Già presidente di Confindustria Digitale e con una carriera manageriale importantissima alle spalle, da due mesi e mezzo a questa parte Elio Catania, classe ’46, sta vivendo una nuova sfida professionale nelle vesti di senior advisor del Ministero dello Sviluppo Economico per la politica industriale. Con questo cappello è intervenuto all’assemblea della Federazione ANIE raccontando alle imprese che cosa sta facendo il Ministero, soprattutto per quanto riguarda i progetti legati al Recovery Fund.
“Il lavoro che stiamo facendo è imperniato su tre assi di riferimento: la crescita sostenibile sulle tre dimensioni – economica, operativa e ambientale -; la centralità dell’impresa come motore di tutto; la capacità di filiera dei territori”, spiega.
Ma quali sono i progetti su cui sta lavorando il Ministero, dopo aver visto la prima, enorme lista da scremare? Il MiSE – spiega Catania – ha messo a punto una lista che si concentra su poche, ma importanti aree di progetto.
“La prima è quella relativa a Industria 4.0. È un tema centrale nella politica industriale del MiSE: dopo il 2017, quando ha generato 10 miliardi di investimenti, e il 2018, quando ne ha stimolati 15, nel 2019 il tiraggio del Piano è stato più basso ed è giusto chiedersi perché”, dice. “Il nuovo credito d’imposta, per esempio, è più conveniente, ma c’è evidentemente un tema di comunicazione”.
L’azione del Ministero dello Sviluppo Economico sul piano Transizione 4.0, come già anticipato dal ministro Stefano Patuanelli prevederà quattro mosse: “ritoccare le aliquote; aumentare i massimali; dare al piano un respiro triennale (con l’aiuto del Recovery Fund); introdurre la possibilità della cessione del credito”, dice.
Un altro tema cruciale è quello della formazione. “Sul credito d’imposta per la formazione c’è un problema: solo il 10% delle risorse è stato utilizzato e questo deve cambiare”, dice Catania.
Allo stesso modo sugli ITS, gli istituti tecnici superiori, “è fondamentale fare in modo che l’aumento dei ‘laureati’ diventi una realtà. Introdurremo poi incentivi per far sì che le imprese siano incentivate a partecipare agli ITS e borse di studio per gli studenti migliori”, spiega.
Poi c’è il nodo del trasferimento tecnologico. “In Italia ci sono centinaia di poli che non hanno mai fatto rete. Stiamo rafforzando la cooperazione sui grandi progetti europei (gli IPCEI, ndr) sulle batterie, la microelettronica. Abbiamo poi lavorato alla creazione di cinque centri di alta tecnologia in altrettante aree: intelligenza artificiale, quantum comuting, idrogeno, tecnologie verdi e biofarma. Infine stiamo pensando all’allargamento dei Centri di competenza, sul modello di quelli creati per la manifattura, ad altre aree: costruzioni, artigianato, distribuzione ecc.”.
Ci saranno poi dei progetti dedicati alla trasformazione energetica, a partire dalla riqualificazione energetica degli edifici, per arrivare alla decarbonizzazione e all’economia circolare e infine alla smart mobility.
Ancora, si lavorerà al “rafforzamento del sistema produttivo per migliorarne la resilienza con 4 aree di progetto: reshoring e riqualificazione delle aree depresse; liquidità per le imprese con il rafforzamento del fondo di garanzia e della Sabatini, strumenti pensati per fare in modo che la liquidità non rappresenti un problema per chi vuole fare investimenti; rafforzare le filiere (senza scegliere quale sia quella strategica), mettendo a disposizione strumenti per rafforzare il livello di integrazione anche tecnologico oppure anche aiutando le fusioni o l’integrazione; aiutare l’export, il made in Italy e l’internazionalizzazione”.
Infine c’è il nodo della semplificazione. “Stiamo risciacquando nell’Arno della semplificazione tutta la strumentazione esistente”, dice Catania. “Spesso gli strumenti sono difficili da decifrare, vengono cambiati in corso d’opera… oggi ci sono dei gruppi che stanno lavorando per ridisegnare completamente il modo di fare impresa”.
La chiave per il successo di questi progetti, comunque, “sarà l’execution“, dice Catania. “A metà 2021 avremo un ‘acconto’, ma se poi non sappiamo mettere a terra i progetti perderemo il resto”. È una questione che attiene alla “nostra collettiva capacità di eseguirlo e sarà uno sforzo assolutamente collettivo”.