Il mercato del lavoro nel 2020, una crisi senza precedenti: la formazione deve stare al passo con l’innovazione

Nei primi 9 mesi del 2020 in Italia sono stati persi 470 mila posti di lavoro. Grazie al blocco dei licenziamenti, il calo dell’occupazione è stato trainato da contratti a termine e lavoro autonomo. A pagare la crisi provocata dalla pandemia mondiale in termini di lavoro e occupazione sono state innanzitutto, ma non solo, le categorie tradizionalmente più deboli: donne, giovani e stranieri.

Pubblicato il 25 Feb 2021

Artigiani in una miniatura del XIV secolo, epoca delle società delle arti e dei mestieri


Nei primi 9 mesi del 2020 in Italia sono stati persi 470 mila posti di lavoro. Grazie al blocco dei licenziamenti, il calo dell’occupazione è stato trainato da contratti a termine e lavoro autonomo. A pagare la crisi provocata dalla pandemia mondiale in termini di lavoro e occupazione sono state innanzitutto, ma non solo, le categorie tradizionalmente più deboli: donne, giovani e stranieri.

È quanto emerge dal Rapporto annuale sul mercato del lavoro, realizzato con la collaborazione tra ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal.

Mentre un altro Rapporto sullo stesso scenario ma a livello internazionale, realizzato dall’Unctad (organismo per il commercio e lo sviluppo delle Nazioni Unite) rimarca che dalle nuove tecnologie e dall’innovazione possono arrivare opportunità per una ripresa inclusiva, a patto che politiche e attività di formazione e riqualificazione della forza lavoro siano adeguate a preparare e aggiornare al cambiamento, ai cambiamenti, in corso, ovunque.

Secondo l’analisi dell’Istat, a livello nazionale, nella media dei primi tre trimestri del 2020 gli occupati diminuiscono di 470 mila unità (-2% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente), tornando poco sopra ai livelli del 2016.

Allo stesso tempo, si registra un calo di 304 mila disoccupati e un deciso aumento di inattivi tra 15 e 64 anni (+621 mila). A ciò corrispondono diminuzioni del tasso di occupazione e di quello di disoccupazione (rispettivamente -1 e -0,9 punti percentuali in un anno) e un aumento del tasso di inattività (+1,8 punti), da parte di chi non ha e non cerca un nuovo lavoro.

“A subire maggiormente la crisi sono state le categorie più vulnerabili nel mercato del lavoro”, sottolinea l’analisi Istat: la caduta del tasso di occupazione è stata quasi il doppio tra le donne rispetto agli uomini (-1,3 contro -0,7 punti percentuali) e più forte per gli under 35 (-1,8 punti contro -0,8 dei 35-49enni e -0,3 punti per gli over50) e per gli stranieri, per i quali il valore dell’indicatore scende al di sotto di quello degli italiani.

Il forte calo del numero di occupati e disoccupati, spiega il rapporto, è dovuto soprattutto alla situazione che si è creata nel secondo trimestre scorso (-841 mila occupati e -647 mila disoccupati in un anno), quando “le misure restrittive di contrasto alla pandemia hanno inciso negativamente sia sull’avvio di nuovi lavori e sulla prosecuzione di quelli in scadenza, sia sulla ricerca attiva del lavoro”. L’allentamento di queste misure nel terzo trimestre ha portato poi a una riattivazione di una quota di non occupati, con l’aumento delle persone in cerca di lavoro (+202 mila), pur in presenza di un calo occupazionale ancora forte (-622 mila).

Settori fermi e professioni non qualificate in crisi

A trainare il calo dell’occupazione sono stati il lavoro a termine (-394 mila, -13% nella media dei primi tre trimestri) e il lavoro autonomo (-162 mila, -3%), mentre quello a tempo indeterminato risulta in lieve aumento (+86 mila, +0,6%). Gli andamenti peggiori si riscontrano nel settore degli alberghi e ristorazione e nei servizi domestici, tra gli addetti al commercio e ai servizi e tra le professioni non qualificate.

Nei primi sei mesi del 2020, le persone che hanno iniziato un lavoro sono 436 mila in meno dell’analogo periodo del 2019 (-30%), mentre 490 mila persone in più hanno concluso un lavoro nello stesso periodo (+62%). Una situazione difficile da cui uscire e ripartire, con diversi settori economici o completamente fermi o fortemente penalizzati dalle conseguenze della pandemia, come turismo, accoglienza e ristorazione, cultura, mentre hanno retto meglio all’impatto l’industria, la manifattura, e in generale le attività collegate alle tecnologie e al digitale.

Tecnologie, tra sviluppo e nuove disuguaglianze

In questo quadro, un Rapporto dell’Unctad – l’agenzia dell’Onu che si occupa di commercio e sviluppo –, rileva che le tecnologie possono portare nuovo sviluppo e occupazione e allo stesso tempo nuove forme di disuguaglianza, come del resto è sempre accaduto nel lungo percorso dell’evoluzione tecnologica: l’innovazione apre nuove possibilità e rende obsoleto ciò che c’era prima, il fulcro della questione è restare al passo e non indietro.

“Oggi, le maggiori preoccupazioni sono legate al rischio che l’automazione sottragga posti di lavoro su larga scala, alla cosiddetta Gig economy e alla riduzione dei diritti del lavoro”, rileva Isabelle Durant, vice segretario generale dell’Unctad. Che sottolinea: “altre disuguaglianze sono quelle create dalla concentrazione dei mercati e dei profitti, l’aumento delle disuguaglianze trainate dall’intelligenza artificiale e l’ampliamento dei divari tecnologici”, ancora di più nei Paesi poveri e meno sviluppati.

“Le società e i settori produttivi devono essere ben preparati e costruire le competenze necessarie”, esorta l’agenzia dell’Onu, perché “mentre le tecnologie di frontiera hanno portato enormi benefici, i rapidi progressi potrebbero comportare seri rischi negativi, nel caso superino le capacità di adattamento delle società”.

Il Report rileva anche che i Paesi meglio preparati a utilizzare, adottare e adattare in maniera equa queste tecnologie si trovano principalmente in Nord America e in Europa, mentre quelli meno preparati sono nell’Africa sub-sahariana e in altre regioni in via di sviluppo. Ma anche qui in Italia ce ne sono di cose da fare per rendere il mercato del lavoro al passo e allineato con l’evoluzione tecnologica sempre più veloce e incontrovertibile.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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