Il manifatturiero italiano consolida la ripresa del fatturato nei primi cinque mesi del 2021, superando i livelli pre-Covid grazie alla spinta congiunta del mercato interno e dei mercati internazionali (+5,3% a valori correnti, rispetto al periodo gennaio-maggio 2019): sono i dati evidenziati dall’analisi dei settori industriali realizzata da Prometeia e Intesa Sanpaolo.
Nonostante i segnali di ripresa, resta un gap da colmare in termini di produzione (-2,6%, sempre rispetto ai primi cinque mesi del 2019), ma nettamente inferiore al ritardo accumulato dalle manifatture tedesca (-8%), francese (-7,4%) e spagnola (-5,1%).
L’analisi suggerisce che la ripresa continuerà, anche se l’incertezza legata all’andamento dei contagi e variabili quali il rialzo dei prezzi delle materie prime e le difficoltà di approvvigionamento, non consentono di stimare previsioni sui ritmi.
Indice degli argomenti
La manifattura italiana recupera sui livelli pre-Covid e accorcia il divario produttivo
Nei primi cinque mesi del 2021, l’industria manifatturiera italiana ha saputo intercettare le opportunità offerte dalla ripresa economica interna e internazionale: la crescita del giro d’affari è stata del 31% in termini tendenziali, a valori correnti (risentendo del confronto con i punti di minimo toccati in marzo e aprile dello scorso anno, durante la fase di fermo impianti) e del 5,3% rispetto ai livelli pre-Covid del gennaio-maggio 2019.
Un sostegno parziale è giunto dai prezzi, +1,9% sempre nei primi cinque mesi dell’anno, che riflettono i rincari diffusi sui mercati delle materie prime, particolarmente intensi per alcuni settori.
Anche l’indice della produzione industriale ha colmato buona parte delle perdite accusate durante la fase più acuta della crisi sanitaria 2020, registrando un +24% di crescita tendenziale nei primi cinque mesi dell’anno e accorciando a -2,6% il divario con i corrispondenti livelli produttivi del 2019.
Gli investimenti trainano la ripresa del mercato interno
Molto dinamica la componente interna del fatturato, in crescita del 7,2% rispetto ai primi cinque mesi del 2019, sempre a valori correnti.
Un vantaggio dovuto alla buona dinamica degli investimenti, che hanno registrato un aumento dell’11,4% in termini tendenziali nel primo trimestre del 2021. Anche la dinamica congiunturale (+3,7% sull’ultimo trimestre del 2020) mostra una crescita maggiore rispetto alla media europea (+0,4%).
Una performance da attribuirsi sia agli investimenti in macchinari e attrezzature sia agli investimenti in costruzioni (sostenuti dagli incentivi per l’edilizia residenziale e non residenziale, in particolare nel settore pubblico), dove il nostro
Paese ha conseguito in assoluto la performance migliore tra i concorrenti europei, a fronte di un fisiologico rallentamento degli investimenti in mezzi di trasporto.
Meno dinamici i consumi nel primo trimestre 2021, rispetto agli investimenti: il -2% di calo congiunturale in Italia è frutto di acquisti di servizi e beni semidurevoli ancora penalizzati dal permanere di restrizioni.
In aumento i consumi di beni durevoli, invece, sostenuti dagli incentivi sulle vetture a basse emissioni inquinanti (da poco rinnovati), i cui effetti sono già visibili sulle immatricolazioni: il peso dei veicoli ibridi ed elettrici (HEV) sul totale delle nuove vetture immatricolate è aumentato in misura considerevole (verso una quota del 68%), anche nel confronto con le altre maggiori manifatture europee.
Export in ripresa, con prestazioni migliori rispetto ai vicini europei
Anche la componente estera del fatturato ha superato abbondantemente i livelli pre-Covid (+2,1% rispetto ai primi cinque mesi del 2019, a valori correnti), grazie al buon andamento delle esportazioni.
