Il 56% degli executive intende investire in progetti di digital transformation, ma persistono freni all’innovazione

La ricerca “The Work Survey” realizzata da ServiceNow mostra la spinta data alla digital transformation delle aziende dalla pandemia. Per molte imprese, l’emergenza è stata un’occasione per ripensare e rinnovare i processi operativi aziendali. Tuttavia, persistono freni all’innovazione che potrebbero rallentare i progressi fatti e gli investimenti nel lungo periodo.

Pubblicato il 05 Mag 2021

digitalizzazione e transizione 4.0

L’85% delle aziende manifatturiere ha adottato rapidamente nuovi modi di lavorare e il 56% degli executive vorrebbe investire i fondi risparmiati durante la pandemia in progetti di digital transformation. Tuttavia, le sfide legate al lavoro da remoto e le normative rallentano l’innovazione: è quanto emerge dalla ricerca “The Work Survey” realizzata da ServiceNow, azienda specializzata in soluzioni per la gestione dei flussi di lavoro digitali.

Lo studio ha approfondito l’impatto della pandemia sul mondo del lavoro e ha coinvolto 900 executive C-Level e 8.100 dipendenti professionisti di aziende con oltre 500 dipendenti, situate in Australia, Francia, Germania, Giappone, India, Irlanda, Olanda, Nuova Zelanda, Singapore, UK e USA.

La pandemia ha spinto le aziende a ripensare i propri processi operativi

Dai risultati della ricerca è emerso che il 61% degli executive nel settore industriale ritiene che le diverse normative, anche a livello geografico, abbiano rappresentato una sfida durante la pandemia. Un ulteriore 54% ha affermato che la gestione di persone e processi che non possono operare da remoto rappresenta una barriera al progresso.

Sfide che hanno spinto le aziende a riorganizzare i propri processi operativi, come conferma l’85% degli executive, mentre per l’87% l’emergenza ha permesso di sviluppare modi di lavorare nuovi e migliori. Il cambiamento verso nuovi modelli è stato ampio, rapido e più veloce del previsto, secondo l’85% degli executive e l’87% dei dipendenti.

Nonostante i progressi fatti finora, c’è ancora molto lavoro da fare per assicurare che le innovazioni siano a lungo termine. Il 61% degli intervistati ha infatti affermato che le proprie organizzazioni non hanno ancora un sistema completamente integrato per gestire i workflow digitali e il 94% ha confessato di utilizzare ancora molti workflow offline.

Nonostante queste criticità, lo studio evidenzia che tra le aziende si è diffusa la consapevolezza circa la necessità di un cambio di rotta: il 59% degli executive ha infatti dichiarato che i fondi risparmiati durante la pandemia dovrebbero essere investiti in progetti di digital transformation, una volta passata la situazione di crisi.

Lo smart working non convince le aziende manifatturiere

Nel settore manifatturiero, il lavoro da remoto rimane una preoccupazione. Il 53% del campione teme gli effetti che potrebbe avere sull’erogazione dei servizi o la consegna dei prodotti e il 52% una riduzione della collaborazione tra business unit.

Nonostante questo, il 94% ha sperimentato dei benefici dalle pratiche di lavoro da remoto e il 48% un migliore equilibrio tra la vita lavorativa e quella privata.

Il 54% dei dipendenti è convinto che il ritorno alla normalità dopo la pandemia possa rappresentare una sfida, ma il 59% dei lavoratori e il 53% degli executive pensa che mantenere i cambiamenti effettuati in questo periodo possa trasformarsi in una maggiore produttività.

“La digital transformation nel settore industriale ha avuto un’accelerazione significativa negli ultimi 12 mesi, ma c’è ancora molto da fare – commenta Uwe Vieth, Senior Director di ServiceNow – La pandemia si è aggiunta alla già incerta situazione globale. I cambiamenti nella supply chain e quelli dovuti al lavoro da remoto hanno reso la resilienza operativa una prerogativa ancora più fondamentale. La digitalizzazione del lavoro sarà un fattore chiave per proteggersi dai rischi e rispondere alle esigenze dei clienti”.

Valuta la qualità di questo articolo

C
Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 5