La pandemia rallenta (ma non ferma) l’Internet of Things: il mercato italiano vale 6 miliardi di euro

In Italia l’IoT vale 6 miliardi di euro. Nel 2020, nonostante la pandemia mondiale, il mercato ha complessivamente tenuto, facendo registrare solo una lieve flessione (-3%) rispetto al 2019. L’andamento è allineato a quello di altri Paesi occidentali, nei quali le variazioni si assestano tra il -5% e il +8%. I dati dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano.

Pubblicato il 09 Apr 2021

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Ormai è piuttosto evidente a tutti (o quasi): l’Internet of Things (IoT) porta vantaggi e benefici in ogni ambito di applicazione: Smart Factory e Smart Car, Smart Logistic, Smart City, e via dicendo, per le varie e possibili applicazioni smart. Benefici per consumatori, aziende, enti pubblici, territori, in termini economici, ambientali, di innovazione e miglioramento delle attività, riduzione dei costi e dei rischi rispetto al passato.

Tanto che neanche la pandemia mondiale di Covid 19 è riuscita a fermare più di tanto l’evoluzione dell’IoT: secondo dati e analisi dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, nel 2020 il mercato IoT in Italia ha complessivamente tenuto, facendo registrare solo una lieve flessione (-3%) rispetto al 2019. Un andamento allineato a quello di altri Paesi occidentali, nei quali le variazioni si assestano tra il -5% e il +8%.

Il rallentamento c’è stato, l’emergenza sanitaria e le sue conseguenze anche nel Paese non hanno permesso di confermare il trend di forte crescita che si era registrato negli scorsi anni (+24% nel 2019, e +35% nel 2018), ma per lo scorso anno il mercato italiano dell’IoT si assesta sui 6 miliardi di euro, per un totale di 93 milioni di connessioni IoT attive.

Insomma, il momento peggiore della bufera sembra passato, e il meglio deve ancora venire. “Anche perché l’IoT – emergenza sanitaria mondiale a parte – è ormai in una fase di buona maturità e sviluppo, ha fatto e sta facendo ampi passi in avanti rispetto agli anni precedenti, anche nel nostro Paese”, rileva Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.

Basti pensare alle automobili, inizialmente rese connesse ‘solo’ attraverso box Gps-Gprs con finalità assicurative, e che oggi invece escono dalle fabbriche già dotate di connettività a bordo, che abilita tutta una serie di servizi Smart per la mobilità.

Oppure alla casa, in cui si passa dalla ‘semplice’ domotica cablata a soluzioni wireless sempre più alla portata di tutti, caratterizzate anche dall’u¬so crescente dell’intelligenza artificiale. Oppure ancora c’è l’evoluzione in fabbrica, con la progressiva distribuzione dell’intelligenza del sistema da un unico punto centralizzato – il server – verso la periferia, con i macchinari e i sensori, e l’Edge computing. E poi ci sono le città, che dieci anni fa si interessavano principalmente a singole applicazioni verticali, come i lampioni connessi, mentre oggi iniziano a sviluppare una visione di Smart City integrata a 360 gradi.

“Anche le tecnologie di comunicazione hanno fatto passi da gigante negli ultimi 10 anni”, sottolinea Giovanni Miragliotta, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things, andando a colmare “quei gap che frenavano lo sviluppo di alcune applicazioni sia in ambito short-range – ad esempio con l’avvento del Bluetooth Low Energy o l’evoluzione in termini di apertura e ampiezza dell’ecosistema da parte di ZigBee – sia long-range, ad esempio, con le reti Low Power Wide Area e le sperimentazioni 5G”.

Più in generale, la crescita della cultura digitale delle imprese “ha favorito lo sviluppo di una maggiore consapevolezza dei benefici abilitati dalle tecnologie IoT e dei nuovi servizi smart”, osserva Stefania Gilli, Country manager IoT Italy di Vodafone, con sempre più realtà in grado di “raccogliere e valorizzare grandi quantità di informazioni raccolte dagli oggetti connessi. Sono quindi numerosi i fronti su cui le aziende stanno lavorando”.

Sono in costante aumento le connessioni IoT che abilitano l’evoluzione tecnologica, dalle nuove piattaforme all’Edge computing, e “la spinta dei servizi abilitati dagli oggetti smart apre nuovi modelli di business e opportunità sia dal punto di vista consumer che delle imprese e delle Pubbliche amministrazioni”, fa notare Alessandro Perrino, Business development manager in Fastweb.

