L’invito è a fare in fretta. Perché l’effetto che il piano Industria 4.0 del governo potrà avere sulla manifattura italiana e sui programmi di investimento dipende dai tempi con cui le norme potranno scaricare a terra il loro potenziale. Fuor di metafora, dai tempi con cui saranno pubblicati i chiarimenti che permetteranno di passare dalla teoria alla pratica e daranno gli strumenti agli imprenditori per concorrere agli incentivi. È questa l’opinione che si sono fatti in Assinform, l’associazione confindustriale dell’information technology, che ha affiancato il Ministero dello Sviluppo economico nella stesura del programma.
“Speriamo che il piano industria 4.0 riesca a essere supportato da linee guida chiare. Siamo tutti in attesa di vederle e dovrebbero arrivare entro marzo”, spiega Giancarlo Capitani, professore del Politecnico e amministratore delegato di Net Consulting, società che affianca Assinform nella realizzazione del suo programma. Tanto che il docente avverte: “L’impatto del piano Industria 4.0 potrebbe essere limitato se non saranno pubblicati rapidamente questi chiarimenti, visto che l’orizzonte è il 31 dicembre e rischia di rimanere poco tempo per scaricare a terra gli incentivi di questo programma”.
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Indicazioni chiare
“Bisogna declinare bene il piano per aiutare gli imprenditori a capirlo e a utilizzare questi incentivi”, è l’opinione di Capitani, che aggiunge: “Questo non è un piano di finanziamenti ma di incentivi, quindi presuppone che siano aziende sane a investire, che abbiano non solo la disponibilità finanziaria ma anche la visione. È un buon piano che deve essere accompagnato da una buona e veloce esecuzione”. “Il beneficio fiscale è semplice, gli imprenditori sanno come si opera, ma serve visione di innovazione”, aggiunge Agostino Santoni, che di Assinform è il presidente.
Cosa serve fare
Anche se i numeri dell’associazione sono positivi, c’è ancora da lavorare. “Il problema culturale del mondo imprenditoriale italiano è che non ha capito gli effetti della digitalizzazione”, puntualizza Capitani. “Bisogna creare le competenze”, insiste Santoni, che ricorda la collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione, Assinform e Confindustria digitale per lavorare sin dalle scuole sulle abilità necessarie ai nuovi professionisti dell’industria digitale.
Questione di “strade”
Per Capitani ci sono altri due elementi che possono determinare il salto in avanti delle piccole e medie imprese nel settore digitale o un loro freno. Il primo è l’esito del piano banda larga del governo. “Il piano è sufficiente sulla carta, tenuto conto che è entrato un nuovo operatore sul mercato, Open Fiber, ma ritengo che sia insufficiente nei tempi di esecuzione, perché sono molto lunghi”, commenta il docente. Il secondo passaggio riguarda il piano di trasformazione digitale della pubblica amministrazione, che dovrebbe generare investimenti a cascata sulle aziende del settore informatico. Capitani osserva che “la legge di stabilità prevede che in tre anni la pubblica amministrazione debba fare un risparmio dei costi operativi del 50% per reinvestire le risorse in progetti innovativi, ma noi non sicuri che travaso sia automatico”.