Lavoro, il futuro è ibrido: da remoto il 75% dei lavoratori è più produttivo

Nonostante l’impatto devastante sulla salute e sull’economia, la pandemia è stato anche l’esperimento globale sul lavoro più grande di sempre. Una situazione senza precedenti, dove il 40% dei dipendenti ha dovuto lavorare da remoto e gli altri adeguarsi a una realtà di restrizioni e salvaguardia. Uno studio di Boston Consulting Group rileva che la produttività non è dimunuita.

Pubblicato il 10 Dic 2020

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Nonostante l’impatto devastante sulla salute e sull’economia, il Covid è stato anche l’esperimento globale sul lavoro più grande di sempre. Una situazione senza precedenti, dove il 40% dei dipendenti ha dovuto lavorare da remoto e gli altri adeguarsi a una realtà di restrizioni e salvaguardia.

Nei suoi studi più recenti dedicati al mondo del lavoro, Boston Consulting Group ha ricavato una costante: in questo contesto la produttività non è venuta meno.

Nello studio “What 12.000 Employees Have To Say About the Future of Remote Work”, condotto su 12 mila dipendenti in tre Paesi (Usa, Germania e India), consultati prima e dopo lo scoppio della pandemia, una cospicua maggioranza ha dichiarato di avere mantenuto, se non accresciuto, i propri livelli di produttività.

Il 75% lo ha riscontrato soprattutto nelle attività a carattere individuale, mentre per quelle collaborative il risultato scende al 51%. È il punto più delicato, oltre che rappresentare una sfida per i manager. Secondo l’analisi, i fattori cruciali per la produttività in ambiti collaborativi sono quattro: la connettività sociale, la salute mentale, quella fisica e gli strumenti di lavoro.

Il 79% di chi ha espresso soddisfazione su questi fronti ha riscontrato ottimi risultati in termini di produttività. Viceversa, solo il 16% di chi ha avuto problemi per due o tre dei fattori elencati ha mantenuto o accresciuto la produttività.

È qui insomma che occorre lavorare di più per costruire un ambiente lavorativo ibrido – cioè il modello del futuro – dettato da una maggiore flessibilità nei tempi e nei luoghi (su questo il 60% dei lavoratori è favorevole), in cui i dipendenti passano dalla modalità onsite a quella da remoto senza intaccare i livelli di produttività. E dove lo spazio lavorativo viene ripensato.

Il ruolo del management

Risulta perciò essenziale immaginare modalità che riproducano le dinamiche della socialità, quelle per le quali i lavoratori da remoto sentono più nostalgia. Ma anche costruire nuovi policy condivise per l’organizzazione del lavoro. In questo è importante il ruolo dei manager.

BCG ne ha intervistati 1.500 per la ricerca “The Path to Remote-Working Maturity” rilevando come queste istanze siano essenziali alla prova dei numeri.

I vertici delle aziende si aspettano infatti che, una volta passata la pandemia, il 65% delle persone continui a lavorare parzialmente da remoto, mentre il 18% sarà fully remoted. Per questo è necessario lavorare per una piattaforma comune su cui costruire il nuovo paradigma del lavoro ibrido, un paradigma che deve coniugarsi con un nuovo modello di leadership, che trova nella fiducia, l’empatia e il learning by doing alcuni tra gli elementi caratterizzanti.

La situazione in Italia

Sugli strumenti di lavoro le aziende avevano già cominciato la corsa agli investimenti (una buona notizia) ricorrendo, per esempio, a software di videochiamate di buona qualità. Ma ancora non basta. Un focus BCG che ha guardato al settore bancario italiano durante la pandemia ha messo in evidenza come proprio sul fronte della tecnologia si concentrino le preoccupazioni dei lavoratori.

A mancare non sono principalmente la percezione della fiducia dei manager o la capacità di fare ricorso a soft skill che compensino la mancanza di interazioni fisiche informali, ma soprattutto i software. Secondo i bancari italiani intervistati, grazie alla sperimentazione forzata del lavoro da remoto ci sono stati miglioramenti, ma rimane necessario intervenire sulla digitalizzazione dei processi (secondo il 77%) e l’accessibilità di alcuni software da casa (secondo il 76%) per vedere questo modello veramente funzionare in maniera smart.

Tuttavia, nonostante i limiti, ora il 93% dei rispondenti dichiara di voler continuare con questa modalità di lavoro almeno 1 giorno a settimana, mentre il 77% lo preferirebbe dai 2 giorni in su. La richiesta sembra anche indicare la strada verso il giusto bilanciamento tra casa e ufficio: il modello 3+2 che emerge anche dalle altre ricerche citate, sembra più bilanciato rispetto alla situazione pre-Covid in cui il 25% dichiarava di non avere neanche un giorno “smart” al mese.

Per Matteo Radice, Managing Director e Partner di BCG, responsabile della Practice People per Italia, Grecia, Turchia e Israele “Il mondo del banking conferma che le aspettative della workforce sono quelle di continuare con modelli di lavoro da remoto, facendo attenzione all’investimento in tecnologia sia da un punto di vista hardware (dotazioni, processo) che da un punto di vista più soft (training)”.

Giulia Airaghi, Project Leader BCG, mette in evidenza come sia comunque necessario fare attenzione “alla spaccatura tra mondo remoto e in ufficio: esistono diverse sfumature di grigio, diversi modelli di ibrido (ufficio/casa o altro luogo), che devono essere disegnati in base alle attività specifiche di ciascun profilo. Ovvero, per le diverse funzioni aziendali si dovrà pensare ad un modello diverso in base alla natura diverse delle attività che svolgono”.

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Valentina Repetto

Appassionata di tecnologia ma con un amore incondizionato verso la natura, si dedica alla fotografia e al video editing. Curiosa e esploratrice verso tutto ciò che la circonda. Laureata in Scienze e Tecnologie Multimediali, indirizzo comunicazione.

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