Secondo i dati resi noti da Unioncamere Lombardia, la produzione industriale dell’industria lombarda nel 2020 ha perso il 9,8%, ma dalla conclusione dell’anno arrivano segnali positivi: il quarto trimestre 2020 infatti ha fatto registrare un incremento congiunturale della produzione industriale (+2,7%) e un’ulteriore attenuazione della contrazione tendenziale (-2,6%). Per quanto riguarda la produzione delle aziende artigiane manifatturiere, l’andamento è stato meno dinamico, con un incremento ridotto allo 0,2% e una contrazione più sostenuta (-4,9%). In questo caso la perdita media del 2020 è stata dell’11,9%.
“In un contesto di generale stabilizzazione dell’andamento economico anche all’estero, gli effetti economici della “seconda ondata” sono stati minori rispetto alla primavera 2020”, ha commentato il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio. “I diversi modelli di specializzazione produttiva dei territori hanno portato a un impatto differente delle limitazioni delle attività e degli spostamenti. Rimangono maggiormente colpiti i servizi legati al turismo, all’intrattenimento e le filiere del comparto moda. Nel complesso la crisi del 2020 risulta in linea con quelle del recente passato ma la recrudescenza della pandemia potrebbe portare a nuove misure di contenimento rischiando di compromettere i tempi della ripresa”.
L’indice della produzione industriale raggiunge quota 108,7, avvicinandosi al livello di fine 2019 (111,6). Per le aziende artigiane l’indice della produzione si ferma a quota 93,8, ancora lontano dal livello di riferimento dell’anno base.
“I dati dei singoli settori produttivi testimoniano difficoltà diffuse in maniera disomogenea: tutti i settori chiudono infatti l’anno con la produzione industriale negativa rispetto all’anno precedente”, ha commentato il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti. “I settori meno penalizzati, in quanto essenziali anche durante i lockdown più duri, sono il food, la farmaceutica e la chimica. Il mercato del lavoro regionale continua a beneficiare del blocco dei licenziamenti confermando di fatto i livelli occupazionali (-0,3%) mentre si sta progressivamente, ma molto lentamente, riducendo il numero di aziende che fanno ricorso alla CIG. Rimane preoccupante la contrazione degli investimenti (-18,6 %)”.
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L’analisi settoriale del quarto trimestre
Rispetto allo stesso trimestre del 2019 nell’industria incrementano la produzione i mezzi di trasporto (+6,3%), la gomma-plastica (+0,6%) e i minerali non metalliferi (+0,4%). La ripresa della domanda estera interessa la maggior parte dei settori e in particolare i mezzi di trasporto (+21,5%), che registrano incrementi a due cifre anche per la domanda interna (+16,0%).
Per il fatturato, guidano la ripresa settoriale proprio i mezzi di trasporto (+13,0%) con incrementi anche per gomma-plastica (+2,6%) e legno-mobilio (+1,8%). Rimangono in forte contrazione questo trimestre i settori del comparto moda e in particolare il tessile con tutte le variabili con cali a due cifre: produzione -17,7%, fatturato -15,5%, ordini interni -13,6% e ordini esteri -14,2%.
Appena più contenute le contrazioni dell’abbigliamento: produzione -18,3%, fatturato -4,7%, ordini interni -17,5% e ordini esteri -13,0%. Infine il settore delle pelli-calzature riesce a risalire in positivo per gli ordini esteri (+4,3%), ma continua a perdere per ordini interni (-9,5%) produzione (-10,9%), fatturato (-6,8%).
L’analisi settoriale del 2020
Complessivamente il 2020 chiude in negativo con perdite produttive per tutti i settori industriali. Il comparto moda conferma le forti contrazioni che vanno da -23,6% (variazione media annua) di pelli-calzature al -22,3% per il tessile e -18,2% per l’abbigliamento. Più resilienti invece la chimica (-5,6%) e l’alimentare (-3,1%). Il quadro settoriale dell’artigianato mostra in significativo recupero dei livelli produttivi solo la gomma-plastica (+4,0% tendenziale) e la siderurgia (+1,1%). Flessioni limitate si registrano per minerali non metalliferi (-1,6%) e legno-mobilio (-2,1%), mentre diminuzioni tendenziali comprese tra il -3% e il -8% caratterizzano l’alimentare (-3,8%), la carta-stampa (-4,0%), la meccanica (-4,3%) e il tessile (-7,6%). Ancora gravi le perdite per pelli-calzature (-18,7%), abbigliamento (-13,4%) e le manifatturiere varie (-13,9%).
