Transizione 4.0, saltano (per ora) i correttivi che non convengono alle imprese

Il Governo starebbe valutando l’opportunità di inserire dei correttivi al piano Transizione 4.0 in un provvedimento di prossima emanazione. In questo articolo vi spieghiamo perché i correttivi in arrivo non sono realmente urgenti e, soprattutto, sono penalizzanti per le imprese

Pubblicato il 30 Dic 2020

Industria 4.0

Aggiornamento del 31/12/2020 – Nel decreto legge che corregge il tiro sugli errori materiali relativi alla riduzione del cuneo fiscale NON sono stati inseriti correttivi al Piano Transizione 4.0, per i quali – evidentemente – non sono stati ravvisati i caratteri di necessità e urgenza. Qui di seguito capirete perché.

Da qualche giorno le colonne de Il Sole 24 Ore sono cassa di risonanza di chi spinge a una revisione immediata e urgente del piano Transizione 4.0. Secondo l’articolo intitolato “Aliquote e massimali, dubbi sugli incentivi per l’innovazione” a firma di Carmine Fotina, apparso nell’edizione del 30 dicembre 2020 del quotidiano di Confindustria, i correttivi da apportare sarebbero urgenti, al punto che il Governo starebbe valutando l’opportunità di inserirli addirittura in un decreto legge che sarebbe in approvazione nel Consiglio dei Ministri del 30 dicembre.

I “problemi” della disciplina introdotta con la legge di bilancio, che oggi incasserà il via libera definitivo dal Senato e che verosimilmente domani sarà promulgata dal Presidente della Repubblica, sono chiaramente legati alla “fretta” dettata dal fatto che il testo è arrivato in Parlamento solo a fine novembre anziché a metà ottobre e ci ha lavorato su la sola Commissione Bilancio della Camera (e pure di urgenza).

Ma vediamo quali sono i nodi aperti, la “serie di distorsioni applicative del testo” rilevate dall’articolo del Sole e quali sono effettivamente da sistemare con urgenza.

La storia parte da un emendamento, che vi abbiamo presentato qui, che il Governo avrebbe preparato per sistemare alcune incongruenze o punti poco chiari della nuova disciplina. Nell’articolo del Sole 24 Ore si parla di un emendamento “presentato in Parlamento sulla base delle indicazioni del ministero dello Sviluppo economico” che “non è stato approvato”. Questo non risponde al vero: dell’emendamento infatti non vi è alcuna traccia nei documenti agli atti del Parlamento. Il correttivo avrebbe verosimilmente dovuto entrare nel maxi emendamento che il Governo avrebbe voluto presentare al passaggio del DDL in aula, ma che non ha avuto il tempo (rectius, non c’erano le condizioni politiche, visto il ritardo) di presentare.

L’articolo prosegue dicendo che “gli investitori sono chiamati a districarsi tra regole poco chiare”, cosa che, almeno per il 2021, pure è tutta da dimostrare. Ma vediamo in dettaglio tutto quello che “non va” del testo, seguendo l’analisi del Sole.

Il primo punto riguarda l’anticipo del nuovo regime al 16 novembre 2020. L’emendamento avrebbe specificato che il nuovo regime si sarebbe applicato agli investimenti effettuati a partire dal 16/11, ma non agli ordini effettuati prima del 15/11 per i quali sia stato versato un acconto pari almeno al 20%. Qual è il punto, signori miei? Semplicemente, che con il testo attuale anche chi ha fatto un ordine a maggio e riceve il bene a dicembre si prende il 50% (nel caso dei beni 4.0), mentre la “ratio” della norma avrebbe voluto premiare gli ordini effettuati dal 16/11 per non frenare gli investimenti nella parte finale dell’anno in vista del nuovo, più vantaggioso regime 2021. Per una volta, tanto per essere chiari, il Governo ha sbagliato in favore delle imprese, dato che il testo attuale dà un premio anche a chi non lo “meriterebbe”. Ora, premiare chi, in un annus horribilis come il 2020, ha fatto un investimento, è un errore così imperdonabile?

Il secondo punto è relativo al credito d’imposta per l’acquisto di beni immateriali. Scrive Fotina che il testo attuale “finisce per penalizzare gli acquisti di beni immateriali «4.0»”. In effetti per i software 4.0 il testo fa confusione, perché prevede un unico periodo temporale – dal 16 novembre 2020 al 2022 – per tutta la misura. Questo ha un pro e un contro. Il contro, rilevato dall’articolo, è che il tetto massimo dell’investimento di 1 milione letteralmente non è per anno ma per l’intero periodo di due anni, finendo per essere minore invece che superiore a quello attuale. Il lato positivo è che la maggiore aliquota che per tutti gli inventivi è prevista solo come boost per il primo anno, in questo caso il 20% invece dell’attuale 15%, resta invariata anche per il secondo anni. Ora, quali sono le PMI che investono oltre 500.000 euro di software in un anno? Sì, c’è un errore, ma ancora una volta il beneficio, cioè l’aliquota maggiorata anche al secondo anno, è maggiore del “maltolto”. E infine, dov’è la fretta? Il correttivo si può fare con tutta calma, visto che il “problema” assume rilievo dal 2022 in poi.

Terzo punto, l’agevolazione per lo smart working. Ancora una volta il testo attuale premia di più le imprese, per le quali, per il 2021, spetta una maggiorazione dal 10% al 15% di tutti gli acquisti hardware e software finalizzati a implementare logiche di smart working. L’emendamento saltato propone invece, di fatto, l’applicazione della maggiorazione alla sola componente software, andando ad inserire i beni immateriali finalizzati a implementare logiche di smart working in via stabile come software parte della lista prevista nell’allegato B. Senza il correttivo, qual è il danno per le imprese? Poter sfruttare l’agevolazione al 15% anziché al 10% anche per l’acquisto di computer e tablet?

Quarto punto: il testo attuale offre alle imprese con ricavi fino a a 5 milioni la possibilità di usufruire del credito d’imposta per i beni strumentali non 4.0 in un’unica quota annuale. L’emendamento specificherebbe che a contare sono i ricavi 2019 e non quelli 2020 (anno di magra per tutti). Ancora una volta, un correttivo a discapito delle imprese, come rileva lo stesso Fotina che la definisce “una precisazione, a dire il vero, penalizzante”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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