L’export italiano di beni manufatti si è mostrato reattivo nell’agganciare la ripresa degli scambi mondiali, collocandosi su livelli stabilmente superiori alla situazione pre-Covid (in parte influenzata dagli strascichi della guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina e dalla crisi del settore automotive).
Un recupero più significativo di quello registrato in altri Paesi europei, come la Spagna (dove l’aumento è stato del +3,1%), della Germania (che invece registra una flessione delle esportazioni dell1,4% rispetto allo stesso periodo del 2019) e della Francia, dove il calo delle esportazioni sul periodo pre-Covid è ancora più significativo (-6,7%).
Il recupero italiano è stato sostenuto soprattutto dalla domanda proveniente dai mercati europei, dove le vendite sono cresciute del 6,2%, a fronte di un +1,4% sui mercati extra-Ue.
Il recupero di fatturato interessa quasi tutti i settori dell’industria
La dinamica positiva del fatturato e della produzione rispetto ai livelli pre-Covid riguarda tutti i settori attivi lungo la filiera delle costruzioni, compresi elettrodomestici, che nel periodo gennaio-maggio 2021 registrano un aumento di fatturato del +25,7% rispetto al corrispondente periodo 2019.
Una crescita trainata dagli incentivi e dal rinnovato verso l’ambiente domestico, in Italia e all’estero. In aumento anche il fatturato del settore dei mobili (+11,3%) grazie alla spinta ricevuta dagli incentivi e dal rinnovato interesse nel vivere l’ambiente domestico indotto dalla pandemia, anche in ottica di lavoro e studio. Una tendenza visibile anche nei dati francesi e, parzialmente, in quelli tedeschi e spagnoli (dove spicca la crescita degli elettrodomestici ma non dei mobili).
In ripresa anche il fatturato del settore dei prodotti e dei materiali di costruzione, che registra un aumento del 9,6% rispetto lo stesso periodo del 2019. In recupero, rispetto ai valori del periodo gennaio-maggio 2019, anche il settore dei beni intermedi.
Nello specifico, l’aumento del fatturato registrato è del 14,7% per la metallurgia, dell’11,8% per l’elettrotecnica, dell’1,7% per gli intermedi chimici e del 7,5% per i prodotti in metallo. Una dinamica influenzata dalla ripresa delle costruzioni e dalle spinte di recupero di altri importanti settori attivanti, quali automotive e meccanica.
Settori che hanno ripreso slancio a partire dalla seconda metà del 2020 chiudendo il gap di fatturato rispetto al pre-Covid (+5% gli autoveicoli e moto nel gennaio- maggio 2021, sul corrispondente periodo 2019, +2,8% la meccanica), ma che ancora non hanno raggiunto un pieno recupero dei livelli produttivi pre-crisi.
Il confronto con Germania, Francia e Spagna fa emergere, comunque, un’Italia più avanti nel percorso di risalita della produzione, non solo nella meccanica, settore di punta del nostro manifatturiero, sostenuto sia da un mercato interno in vivace ripresa sia da un ritrovato dinamismo dell’export di macchinari, ma anche nell’automotive, tra i settori più colpiti dai provvedimenti di lockdown 2020.
In fisiologico rallentamento, in cambio, alcuni settori meno penalizzati dalla pandemia quali farmaceutica (il cui fatturato è tornato in pari rispetto ai dati del 2019) e il settore alimentare e bevande, il cui fatturato registra un aumento del +3,6% in termini tendenziali.
Negativo il dato relativo al largo consumo, dove il fatturato è sceso dell’1,6% rispetto ai dati dello stesso periodo del 2019. Una dinamica dovuta sia a nuove abitudini di consumo (ad esempio alcune tipologie di alimenti assoggettabili a scorte, come pasta e prodotti dell’industria molitoria, e i prodotti per la detergenza della casa e della persona) che ad altre specializzazioni che ancora risentono della situazione variabile della crisi sanitaria (i comparti dell’alimentare e bevande legati al canale dell’hospitality e alla cosmetica).
