Un piano di sviluppo per il Biotech nazionale

Assobiotec-Federchimica presenta 3 aree di intervento e 23 proposte concrete raccolte nel Piano per il biotech nazionale e lo sviluppo del Paese. Per crescere bisogna lavorare su tre direttrici: ecosistema, scienze della vita e bioeconomia e immaginare interventi e misure che permettano al comparto di incrementare la propria competitività su scala globale. Secondo il ministro Manfredi “serve un’integrazione forte di tutta la filiera della ricerca pubblica e privata con modelli innovativi”.

Pubblicato il 10 Nov 2020

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Occorre fare piani di sviluppo di ampio respiro, occorre immaginare il futuro tra 10 anni, per realizzarlo. Solo così si può creare un percorso in grado di portare il Paese e le sue aziende a competere e vincere le sfide globali di domani. Non si può navigare sempre a vista, con misure di sostegno ai settori economici che durano un anno o il tempo di qualche manovra all’interno di una legislatura.

Sono alcune delle linee guida e delle richieste emerse nel corso del convegno in diretta streaming online da Roma e Milano, dal titolo ‘Biotech, il futuro migliore’, realizzato da Assobiotec-Federchimica, che propone 3 aree di intervento e 23 proposte concrete raccolte nel Piano per il biotech nazionale e lo sviluppo del Paese.

Le proposte firmate Assobiotec-Federchimica sono la tappa finale di un percorso iniziato la scorsa primavera e che ha messo a confronto imprese, startup, istituzioni, enti di ricerca, associazioni. Con un unico obiettivo: delineare proposte di policy e piani di azione concreti e condivisi per il futuro del settore Biotech e del Paese. L’appello è quello di mettere fin da ora ricerca, innovazione, biotech, al centro dell’agenda del Governo. Sono infatti i Paesi che per primi hanno capito l’importanza del circolo virtuoso innovazione-produttività-crescita quelli che si sono posizionati meglio in termini di competitività di sistema di lungo periodo e che hanno dimostrato maggiore resilienza alle crisi.

“Presentiamo un Piano programmatico e un Documento di posizione, costruiti nei mesi scorsi con stakeholder e Istituzioni, con proposte operative per la crescita e lo sviluppo del settore, a disposizione del Governo, per valorizzare la filiera del biotech e, dunque, per disegnare il futuro di un’Italia più in salute e più sostenibile”, rimarca Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec.

Al convegno online è intervenuto anche il ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, che sottolinea: “la pandemia che stiamo vivendo è un evento tragico ma anche straordinario, è anche il paradigma di una trasformazione globale che il nostro mondo stava già attraversando e che si è profondamente accelerata in questi ultimi mesi. Un quadro che ci consente di mettere al centro del dibattito pubblico i temi della ricerca e dell’innovazione”.

Il ‘time to market’ delle scoperte è sempre più breve

Il ministro rileva che il ‘time to market’ delle scoperte è molto breve, per questo il settore biotech è decisivo. “La ricerca di base deve lavorare di pari passo con l’applicazione prima, e poi l’industrializzazione, di quelle che sono le nuove scoperte. Tutto ciò richiede un’integrazione forte di tutta la filiera della ricerca pubblica e privata con modelli innovativi”.

E in particolare nel campo del farmaceutico, il biotech deve sviluppare un legame stretto con le startup, andando a costruire un partenariato come leva di innovazione. “Il contributo che può quindi venire dal mondo delle tecnologie e del biotech è fondante per la nostra società a prescindere dal pur importante apporto sul Pil”, fa notare Manfredi.

Tre direttrici: ecosistema, scienze della vita e bioeconomia

Secondo Assobiotec-Federchimica occorre lavorare su tre direttrici: ecosistema, scienze della vita e bioeconomia; occorre immaginare per ognuno di questi ambiti una serie di interventi e misure che permettano al comparto di incrementare la propria competitività su scala globale, e di esprimere al meglio le sue potenzialità nella lotta alla pandemia e per una ripartenza sostenibile del Pianeta.

Gli esperti del settore sottolineano anche il forte valore sociale di un comparto innovativo e molto trasversale che comprende alimentazione, salute, medicina, scienza, ambiente, benessere. “In questo campo si devono coniugare il ritorno economico degli investimenti con il senso del bene comune e il benessere collettivo”, spiega ancora Manfredi. Secondo Enrico Giovannini, economista, fondatore e portavoce di AsviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), bisogna anche “superare i silos verticali e i compartimenti stagni che esistono tra specializzazioni diverse, in modo da sviluppare partnership e alleanze in grado di portare maggiore crescita diffusa”.

La popolazione mondiale continua a crescere. Secondo l’Onu, nel 2050 saremo quasi 10 miliardi. Siamo di più, e siamo pure più vecchi. E questo, unito al contemporaneo incremento dei redditi in Paesi enormi come la Cina e l’India, fa crescere e di molto i consumi. Ad esempio, quelli di farmaci, energia e prodotti alimentari. Sempre al 2050, la Fao prevede un incremento del 70% nella domanda di cibo. È in questo scenario, con i governi chiamati a mettere in atto politiche efficaci per rispondere alle grandi sfide globali, che il biotech si ritaglia un ruolo da protagonista nelle strategie di Sviluppo sostenibile.

La Salute rappresenta la metà del biotech italiano

In Italia nel 2019 sono stati investiti e spesi oltre 2 miliardi di euro in progetti di ricerca e sviluppo, mentre il comparto Salute rappresenta praticamente la metà (49%) dell’intero mondo biotech italiano. Un mondo che è anche direttamente collegato alla bioeconomia: più di cinquanta Paesi nel mondo l’hanno messa al centro delle proprie strategie di crescita. Alcuni con piani dedicati, come Finlandia, Norvegia, Germania, Italia, Spagna, Francia, Giappone, Regno Unito, Malesia, Stati Uniti, Sudafrica; altri Paesi con politiche di sviluppo che comprendono la BioEconomy, come Brasile, Canada, Argentina e Irlanda. Comune a tutti i progetti è l’utilizzo di materiali biologici come materia prima per generare prodotti, che sono detti bioprodotti (biochemicals, bioenergie, biopolimeri).

“Sulle tecnologie abilitanti, che collegano e uniscono il biotech con l’Industria 4.0, si può e si deve basare il rilancio dell’economia e del Paese”, rileva Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi. Che spiega “gli investitori istituzionali sono ben disposti a investire nel settore delle biotecnologie, ma occorre un quadro giuridico e fiscale stabile e costante, che non cambi a ogni Legislatura. È l’unico modo per ponderare bene i risultati dei propri investimenti”. Mentre Marco Simoni, presidente della Fondazione Human Technopole, sottolinea che “il biotech è il motore essenziale per la salute, per l’ambiente e per l’economia nazionale”.

“Dobbiamo unire i puntini delle eccellenze italiane”, è inoltre l’auspicio del presidente di Assobiotec Federchimica, “per questo proponiamo alle istituzioni e a tutti gli stakeholder un Piano ‘lungo e largo’ per sviluppare il biotech del Paese”. In sostanza, tutto ciò è il prossimo grande cambio di paradigma, e di passo, che la nostra società dovrà affrontare per assicurare prosperità e benessere diffusi entro i confini e le risorse del Pianeta.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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