Il 2020 chiude in negativo anche per tutti i settori artigiani con perdite produttive che sfiorano il 30% per pelli-calzature (variazione media annua) e si fermano al -7,2% per gli alimentari e al -6,7% per la gomma-plastica.
Il dato medio generale del trimestre nasconde andamenti disomogenei non solo a livello settoriale ma anche tra le stesse imprese: le aziende industriali che segnalano una forte contrazione produttiva scendono al 42% (erano il 71% nel secondo trimestre, il dato peggiore dell’anno) mentre quelle che indicano incrementi di produzione superiori al 5% salgono al 32% (erano il 16% nel secondo trimestre).
L’andamento per l’artigianato è simile, con la quota di aziende in forte contrazione al 46% e quelle in crescita al 31%. Il fatturato a prezzi correnti per l’industria quasi azzera le perdite nel trimestre segnando un -0,6% tendenziale. Considerando l’intero 2020 la perdita di fatturato è pari al -6,4% (media annua).
Per le imprese artigiane il fatturato soffre maggiormente segnando un -4,5% tendenziale e la perdita annua complessiva è del -11,6%. Gli ordinativi dell’industria registrano su base tendenziale una svolta positiva dall’estero (+2,8%) e un calo limitato dall’interno (-0,9%). In media d’anno la domanda interna è calata del -8,9% e quella estera del -6,4%. Per l’artigianato i risultati si differenziano maggiormente per i due mercati, con una maggior sofferenza per il mercato interno (-6,8%) e un risultato positivo per l’estero (+3,3%). Anche i dati medi annui sono distanti: -12,9% la domanda interna e -5,7% quella estera.
La quota del fatturato estero sul totale rimane elevata per le imprese industriali (38,7%) ed è ancora poco rilevante per le imprese artigiane (7,3%). Le aspettative degli imprenditori sull’andamento della domanda continuano a migliorare, con quelle relative ai mercati esteri che raggiungono l’area positiva. Anche se le aspettative sulla domanda interna migliorano, presentano ancora una prevalenza di giudizi negativi: il saldo tra previsioni di crescita e calo è però ormai prossimo allo zero. Migliorano nuovamente le aspettative sulla produzione industriale, dopo l’assestamento in area negativa dello scorso trimestre: il saldo conquista il segno positivo dopo un anno esatto.
Per l’artigianato le aspettative seguono una dinamica simile, ma in questo caso i saldi sono ancora negativi per tutte le variabili; inoltre si registra un leggero peggioramento per le aspettative sulla domanda interna.
L’occupazione
L’occupazione per l’industria presenta un saldo negativo contenuto (-0,3%) grazie all’irrigidimento generale del mercato del lavoro dovuto ai provvedimenti legati all’emergenza sanitaria, con il tasso d’uscita al 2,1% e il tasso di ingresso all’1,8%, entrambi in crescita rispetto al trimestre precedente. Diminuisce ancora il ricorso alla Cig: la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione scende al 29% e la quota sul monte ore torna al 3,3%. Saldo occupazionale negativo – ma in crescita – per l’artigianato (-0,3%), con tassi d’ingresso all’1,7% e uscita al 2,3%. Diminuisce il ricorso alla Cig con il 25% delle aziende che dichiara di aver utilizzato la cassa integrazione; la quota sul monte ore cala al 3,2%.
Le aspettative sull’occupazione raggiungono l’area positiva, ma in questo caso, la quota di imprenditori che non prevede variazioni di rilievo è pari al 79%. Il dato è fortemente influenzato dal blocco dei licenziamenti e dalla possibilità di ricorrere alla Cig, per cui l’impatto effettivo sui livelli occupazionali sta slittando in avanti. Per l’artigianato le aspettative sull’occupazione migliorano ma il saldo resta negativo e, in questo caso, chi non si aspetta variazioni di rilievo è pari all’85%.
“Per invertire la tendenza”, secondo Bonometti, “c’è bisogno di decisioni rapide per favorire una crescita sostenuta, tenendo presente che senza il rilancio dell’industria non può infatti esserci ripresa, perché il manifatturiero è il vero traino per tutti i settori dell’economia. Tuttavia, una vera ripresa si potrà avere da metà 2021 solo se la campagna vaccinale abbatterà l’emergenza sanitaria e se di conseguenza potranno ripartire consumi e investimenti, sostenuti da adeguate politiche pubbliche di sostegno ai settori più colpiti dalla crisi e ai settori strategici con un occhio di riguardo al credito delle imprese”.