.
2) Stimolare la domanda
La seconda proposta si aggancia a quest’ultimo punto e si concentra sull’educazione alla responsabilità del consumatore, proattività, e un processo decisionale consapevole.
I consumatori devono capire cosa significa la circolarità e come le loro azioni hanno un impatto su di essa. Questa proposta punta a rendere i consumatori in grado di prendere decisioni informate quando acquistano nuovi prodotti ed essere consapevoli di come vengono usati e alla fine smaltiti in modo sicuro per l’ambiente.
I consumatori devono rendersi conto che sono parte di una comunità più grande, che è influenzata dalle loro scelte e azioni individuali. Devono, inoltre, assumere un ruolo ancora più proattivo ed esigere dalle aziende prodotti sostenibili e trarre il massimo vantaggio dall’offerta della sharing economy, concrentrandosi maggiormente sull’utilizzo del servizio e non sul possesso del prodotto.
3) Coinvolgere gli stakeholder
E poiché questa non è una trasformazione che può avvenire senza la cooperazione di tutti gli attori coinvolti, la terza proposta riguarda, dunque, proprio favorire la cooperazione tra gli stakeholders rilevanti nella costruzione delle catene del valore circolari e nell’implementazione delle tecnologie.
Un obiettivo che richiede la condivisione di informazioni lungo tutto la catena del valore e gli attori coinvolti, che può essere raggiunta solamente promuovendo standard condivisi, certificazioni, e metriche di sostenibilità comuni.
4) Pensare a nuovi modelli di business
La quarta proposta è quella di promuovere modelli di business e value propositions che abbraccino la circolarità, attraverso il passaggio ai modelli “product as-a-Service” e tenendo a mente il recupero, la rilavorazione e il riutilizzo dei prodotti fin dalla fase della loro progettazione.
A questo proposito, la proposta suggerisce modelli di business che consentano, ad esempio, ai produttori di comprare dai consumatori i prodotti usati per dargli una nuova vita. In questo modo, anche i consumatori avrebbero un ruolo più attivo nel sistema e i governi potrebbero pensare all’introduzione di incentivi che facilitino questo scambio.
I produttori, inoltre, possono anche approfittare delle piattaforme di simbiosi industriale per scambiare beni in eccesso con altre organizzazioni per utilizzarli nella produzione. La creazione di questo mercato dei rifiuti offre vantaggi sia per i produttori che per i consumatori che sono legati da obiettivi condivisi nella transizione verso l’economia circolare.
E, dal momento che tra i principali ostacoli al passaggio alla circular economy, vi sono politiche governative inadeguate, la quinta proposta è proprio quella di implementare politiche globali che riconoscano le tecnologie digitali come principali abilitatori del manifatturiero circolare.
Questo obiettivo richiede un maggiore impegno per iniziative di promozione della circular economy su scala globale, oltre che politiche volte a ridurre il gap digitale tra i Paesi più sviluppati e quelli in via di sviluppo.
5) Promuovere centri di innovazione digitale
Inoltre, è necessario anche promuovere centri di innovazione digitale.
Lo sviluppo di sandbox e testbeds permetterà alle aziende di imparare e sperimentare nuove tecnologie in ambienti controllati e innovare come risultato di tale apprendimento e sperimentazione.
6) Prevedere incentivi adeguati
La sesta proposta riguarda la promozione di misure economiche che guidino la transizione all’economia circolare e l’adozione di tecnologie abilitanti, attraverso la creazione di schemi di tassazione per guidare l’efficienza delle risorse e l’uso di materiali secondari.
A questi si devono aggiungere incentivi rivolti alle imprese e agli investitori per promuovere gli investimenti in progetti di economia circolare e incentivi rivolti ai consumatori per promuovere comportamenti responsabili.
7) Formare le competenze
Tra le proposte, non poteva mancare quella di formare la forza lavoro per il manifatturiero circolare abilitato dal digitale, attraverso percorsi che mirino a fornire le competenze necessarie per utilizzare le tecnologie abilitanti e quelle che serviranno per le nuovi professioni emergenti legate alla transizione verde.
Una formazione che deve avvenire già a livello scolastico, con il rafforzamento dell’offerta incentrata sulla sostenibilità e sul digitale per promuovere nei giovani cittadini la mentalità giusta.
8) Puntare sulle decisioni basate sui dati
Per effettuare la transizione, inoltre, occorrerà fare leva sui dati per supportare la transizione circolare nel settore manifatturiero (ottava proposta), promuovendo una cultura aziendale data-driven e la condivisione di dati lungo tutta la catena del valore per guidare la produzione e l’innovazione dei prodotti.
Una delle principali sfide, in questo ambito, riguarda la capacità di produrre solo quello e quanto è effettivamente necessario, ma con gli stessi ritmi della produzione di massa. Per questo, la stampa 3D viene considerata tra le tecnologie che abiliteranno questo cambiamento.
La condivisione di dati affidabili anche all’esterno dell’azienda, inoltre, può facilitare i processi di circolarità e innovazione dei prodotti. Un obiettivo che, tuttavia, pone delle sfide molto difficili nella protezione dei dati, sia a livello di sicurezza informatica, che nel rispetto delle normative vigenti.
9) Focus sulle PMI
Occorrerà, inoltre, supportare le piccole e medie imprese – che sono la spina dorsale del sistema imprenditoriale di molti Paesi – in questa transizione (nona proposta). Per fare questo, occorrerà affrontare la mancanza di informazioni sul potenziale delle tecnologie per raggiungere la circolarità, fornire capitale e aiutare a costruire una forza lavoro qualificata e aumentare l’accesso ai dati per sostenere obiettivi circolari e fare leva su nuove opportunità commerciali sostenibili.
10) Attenzione alle controindicazioni
Tuttavia, come sappiamo, le stesse tecnologie digitali hanno un impatto ecologico a volte non trascurabile, soprattutto per quanto riguarda il consumo energico. Ecco quindi che l’ultima proposta del rapporto del WMF riguarda proprio la necessità di affrontare l’impatto ecologico del digitale.
Per fare ciò, occorre un approccio olistico e realistico da parte delle aziende, per valutare l’impatto effettivo di queste tecnologie. Sarà indubbiamente necessario fare leva sulle energie rinnovabili per rispondere all’alta richiesta energetica che continuerà a emergere nel passaggio a una manifattura data-driven.
Inoltre, i responsabili politici dovrebbero anche introdurre misure che valutino e controllino la sostenibilità dell’uso della tecnologia e garantire che le aziende siano anche responsabili di qualsiasi conseguenza involontaria di tale uso. Per
esempio, le politiche per una migliore gestione dei rifiuti elettronici dovrebbero essere incoraggiate in più Paesi.
Promuovere l’informazione e incoraggiare il dialogo tra i diversi attori riguardo i benefici e i costi potenziali (compresi eventuali costi non intenzionali per l’ambiente) dell’implementazione della tecnologia sarà sempre più importante nella transizione verso la produzione circolare.
La video intervista a Marco Taisch
Il documento
2021 World Manufacturing Report-compresso