Centro Studi Confindustria: “La crisi 2020 potrebbe avere effetti permanenti sulla potenzialità di crescita”

Il 2020 si chiuderà con un calo del PIL del 10%, che porterà il Paese ai livelli di 23 anni fa, mentre nel 2021 ci sarà un recupero del 4,8%, sempre ammesso che la crisi sanitaria sia tenuta sotto controllo. Sono i numeri principali contenuti nel rapporto pubblicato dal Centro Studi Confindustria, che mette in guardia: il forte shock subito dall’economia italiana, sommato all’incertezza sull’evoluzione dell’emergenza sanitaria, “potrebbe avere effetti permanenti sulla potenzialità di crescita”.

Pubblicato il 11 Ott 2020

2020

Il 2020 si chiuderà con un calo del PIL del 10%, che porterà il Paese ai livelli di 23 anni fa, mentre nel 2021 ci sarà un recupero del 4,8%, sempre ammesso che la crisi sanitaria sia tenuta sotto controllo. Sono questi i due numeri principali contenuti nel rapporto intitolato “Un cambio di paradigma per l’economia italiana: gli scenari di politica economica” pubblicato dal Centro Studi Confindustria.

Gli effetti della crisi sul PIL sono quindi stimati in peggioramento rispetto alle precedenti previsioni di maggio, quando si stimava una diminuzione del 9,6% nel 2020 e un rimbalzo del 5,6% nel 2021.

Tuttavia le previsioni di una crescita del 4,8% per il 2021 non tengono ancora conto della manovra (e dei livelli di indebitamento) delineati dal Governo nella NaDEF per il 2021. Includendola, in base alle stime del Governo, il PIL potrebbe salire al 5,7%.

L’analisi muove dalla considerazione che lo shock causato dal virus – che ha agito sia sulla domanda sia sull’offerta – ha colpito un’Italia già in una fase di stagnazione: in termini trimestrali, il PIL era rimasto sostanzialmente fermo da inizio 2018 a fine 2019. Nel complesso del 2019 era risultato in crescita di un modesto +0,3% annuo. La debolezza dell’economia italiana prima della crisi sanitaria era stata causata da un graduale peggioramento di entrambe le componenti della domanda, interna ed estera: sia investimenti e consumi, sia le esportazioni avevano frenato.

La tempesta perfetta del primo semestre

Nei primi due trimestri del 2020 la tempesta perfetta, causata da un doppio shock di domanda e offerta indotto dal blocco normativo delle attività in numerosi settori dell’industria e dei servizi e dalle limitazioni agli spostamenti delle persone, ha prodotto conseguenze dirompenti per l’economia: il PIL è diminuito del 17,8% cumulato (-5,5% e poi -13,0%), la produzione nell’industria di circa il 25%, il fatturato nei servizi di circa il 40%.

I consumi delle famiglie italiane sono diminuiti del 17,3% e gli investimenti fissi lordi del 22,6% (dato cumulato dei primi due trimestri). Ciò è spiegato sia dalle misure adottate per contenere la diffusione del virus, sia dall’incertezza su tempi e modi d’uscita dall’emergenza sanitaria; entrambi questi fattori hanno determinato il rinvio delle decisioni di spesa di imprese e famiglie. Queste ultime, inoltre, hanno modificato le proprie scelte di consumo, privilegiando le spese essenziali, oltre ad accrescere il risparmio a scopo precauzionale.

La fatica della ripresa

Nei mesi estivi, mentre altre attività ripartivano, la situazione dell’economia italiana è stata gravata dalla forte diminuzione dei flussi turistici, specie quelli stranieri. La quota di PIL italiano generata direttamente dal settore turistico prima della crisi era intorno al 6%, ma se si tiene conto degli effetti indiretti e indotti saliva circa al doppio. Tale perdita rappresenta, insieme all’incertezza, un significativo freno alla risalita economica nel secondo semestre del 2020.

La fine del lockdown, decisa a inizio maggio, ha determinato un’importante risalita della domanda (che in molti settori era sostanzialmente azzerata) e rilanciato l’attività nell’industria, dove si sono registrati incrementi più forti di quanto atteso dai principali previsori. L’indice PMI manifatturiero è salito a 53,2 a settembre, segnalando espansione. Nei servizi, invece, il recupero è molto più lento.