L’IoT cresce con lo sviluppo della connettività

Per quanto riguarda il giro d’affari e la quantità di spese e investimenti, il valore del mercato italiano si ripartisce equamente tra le applicazioni che sfruttano la tradizionale connettività cellulare per la comunicazione di ultimo miglio (3 miliardi di euro, -6% tra 2019 e 2020) e quelle che utilizzano altre tecnologie di comunicazione (3 miliardi di euro, +0%, nessuna variazione in 12 mesi). In termini di volumi di connessioni IoT, a fine 2020 si registrano 34 milioni di connessioni cellulari (+10% rispetto al 2019), e 59 milioni di connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (+15%).

Tra queste, una spinta significativa arriva dalle reti Lpwa (Low power wide area, come Narrowband IoT, SigFox e LoRaWan), che raggiungono per la prima volta in Italia quota un milione di connessioni, in crescita di ben 500mila unità rispetto al 2019 (un balzo del +100%). “Ci aspettiamo che questa crescita possa proseguire nel corso dei prossimi mesi, anche grazie all’entrata in vigore, a settembre 2020, del Decreto Legge Semplificazioni, che consente il via libera all’utilizzo delle frequenze per gli operatori Lpwa, rimuovendo la scadenza di 6 mesi prevista dalla legge precedente”, rileva Angela Tumino, direttore dell’Osservatorio Internet of Things.

Guardando allo scenario complessivo, “possiamo senza dubbio affermare che il mercato IoT nel 2020 ha tenuto soprattutto grazie allo sviluppo di servizi”, fa notare Tumino: sono sempre di più le aziende in grado di raccogliere grandi quantità di dati dagli oggetti connessi, grazie ai quali integrare la propria offerta con nuovi servizi di valore. E questo approccio ha un impatto diretto sui numeri del mercato: i servizi raggiungono quota 2,4 miliardi di euro, in crescita del +4% rispetto al 2019, quindi un dato in controtendenza rispetto alla lieve decrescita del mercato nel suo complesso.

Manutenzione predittiva con Pay back time di 17 mesi

Nel mondo manifatturiero, i dati provenienti da macchinari connessi (Smart Factory) “consentono una migliore gestione delle attività di manutenzione, passando da una logica correttiva – in cui si aspetta l’insorgere del guasto – a un approccio di tipo predittivo, che anticipa il malfunzionamento e ottimizza l’attività manutentiva in sé, riducendo tempi e costi legati all’inattività del macchinario”, sottolinea Diego Ravazzolo, Business unit manager di Data Reply.

Fonte: Osservatorio Internet of Things

Ipotizzando una vita utile del macchinario di 10 anni, l’Osservatorio del Politecnico di Milano ha stimato per il passaggio a un sistema di manutenzione predittiva un Pay back time in media di 17 mesi. “Queste valutazioni includono anche i benefici legati alla sottoscrizione del servizio di manutenzione con una logica ‘pay per use’. Il monitoraggio e l’analisi in tempo reale dei dati raccolti dal singolo macchinario permettono al fornitore di intervenire tempestivamente per ridurre i tempi di inattività, e di fornire così il servizio manutentivo con una logica in cui il cliente paga solo per l’effettivo utilizzo dei macchinari”, rimarca Miragliotta.

L’emergenza ha portato a rivedere le proprie priorità

L’emergenza ha portato le imprese a rivedere le proprie priorità in termini di avvio di progetti e di investimenti. Nel 2020 solo il 15% delle PMI e il 12% delle grandi aziende ritiene prioritario attivare iniziative di I-IoT, contro rispettivamente il 25% e il 16% che le mettono in secondo piano. Il 22% delle grandi imprese ha aumentato il budget dedicato ai progetti IoT per l’Industria 4.0 (il 14% lo ha ridotto), contro solo l’11% delle PMI (il 12% lo ha diminuito), mentre un quarto delle grandi imprese e un terzo delle PMI rimandano la decisione ai prossimi mesi.

In continuità con quanto registrato negli scorsi anni, una quota significativa del mercato IoT in Italia è generata dagli obblighi normativi che riguardano Smart Metering gas ed elettrico. Nel 2020 sono stati installati altri 2,7 milioni di contatori gas connessi presso utenze domestiche, portando la diffusione al 70% del parco complessivo, e ben 4,8 milioni di smart meter elettrici di seconda generazione, raggiungendo il 50% del totale dei contatori elettrici.

