L’emergenza Covid 19 ha stravolto la classifica delle priorità per le aziende, mettendo al primo posto i progetti strategici. E ha insegnato – o meglio dovrebbe avere insegnato – che per affrontare e superare fenomeni dirompenti occorre muoversi per tempo e in maniera sistematica.
Altrimenti, anche in ambiti aziendali innovativi, “è come mettere una pezza a un vestito logoro”, perché senza programmazione e una visione di più lungo periodo, come avvenuto in questi mesi, “abbiamo fatto di necessità virtù. E adesso dobbiamo sviluppare le virtù”, come ha sottolineato Alfonso Fuggetta, amministratore delegato e direttore scientifico Cefriel, intervenendo a ‘Made 4 Future: strategie e gestione dell’innovazione’, terzo appuntamento della rassegna di webinar organizzata dal Made, il Competence Center per l’Industria 4.0 capitanato dal Politecnico di Milano.
“La pandemia del Coronavirus – e questo vale per ogni cambiamento di livello globale – ci ha insegnato che o siamo pronti prima di un impatto dirompente, oppure si possono solo mettere delle pezze. Adesso però non bisogna limitarsi a sistemare le toppe sul vestito logoro”, fa notare Fuggetta, “bisogna pensare, investire, sviluppare le attività non solo oltre l’emergenza, ma con un’ottica di medio e lungo periodo. Ora occorre mettere in campo pianificazione e investimenti di medio e lungo termine, per infrastrutture, reti e innovazione di prodotto”.
E il direttore scientifico Cefriel fa qualche esempio pratico, a cominciare dallo Smart working: “non è semplicemente lavoro da remoto, bisogna avere le infrastrutture necessarie, i processi adeguati, e anche la giusta cultura aziendale, che deve essere già preparata a lavorare in modo completamente diverso rispetto a quanto fatto finora”. Il lavoro ‘agile’ è “una grande opportunità, ma significa poter condividere informazioni da ogni luogo e da ogni accesso online, significa quindi avere processi operativi digitalizzati, documenti e firme digitali, significa avere persone abituate a lavorare in autonomia e non dalle 9 alle 17 come quando si timbra il cartellino”.
Poi nelle imprese c’è tutta la parte di sviluppo e innovazione che riguarda macchinari e tecnologie: “le macchine utensili devono essere interconnesse via Internet per avere il controllo di gestione da remoto, e anche per fare manutenzione e assistenza a distanza. Solo così non ci sarà più bisogno di andare fisicamente in giro per il mondo, dall’Asia al Sud America, a riparare un guasto alle macchine, ma si potrà farlo – o aiutare a farlo – da un computer anche dal salotto di casa”.
In sostanza, l’innovazione digitale deve essere innovazione programmata, programmabile, sistematica. Non qualcosa che si fa navigando a vista. O inseguendo le ‘mode’ (tecnologiche) o le emergenze del momento.
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Le 3 fasi del processo di innovazione
E il processo di innovazione, il percorso che porta a creare qualcosa di nuovo, non è qualcosa di improvvisato o che si può fare dall’oggi al domani – come per affrontare impreparati un’emergenza –, perché “può essere schematizzato in 3 fasi da affrontare e completare”, rimarca Luca Ferraris, head of Innovation, marketing & technology del Gruppo Exprivia-Italtel.
E queste 3 fasi sono: “l’ideazione, vale a dire la raccolta e valutazione delle idee, per verificare se un’idea funziona; la prototipazione del progetto, per provare e sperimentare se l’idea può funzionare e passare l’esame del mercato; e infine, solo come terzo step, l’industrializzazione del prodotto, su vasta scala”.
Un percorso all’interno del quale il rapporto numerico tra le 3 differenti fasi “è in genere di 100 e poi 10 e poi 1: vale a dire per 100 idee che vengono valutate e considerate, 10 arrivano in fase di prototipazione, e una soltanto arriva alla fase finale della produzione su vasta scala”. Ecco uno dei motivi per cui l’innovazione non si può improvvisare. Può essere sostenuta, favorita, accelerata, ma per fare in modo che le soluzioni applicate non siano delle “toppe per tappare e coprire i buchi” di un’emergenza, occorre muoversi per tempo e con una visione in prospettiva.