Ciò anche a causa della recente interruzione della tendenza calante dei contagi in Italia. Da agosto, il graduale aumento del numero di nuovi contagiati (in termini di quota sui tamponi effettuati è intorno al 2%), benché molto più contenuto rispetto a quanto osservato in altri paesi europei, rappresenta un fattore di incertezza e di preoccupazione sulle prospettive future, non solo in termini sanitari, ma anche di evoluzione del contesto economico.

Il peggioramento della situazione sanitaria negli altri paesi (in alcuni è concreta la possibilità che vengano decisi nuovi lockdown) potrebbe avere effetti importanti anche sull’economia italiana, in termini di caduta della domanda estera. Inoltre, le limitazioni di movimento possono impedire alle aziende italiane di promuovere all’estero i propri prodotti e servizi, riducendo le possibilità di raccogliere nuovi ordini commerciali. Questi fattori portano a spiegare la debolezza attesa per il PIL nel quarto trimestre del 2020.

Le conseguenze

Il forte shock subito dall’economia italiana nel primo semestre, sommato all’incertezza sull’evoluzione dell’emergenza sanitaria, che potrebbe durare ancora a lungo (in attesa del vaccino e/o della cura), potrebbe non essere riassorbito a causa dei cambiamenti indotti sulla struttura del sistema produttivo italiano e sui comportamenti degli attori economici.

“In assenza di adeguati interventi di politica economica, si corre il rischio che la caduta della domanda degli scorsi mesi porti a una marcata riduzione degli investimenti e quindi a un abbattimento della capacità produttiva, con effetti permanenti sulla potenzialità di crescita”, spiega il rapporto. “Sul fronte del lavoro, le conseguenze della caduta della domanda potranno riflettersi in una crescente disoccupazione, che riguarderà non solo lavoratori poco qualificati, ma anche professionalità specifiche. Cruciale, perciò, è agire tempestivamente per evitare che gli effetti transitori dello shock dei mesi scorsi diventino permanenti”.

Le previsioni per il 2021

Al netto di tali fattori di rischio, ci sarà un recupero graduale del PIL a partire dal primo trimestre del prossimo anno, accelerando soprattutto nel secondo semestre. Il tutto, ovviamente, a condizione che la diffusione del Covid-19 sia contenuta in maniera efficace, scongiurando quindi un ulteriore lockdown nazionale.

Fondamentali saranno – ça va sans dire – le misure di sostegno all’economia approvate a livello europeo, che dovrebbero produrre un impatto significativo sulla dinamica del PIL a partire dalla prossima primavera.

La ripartenza del commercio globale farà da traino alle esportazioni italiane, mentre il proseguire della risalita della fiducia di famiglie e imprese e migliori attese sull’economia italiana determineranno un importante stimolo per la domanda privata.

Tuttavia, il rimbalzo del PIL nel 2021 compenserà solo parzialmente la forte diminuzione di quest’anno: al quarto trimestre del prossimo anno i livelli di PIL saranno ancora inferiori di oltre il 3% rispetto a quelli di fine 2019.

La dinamica degli investimenti

“Dopo una dinamica lievemente negativa nella maggior parte del 2019, per la perdita di spinta degli incentivi per l’acquisto di beni strumentali e per industria 4.0, l’impatto del Covid-19 è stato devastante anche sugli investimenti”, si legge nel rapporto.

“La forte caduta della domanda già da febbraio e il peggioramento delle attese, oltre che la cancellazione di ordini segnalata da numerose indagini, hanno costretto le imprese industriali a rinviare molte scelte di investimento. La forte diminuzione nel primo trimestre ha compromesso la dinamica per l’intero anno, seppure sia atteso nei mesi estivi un significativo rimbalzo degli acquisti di beni strumentali. Tra maggio e settembre, buoni segnali sono venuti da un recupero della fiducia tra le imprese, sebbene ancora parziale”.

Gli investimenti fissi lordi, che rappresentano la componente più debole della domanda interna nel biennio di previsione, sono previsti in calo del 15,8% nel 2020 e in recupero parziale nel 2021 (+9,7%).

In particolare, si prevede una marcata risalita della spesa in macchinari (+9,4%) per “l’effetto netto di forze opposte: da una parte si ipotizza un miglioramento del contesto internazionale che spinge a una maggiore domanda e sostiene la fiducia degli imprenditori; in senso contrario potrebbe agire una nuova frenata del credito dopo il boom di quest’anno per la liquidità”.

Quanto alla produzione industriale, nel 2020 gli indici sono previsti in diminuzione di circa il 12%: una caduta meno profonda di quella registrata nel 2009 (-18,7%) a seguito della grande crisi finanziaria globale.

Valuta la qualità di questo articolo

Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4