Mostra ancora i segni della pandemia anche il settore della moda, tra i più legati alla socialità e al turismo: -13,7% il fatturato dei primi cinque mesi 2021, rispetto al 2019. Una dinamica riscontrata anche nei vicini Paesi europei.
La ripresa proseguirà, ma vi è incertezza sui ritmi
Gli indicatori anticipatori restano al momento concordi nel delineare attese di evoluzione ancora positiva del ciclo manifatturiero nei prossimi mesi, ma aumenta l’incertezza sul ritmo di marcia che si riuscirà a sostenere, di pari passo con il nuovo aumento dei contagi.
L’indice PMI (Purchasing Manager’s Index) manifatturiero si mantiene al momento sopra la soglia espansiva dei 50 punti raggiunta nel luglio 2020, sia in Italia sia nei Paesi europei diretti concorrenti come Germania, Francia e Spagna.
Più variabile l’andamento degli indici della Commissione europea che rilevano il clima di fiducia dell’industria manifatturiera. In Francia e Spagna, la fiducia ha toccato nuovi record nel mese di maggio (dall’estate del 2018), per cedere terreno in giugno, sulla scia di un brusco calo delle attese sulla produzione e di un affievolimento della crescita degli ordini esteri.
I due Paesi si trovano alle prese con un aumento preoccupante dei nuovi casi di contagio e intrattengono strette
relazioni commerciali con Regno Unito e Portogallo, a oggi tra i più colpiti dalla nuova ondata del virus. Variabile anche l’andamento dell’indice manifatturiero tedesco: la ripresa di fiducia in giugno resta fragile se confrontata con l’andamento dei mesi precedenti, che fa da specchio a un’industria tedesca in generale affanno nel recupero dei livelli di attività.
L’indice italiano presenta un andamento più stabile nei primi mesi del 2021, invece, dopo una dinamica 2020 altalenante, incorporando prospettive di crescita del settore manifatturiero ad oggi meno intaccate dal peggioramento dell’incertezza globale.
I progressi sul fronte della fiducia italiana in giugno si presentano diffusi dal punto di vista settoriale, con punte di miglioramento del saldo dei giudizi nella meccanica, nell’elettronica, negli intermedi chimici, nell’alimentare e bevande e nel sistema moda, dove comunque continua a restare prevalente la percezione negativa degli operatori.
L’aumento dei prezzi delle materie prime potrebbe frenare la ripresa
Nonostante i dati positivi emersi, l’industria manifatturiera si trova a fronteggiare pressioni al rialzo sui costi di approvvigionamento, che potrebbero smorzare gli effetti di ripresa del fatturato, comprimendo margini e redditività nei prossimi mesi.
Alcuni dei driver rialzisti sono di carattere transitorio, quali i colli di bottiglia nelle filiere produttive (come i semiconduttori) e l’aumento dei costi di trasporto, sia del costo dei noli sia delle tariffe container, la cui origine è da ricercarsi nell’asincronia di ripresa tra Cina ed economie avanzate.
Qualche elemento di preoccupazione in più resta per i rincari delle materie prime, i cui prezzi hanno mantenuto un profilo espansivo nel primo semestre del 2021, raggiungendo picchi senza precedenti storici recenti negli acciai, nei metalli non ferrosi, nelle plastiche e nei prodotti forestali.
Parte dei rialzi, legati a doppio filo ai trasporti e alle difficoltà dell’offerta nel tenere il passo con la domanda, è attesa rientrare in modo graduale entro fine anno. Alcune commodity, tuttavia, sono destinate a mantenere quotazioni strutturalmente più elevate, sostenute dai piani di stimolo all’economia varati dai diversi governi del mondo e dalla spinta alla transizione ambientale.
Quest’ultima potrà imporre, inoltre, extra-costi ai settori più energivori, legati ai diritti di emissione e all’introduzione di un sistema di tassazione dei prodotti a carbon footprint, che stanno già destando preoccupazione tra gli operatori e che potrebbero essere traslati lungo le filiere, penalizzando i comparti più frammentati e/o collocati a valle dei processi produttivi.