Il Digitale è il fenomeno dirompente di questa epoca
C’è poi un quarto elemento da considerare, in questa scala di evoluzione e sviluppo, fa notare Ferraris, ed è “l’elemento dei finanziamenti, il Project financing“. E qui bisogna considerare e tenere ben presente che “le attività di finanziamento hanno in genere tempi di realizzazione di anni, e quindi molto più lunghi rispetto ai tempi di sviluppo di un’idea, che possono essere di alcuni mesi”. Ma su opportunità e prospettive del mondo Digitale il responsabile Innovazione del Gruppo Exprivia-Italtel è ottimista: “ciò che è stato e che è davvero rivoluzionario, in questi ultimi decenni, è lo sviluppo del Digitale, è questo ciò che caratterizza questa fase storica e che sta succedendo di veramente dirompente”.
Nel far partire e portare avanti un progetto di innovazione, secondo Paolo Delnevo, vice presidente Ptc, “occorre impostare un progetto pilota ma orientato non sulla scelta tecnologica, bensì sull’aspetto e sull’impatto finanziario di Business per l’azienda. Deve essere l’impatto finanziario migliore, di un determinato progetto, a spingere l’innovazione, e poi di conseguenza si scelgono le tecnologie più idonee per raggiungere l’obiettivo, e non viceversa”. Per cui occorre avere ben chiaro l’obiettivo di Business da raggiungere, anche in termini di impatto finanziario, in pratica, di quanto si punta a fare cassa e ad aumentare il fatturato per una data attività e realizzando un certo progetto. “E poi è necessario definire bene i tempi di sviluppo e realizzazione”, rimarca Delnevo, “occorre fare veloce, ma senza improvvisare, e procedere secondo priorità di intervento, e secondo gli obiettivi finanziari che si stimano di raggiungere”, perché “è fondamentale definire bene e in modo chiaro un progetto e una Governance. Non si digitalizza tanto per digitalizzare”. Ancora una volta, le macchine non devono essere il fine, ma il mezzo, lo strumento, con cui raggiungere i risultati prefissati.
Made Competence Center, anche webinar per le aziende
Il webinar su ‘strategie e gestione dell’innovazione’ è stato moderato da Marco Taisch, presidente del Competence center Made, che nei 2000 mq che ha a disposizione al Campus universitario Bovisa di Milano comprende isole dimostrative sulle principali tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0, dalla progettazione 3D ai cobot, dai big data alla cyber security, dall’efficienza energetica alle interfacce uomo macchina. Così le aziende possono comprendere come le soluzioni attualmente disponibili possano essere impiegate per migliorare la loro competitività. Oltre all’orientamento, il Competence Center del Politecnico milanese fa anche formazione nella modalità della teaching factory, rivolta a chi cioè lavora in impresa e deve sviluppare le proprie competenze, e aiuta quelli che sono già digital champion a rafforzarsi.
Il Made Competence Center è un partenariato pubblico privato di cui fanno parte Adecco, Aizoon Consulting, Alleantia, Altair, Alumotion, Beckhoff automation, BIP, Bosch, Brembo, Cefriel, Comau, Consoft, CSMT, Ecole, Enginsoft, Fincons, FPT Industrial, GI Group, Hitachi Rail, Hyperlean, IBM, Italtel, Kilometro rosso, Kuka, MBDA, Parametric Technology, Prima industrie, Reply, RF Celada, Rockwell Automation, SAP, SEI Consulting, SEW Eurodrive, Siemens, STMicroelectronics, Techedge, Tesar, Trust4value, Whirlpool. E continuerà a organizzare webinar online dedicati ai temi e alle prospettive dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione per le imprese.