In termini assoluti, si assiste a una decrescita del valore di mercato dello Smart Metering nel 2020, in particolare quelle relative al gas, dal momento che le nuove installazioni risultano in calo rispetto ai dodici mesi precedenti: le applicazioni in ambito Utility passano così da 1,7 miliardi di euro nel 2019 a poco meno di 1,5 miliardi nel 2020 (-13%), confermandosi comunque come il principale segmento del mercato IoT (25% del totale).

La Smart Car si conferma al secondo posto in termini di fatturato in Italia, con poco meno di 1,2 miliardi di euro (20% del totale) e con un lieve tasso di decrescita (-2%), in linea con l’andamento del mercato IoT. In termini di diffusione, sono 17,3 milioni i veicoli connessi a fine 2020, quasi il 45% del parco circolante in Italia. A prevalere in termini di tipologia di soluzioni sono i box Gps e Gprs per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative (55%, -11% rispetto al 2019), sul mercato ormai da molti anni, ma la crescita è trainata principalmente dalle auto nativamente connesse tramite Sim (18% del totale, con una crescita del +48%) o con sistemi bluetooth a bordo veicolo (27%, +15%).

Nonostante facciano registrare valori di mercato ancora modesti, gli ambiti che segnano i tassi di crescita più rilevanti sono la Smart Agriculture (140 milioni di euro, +17%) e la Smart City (560 milioni di euro, +8%).

La pandemia ha acceso l’interesse per la Smart City

La pandemia ha acceso l’interesse per la Smart City, ma ha anche portato incertezze sugli investimenti, rallentando in qualche caso l’avvio di progetti. Nel 2020 l’89% dei comuni italiani con più di 15mila abitanti considera la Smart City un tema rilevante (+9%) e per il 47% l’emergenza lo ha reso ancora più prioritario. La situazione sanitaria ha stimolato l’avvio di nuovi progetti che non erano stati pianificati in precedenza (16%), dall’altro lato, però, ha generato incertezza nelle decisioni da prendere (37%), con il 4% dei comuni che ha rallentato i progetti già programmati.

Il 59% dei Comuni ha attivato almeno un’iniziativa di Smart City nel triennio 2018-2020, contro il 42% del periodo 2017-2019, ma il 46% dei progetti analizzati è ancora in fase pilota (+15%). Più di un comune su due ha avviato programmi stabili estesi all’intera area urbana coinvolgendo anche altre municipalità e attori terzi (54%, +8%), ma l’effettiva realizzazione di un ecosistema integrato che conduca più iniziative smart in parallelo è ancora lontana: solo l’11% di questi progetti è dettato dal coordinamento con un gruppo esteso di municipalità, mentre il 35% è realizzato dal singolo comune.

La principale barriera all’avvio di progetti di Smart City è ancora la mancanza di competenze (+7% sul 2019), seguita dalle scarse risorse finanziarie (+8%), che si riflette nella capacità di usare i dati: il 65% dei comuni ha iniziato a raccoglierli ma solo nel 14% dei casi condividendoli con altre società pubbliche o private, un terzo non li usa e il 29% non ha intenzione di farlo nemmeno in futuro.

Gli altri ostacoli da superare sono legati alla burocrazia (30%, -8%), alle resistenze interne (16%) e alla difficoltà di coordinamento fra comuni e altri attori (16%). Il 35% dei comuni collabora con le aziende municipalizzate ai progetti di Smart City, il 32% con le forze dell’ordine, il 26% con università e centri di ricerca. In prospettiva, i comuni guardano soprattutto ad altre municipalità limitrofe (40%), a startup innovative (32%) e a fornitori di servizi (28%).

Per trasformare le città italiane in Smart City è necessaria una più stretta collaborazione fra pubblico e privato”, spiega Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Internet of Things: “la creazione di un ecosistema con più attori pronti a scambiarsi dati, asset e competenze è una delle principali leve da sfruttare in futuro. Per analizzare in profondità i progetti e i trend emergenti in ambito Smart City, studiare le best practice e proporre nuove soluzioni per la trasformazione digitale e sostenibile delle città italiane, gli Osservatori Internet of Things, 5G & Beyond e Agenda Digitale lanceranno un tavolo di lavoro dedicato nel corso del 2021”.

Più in generale, e in prospettiva, i consumatori che acquistano prodotti connessi “possono sempre più gestirne le funzionalità da remoto e accedere a nuovi servizi”, rimarca Matteo Seraceni, responsabile Ingegneria e innovazione in Hera Luce, “le imprese che adottano dispositivi intelligenti riescono a ottimizzare i propri sistemi e processi, le città possono migliorare la gestione del patrimonio pubblico ed erogare nuovi servizi ai cittadini grazie all’impiego di soluzioni IoT sul proprio territorio”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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