Il tema del trasferimento tecnologico è fondamentale perché arrivino a compimento e abbiano successo quei percorsi di crescita e trasformazione abilitati dalle tecnologie digitali. In altre parole, la “mano pubblica” deve mettere in campo le risorse necessarie a sostenere quelle infrastrutture – centri di ricerca, ma non solo – che sappiano mettere know how e competenze a disposizione di quelle (tante) piccole imprese che non sono in grado di svilupparsele in casa.
In Italia questa infrastruttura è stata censita dall’Atlante I4.0, che ha registrato quasi 700 strutture, il che non è una buona notizia perché sintomo di grande frammentazione.
Con il piano Industria 4.0, poi Impresa 4.0 e oggi Transizione 4.0, gli attori principali in questa partita sono gli otto Competence Center, che sono dei partenariati pubblico-privato che erogano attività di orientamento, formazione e supporto (anche finanziario, per conto del Ministero dello Sviluppo Economico) ai progetti di innovazione. Poi ci sono i Digital Innovation Hub, una galassia di cui fanno parte diverse costellazioni: quelli di Confindustria, quelli di Confartigianato, quelli della CNA, quelli della Compagnia delle Opere, gli EDI di Confcommercio ecc. Al gradino più basso della piramide ci sono i Punti d’Impresa Digitale delle Camere di Commercio, che operano soprattutto nell’orientamento.
A questi soggetti si uniscono le strutture esistenti a vari livelli dimensionali e di specializzazione. E, ultime arrivate, le 42 aggregazioni italiane dei Poli europei d’innovazione digitale – gli European Digital Innovation Hubs – che a breve si contenderanno le risorse messe in gioco dal Digital Europe Programme, il programma dell’UE specifico per la digitalizzazione delle PMI (che esula dal Recovery).
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Il PNRR e il trasferimento tecnologico
Consapevole della frammentazione del sistema, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha previsto uno stanziamento di 350 milioni per tutto il periodo 2021 – 2026 con l’intento di rafforzare e riordinare questo ecosistema.
A occuparsi della questione è la seconda componente della quarta missione del PNRR intitolata “Dalla Ricerca all’impresa”. In particolare l’investimento 2.3 si occupa precisamente di “Potenziamento ed estensione tematica e territoriale dei centri di trasferimento tecnologico per segmenti di industria”
Il provvedimento – si legge tra le pieghe delle 2.500 pagine dei due faldoni completi che costituiscono il piano italiano – “è finalizzato al potenziamento delle attività, anche attraverso un processo di riorganizzazione e razionalizzazione e specializzazione dei centri esistenti, per offrire servizi tecnologici avanzati alle imprese”.
L’obiettivo complessivo è “sostenere, anche attraverso un processo di riorganizzazione e razionalizzazione, una rete di 60 centri” tra Centri di Competenza, Digital Innovation Hub e Punti di Innovazione Digitale, “incaricati dello sviluppo progettualità, dell’erogazione alle imprese di servizi tecnologici avanzati e servizi innovativi e qualificanti di trasferimento tecnologico”.
Le attività previste sono due: la prima è rafforzare la rete dei centri di competenza aumentando l’efficienza e l’efficacia degli 8 centri attualmente esistenti e valutando la costituzione di qualche altro centro. La seconda è finanziare i nascenti EDIH (European Digital Innovation Hubs). Si tratta proprio di quelle 42 strutture che parteciperanno al bando della Commissione Europea: di queste solo una ventina saranno finanziate (per metà) con i fondi del Digital Europe Programme, ma molte altre auspicabilmente riceveranno il “il sigillo di eccellenza” e l’Italia potrebbe quindi decidere di finanziarli con le risorse del PNRR.
Il futuro dei Competence Center “garantito” fino al 2026
Al momento sono stati costituiti otto Competence Center in Italia: Made 4.0, Smact, Artes 4.0, Bi-Rex, Start 4.0, CIM 4.0, MediTech e Cyber 4.0. A questi otto centri sono andati per il triennio 2019 – 2021 72 milioni di euro, di cui 27 milioni destinati al co-finanziamento dei progetti di innovazione presentati dalle aziende in risposta a bandi. Al momento i primi sei Competence hanno pubblicato in media due o tre bandi, esaurendo le risorse disponibili per il triennio, mentre MediTech e Cyber 4.0 sono al primo bando perché sono partiti più tardi.
Le risorse aggiuntive stanziate dal PNRR dovrebbero aumentare la dote per finanziare ulteriori progetti di innovazione nel corso dei prossimi anni.
Inoltre potrebbe essere previsto un ulteriore finanziamento per quei Competence Center che, con il primo stanziamento, non hanno ancora raggiunto il limite dei 7,5 milioni di risorse previsto dal regolamento GBER.
Da ultimo, si prevede esplicitamente la possibilità di stanziare risorse per la costituzione di qualche altro centro. Difficile immaginarne altri dello stesso tipo degli otto attuali, più probabile invece uno sviluppo diverso, maggiormente orientato a servire ambiti non-industriali come l’Agrifood, le Costruzioni e l’Artigianato.
Gli European Digital Innovation Hub
Come dicevamo, dei 42 EDIH i progetti valutati come sufficientemente buoni e che rientrano nella soglia di budget saranno finanziati nell’ambito del Digital Europe Programme. Altri, che pure dovessero essere valutati come buoni ma che non riusciranno ad accedere a quel finanziamento a causa della mancanza di budget, riceveranno il “Seal of Excellence” e potranno essere attivati con il supporto delle sole risorse nazionali.
Infine, si legge nel PNRR, “altri hub, che collaborano con EDIH, come i DIH nazionali e PID, potrebbero ricevere finanziamenti”.
La tavola rotonda il 26 maggio
Di questi temi si occuperà la tavola rotonda che si terrà il 26 maggio sulla piattaforma Contact Place in occasione degli SPS Italia Digital Days a cui parteciperanno:
- Stefano Cattorini, General Director – BI-REX
- Matteo Faggin, General Manager – SMACT
- Enrico Pisino, CEO – CIM4.0
- Cristina Battaglia, Responsabile Esecutivo – START 4.0
- Lorna Vatta, Direttrice Esecutiva – ARTES 4.0
- Marco Taisch, Presidente – MADE Competence Center I4.0