Lo scenario della formazione, un tema strategico per l’Italia, raccontato in un libro. Si tratta di “Il Futuro della Formazione”, volume che Pietro Guindani, vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Innovazione e Capitale Umano, e Patrizia Paglia, presidente di Confindustria Canavese, hanno presentato in un colloquio con Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda con delega ad Affari Istituzionali, Organizzazione, Cultura e Legalità, che ha moderato l’evento. In occasione della presentazione del volume sono intervenuti anche Andrea Gavosto, Direttore Fondazione Giovanni Agnelli – tra gli autori del libro – ed Elio Franzini, Rettore dell’Università degli Studi di Milano e Rappresentante del Comitato di Coordinamento delle Università lombarde.
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L’obiettivo
Il libro, che si aggiunge alla serie di volumi che Assolombarda ha dedicato ai temi strategici per la crescita del Paese, raccoglie le proposte che l’Associazione, in collaborazione con Confindustria Canavese, ha elaborato a partire da una riflessione sul mondo dell’Education e sulle sue prospettive per il futuro, anche alla luce degli impatti derivanti dal Coronavirus. La scuola infatti è stata riportata al centro del dibattito pubblico dall’emergenza sanitaria così come è accaduto, per esempio, per la sanità, il lavoro e la mobilità.
“Lo scenario socioeconomico attuale impone una riflessione seria e corale sul futuro della formazione – ha dichiarato Pietro Guindani, Vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Innovazione e Capitale Umano -. Queste circostanze senza precedenti di emergenza e di distanziamento spaziale hanno restituito al comparto educativo una diffusa consapevolezza del proprio valore e del proprio insostituibile ruolo. In quest’ottica, possiamo leggere l’emergenza Covid-19 come un acceleratore di un processo di rinnovamento che era già in corso e che ci auguriamo possa definitivamente traghettare verso una nuova modernità il sistema educativo, che nel frattempo ha dimostrato una straordinaria capacità di reazione, caratterizzata da una progressiva digitalizzazione, sviluppando soluzioni tecnologiche da remoto per supplire alla didattica in presenza. Oggi più che mai, siamo tutti chiamati – imprenditori, classe dirigente, insegnanti, studenti e decisori pubblici – a comprendere a fondo la rilevanza strategica dell’investimento in formazione e capitale umano, un fattore fondamentale per l’individuo perché possa maturare una piena cittadinanza sociale ed economica. Un Paese che non investe in formazione, è un Paese che non scommette sul proprio futuro”.
I consigli per le aziende
Le raccomandazioni contenute nel volume evidenziano una serie di azioni di intervento funzionali a sviluppare un sistema di istruzione e formazione in grado di accompagnare i giovani nel corso del proprio sviluppo formativo – puntando su percorsi di orientamento diffusi ed efficaci – fino al loro ingresso nel mondo del lavoro con un duplice obiettivo. Da un lato, accrescere la qualità dei processi educativi e le competenze dei giovani, dall’altro, valorizzare l’impegno formativo delle aziende e promuovere una cultura diffusa della formazione.
Tra gli interventi proposti si sottolinea la necessità di una maggiore focalizzazione sulle competenze digitali e le discipline STEM, dove l’Italia sconta un consistente ritardo. È forte la carenza di tali competenze, con ripercussioni preoccupanti anche nel mondo del lavoro: secondo le rilevazioni dell’Ocse, solo il 36% della popolazione è infatti in grado di utilizzare Internet in maniera complessa e diversificata, mentre in Francia e Spagna tale percentuale supera il 50% e nel Regno Unito addirittura il 70%. Al contempo, è ancora troppo bassa la diffusione di competenze STEM, che in Italia interessano una quota di laureati pari a solo il 23,3%, rispetto al 35,6% della Germania.
In secondo luogo, il volume propone un forte investimento su percorsi di re-skilling e di up-skilling per i lavoratori già inseriti nel mercato del lavoro. Il modello educativo tradizionale legato all’istruzione sui banchi di scuola va sostituito con un sistema di formazione continua lungo tutto l’arco della vita. Infatti, le sfide di competitività, indotte in particolare dai nuovi paradigmi produttivi della quarta rivoluzione industriale, richiedono alle imprese la capacità di adottare approcci radicali al cambiamento in termini di strategie di mercato, di processi e di prodotti.
Scuola e università
Il libro si sofferma poi sull’importanza di iscrivere a pieno titolo le imprese a partner del mondo della formazione, per dare vita – per esempio – a corsi di laurea capaci di rispondere realmente alle esigenze di occupazione dei giovani. Oggi l’Italia non soffre solo di un grave disallineamento tra sistema educativo e produttivo, ma anche di un numero di laureati decisamente troppo basso (27,8% nella fascia 30-34 anni) rispetto all’obiettivo europeo 2020 del 40,7%, nonostante vada evidenziato un significativo avanzamento negli ultimi anni. A questo si aggiunge l’abbandono precoce dei percorsi di studio, un fenomeno che interessa ancora il 14,5% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni (un terzo in più della Germania).
Nel libro si sottolinea inoltre la necessità di attribuire rinnovata visibilità sociale al comparto tecnico e professionale dell’istruzione. In questa direzione bisogna lavorare sul rafforzamento dell’autonomia degli istituti tecnici, affinché si definiscano piani di studio coerenti con le specializzazioni dei territori, anche attraverso l’inserimento di docenti provenienti dal mondo produttivo. La carenza riscontrata dalle imprese di figure tecniche con competenze idonee a supportare i processi produttivi e di innovazione digitale va ricondotta anche alla poca conoscenza dei percorsi tecnici e professionali tra i giovani e le famiglie e allo scarso appeal che attualmente riscuotono.
Eppure, nell’ambito della formazione terziaria, i risultati degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono brillanti. Infatti, con un tasso di occupazione dell’80% a un anno dal conseguimento del titolo, rappresentano una valida offerta formativa, che purtroppo non è ancora in grado di incidere sul tasso di disoccupazione giovanile italiano per via del numero ancora limitato di iscritti, pari a solo 15mila studenti nel nostro Paese (di cui il 20% in Lombardia). Occorre dunque incrementare le risorse a favore degli ITS – per i quali l’investimento statale è di 48 milioni a fronte dei 7 miliardi per l’università – e, al contempo, lavorare sulla promozione verso i giovani e le famiglie di questi percorsi che, per la stretta collaborazione con le imprese, oggi rappresentano l’esperienza più compiuta di modello di formazione duale in Italia.
Infine, nel libro ci si sofferma sulla necessità di rilanciare gli strumenti dell’alternanza e dell’apprendistato. Oggi solo il 3,0% dei giovani italiani di età inferiore ai 25 anni alterna percorsi strutturati di studio e di lavoro, valore assai inferiore alla media europea pari al 19,9% e al 36,3% della Germania. Per incrementare tali esperienze è necessario anche un maggiore coinvolgimento da parte delle aziende, che può essere incentivato riconoscendo il loro impegno formativo, ad esempio attraverso un credito di imposta per i costi del personale aziendale impegnato nelle attività di partnership didattica.
Si può scaricare il libro gratuitamente e senza registrazione qui.