Tra marzo e maggio 2020 sono state aperte 44.090 imprese in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un calo delle iscrizioni al registro del 42,8%, rilevato dal Centro Studi delle Camere di Commercio e reso noto da Unioncamere, che ha tenuto l’Assemblea annuale, occasione per lanciare anche una proposta in dieci punti al Governo, rappresentato da Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico.
Le regioni in cui il calo di iscrizioni al Registro delle imprese è stato maggiore sono quelle del nord-ovest (-49,4%). In Lombardia in particolare si rileva il risultato peggiore (-52,3%, pari a 8.721 nuove aziende in meno), seguita dalle Marche (-51,5% per 1.280 nuove aperture mancate), Toscana (-47,6%), Emilia Romagna (-47,2%) Friuli-Venezia Giulia (-45,5%) e Piemonte (-44,8%).
I cali minori di iscrizioni si registrano nelle isole (-31,6%, cioè 3.345 nuove imprese in meno) e al sud (-36,6%, 9.112 imprese). In particolare, le percentuali più basse riguardano Basilicata (-23,7%), Sicilia (-28,5%) e Campania (-31,7%).
Guardando invece ai principali settori economici, la più vistosa emorragia di nuove iscrizioni al registro delle imprese riguarda quello della confezione di articoli di abbigliamento (-59,2%, cioè 497 nuove imprese in meno), seguito dai servizi di ristorazione (-54,1%) e alloggio (-53,9%). Il settore della riparazione, manutenzione ed installazione delle macchine vede ridursi del 33% il numero di nuove imprese tra marzo e maggio 2020, mentre per la produzione di software il calo è analogo (-33,8%).
I settori più resistenti si confermano le attività ausiliare dei servizi finanziari (-9,1%, solo 154 nuove aperture in meno) e quelli alimentare (-22,3%) e agricolo (-24,9%).
I dieci punti su cui intervenire
Le Camere di Commercio italiane hanno indicato dieci punti chiave per il rilancio dell’Italia. “Si tratta di agire su digitalizzazione e tecnologie 4.0, infrastrutture, semplificazione, giustizia civile e mediazione, internazionalizzazione, turismo, nuove imprese e giovani, sostenibilità, formazione, dotazione finanziaria e irrobustimento organizzativo delle imprese: agire su questi punti è la vera priorità del Paese”, ha detto il Presidente di Unioncamere Carlo Sangalli nel corso dell’Assemblea. “Spingere l’acceleratore sulla digitalizzazione delle imprese e sull’adozione delle tecnologie 4.0 porterebbe un incremento di oltre un punto e mezzo di Pil nel breve termine, mentre ridurre gli oneri burocratico-amministrativi sulle imprese (in primo luogo quelli legati all’avvio di un’azienda o al pagamento delle imposte) vuol dire per l’Italia recuperare quasi 2 punti di Pil”.
Unioncamere ha calcolato infatti l’impatto di alcune riforme sull’economia nel breve termine. Oltre a quelle ricordate da Sangalli, si rileva come un intervento sulla qualità del capitale umano e sulla formazione permetterebbe di aumentare il Pil italiano di 1,1 punti. Con gli investimenti green si stima un +0,9, con una riforma della giustizia civile +0,4 e, infine, una riforma dell’internazionalizzazione che permettesse alle imprese manifatturiere occasionalmente esportatrici di generare gli stessi flussi di export di quelle già esperte contribuirebbe a far salire il Pil nazionale di 0,7 punti.