La tecnologia e le macchine accompagnano l’uomo dall’alba dei tempi e presto, grazie alla diffusione di nuove evoluzioni e innovazioni, assisteremo a una nuova era in cui robot e sistemi intelligenti saranno presenti ovunque e diventeranno quei partner che ci aiuteranno a fare molto di più di quanto possiamo fare da soli.
E questa nuova realtà è sempre più evidente: non è un caso che nel documento di Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale (IA), messo a punto per il Mise da un gruppo di esperti, dà un ruolo centrale al rapporto uomo-macchina e considera l’IA come parte di un ecosistema tecnologico più vasto. In base alle linee sull’etica dell’IA indicate dalla più ampia strategia europea, viene evidenziata la natura pervasiva di tale tecnologia e il suo impatto sulla sfera decisionale dell’individuo.
Gli interventi che vengono proposti si ispirano pertanto a una visione antropocentrica dell’IA, in cui tale tecnologia non deve sostituire l’intelligenza umana, ma deve essere complementare e funzionale ad essa. Per questo sono anche richieste politiche sociali adeguate. È infatti di fondamentale importanza che venga rispettata la sfera privata del cittadino e che gli venga fornita un’adeguata informazione e formazione per l’utilizzo dei sistemi di IA. Un altro aspetto importante è la formazione di figure con competenze digitali adeguate, perché l’impatto sul mondo del lavoro sarà rilevante con la scomparsa di molti mestieri e la creazione di nuove professionalità.
L’obiettivo della Strategia è una RenAIssance italiana come un Rinascimento Industriale reso possibile dall’IA, ma che deve essere governato attraverso la stessa tecnologia con azioni di smart government e con il pieno coinvolgimento della Pubblica Amministrazione (PA). Si deve pensare a una vera e propria rivoluzione copernicana nella quale la Pa diviene user-centric, attraverso “la reingegnerizzazione dei processi, il riutilizzo dei dati e l’interoperabilità tra amministrazioni”. Dal punto di vista industriale vanno promosse le competenze per sfruttare appieno le potenzialità che offre l’IA embedded.
Per realizzare tutto questo però è necessario coinvolgere la comunità scientifica e industriale italiana che si occupa di robotica cognitiva, quella disciplina che, avendo come riferimento l’essere umano, sia dal punto di vista comportamentale che intellettuale, studia l’interazione tra robot e persone, per ambedue gli aspetti tecnologici e sociali. Una delle applicazioni importanti a riguardo è la robotica di servizio.
Il rapporto 2020 della International Federation of Robotics evidenzia come le applicazioni tipiche della robotica di servizio sono i robot umanoidi assistenti personali nelle abitazioni private, negli ospedali e nelle case di cura. Settori importanti sono anche quelli che riguardano i robot per uso domestico e i robot per intrattenimento e per compiti educativi. Un campo di ricerca della robotica cognitiva che diventa sempre più rilevante riguarda la cyber security connessa a tali sistemi. L’uso di robot personali all’interno delle case comporta uno stretto contatto con le persone. Con i loro sensori accumulano dati relativi alle abitudini e alle problematiche mediche delle persone, nonché a varie informazioni sugli ambienti di vita e di lavoro. Con i loro attuatori intervengono in modo pervasivo sulle attività dei soggetti monitorati e sul loro ambiente. La sicurezza informatica connessa a questi sistemi dovrà essere oggetto di adeguata attenzione.
Ad oggi, nonostante gli enormi progressi compiuti nella progettazione dei robot, gli ambienti inospitali e inesplorati rappresentano ancora un limite per l’uomo e per gli scienziati che sviluppano queste macchine. Se da un lato la selezione naturale porta avanti i geni più forti sviluppando uomini sempre più evoluti, lo stesso non può essere applicato per i robot. Credo che in futuro gli sforzi dei nostri scienziati si concentreranno sempre più su una Biorobotica o una Robotica avanzata per realizzare forme di vita artificiali dai comportamenti intelligenti in grado di svilupparsi e adattarsi in modo autonomo all’ambiente in cui si trovano. Anche se pensare a robot in grado di riprodursi ed evolversi sembra pura fantascienza, sull’argomento esiste una lunga bibliografia che affonda le sue radici già nel 1600 quando si discuteva sul punto di vista di Cartesio sugli animali come macchine. Le cose si sono davvero sviluppate dopo la rivoluzione industriale britannica e la pubblicazione di On The Origin of Species di Darwin.
Diversi scrittori già negli anni 1860-1870 hanno scritto a lungo su ciò che l’autoriproduzione e l’evoluzione delle macchine potrebbero significare per l’umanità, tra cui Samuel Butler e George Eliot. Negli anni 50, Alan Turing affermò che: “sarebbe troppo difficile per un essere umano progettare macchine predisposte all’apprendimento e capaci di adattamento, ma questo risultato è invece ottenibile usando un processo evolutivo che includa mutazioni e riproduzioni selettive”.
Ritengo quindi che l’evoluzione digitale sarà, probabilmente, un processo collaborativo tra uomo e macchina. Diverse università nel mondo stanno già lavorando allo sviluppo di una tecnologia completamente automatizzata che consenta ai robot fisici di riprodursi ripetutamente, evolvendo il loro codice genetico artificiale nel tempo per adattarsi meglio al loro ambiente.