Macchine tessili, primo trimestre in calo del 31%

Il 2020 non si apre nel migliore dei modi per il comparto dei costruttori di macchine tessili. Dopo un 2019 chiuso con un calo della produzione (-13%) e delle esportazioni (-14%), nel primo trimestre 2020 gli ordini fanno registrare una decisa flessione causata anche dall’emergenza Covid-19.

Pubblicato il 30 Apr 2020

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Il 2020 non si apre nel migliore dei modi per il comparto dei costruttori di macchine tessili. Dopo un 2019 chiuso con un calo della produzione (-13%) e delle esportazioni (-14%), nel primo trimestre 2020 gli ordini fanno registrare una decisa flessione causata anche dall’emergenza Covid-19.

L’indice degli ordini per le macchine tessili elaborato da Acimit, l’Associazione dei costruttori italiani di macchine tessili, risulta infatti in calo del 31% nel periodo gennaio-marzo 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Il valore dell’indice si attesta a quota 72,2 punti (base 2015=100).

La raccolta degli ordini dei costruttori italiani è stata negativa sia sui mercati esteri che in Italia, ma a gravare maggiormente sono le performance registrate sul mercato domestico. All’estero infatti si è riscontrata una flessione del 26%, mentre sul mercato interno l’indice degli ordini ha segnato un -57% rispetto al primo trimestre 2019.

L’impatto della crisi sanitaria

A inizio 2020 il meccanotessile italiano ha dovuto affrontare l’emergenza Coronavirus, che ha comportato, quale prima conseguenza, la frenata dei principali mercati del settore, Cina, Turchia e India, fin dal primo mese del 2020. Poi il lockdown italiano. “Il lockdown prolungato – spiega Alessandro Zucchi, presidente di Acimit – ci ha svantaggiato rispetto ai concorrenti esteri, come la Germania, che hanno continuato a lavorare e produrre. La salute dei lavoratori è sempre stata al primo posto per le nostre imprese, che hanno chiuso la propria attività, al fine di adeguarsi alle direttive del governo per ripartire in sicurezza. Proprio per questo motivo e per la rilevanza strategica che ricopre il nostro settore, esportando oltre l’80% della produzione, ci attendevamo di ripartire prima”.

La preoccupazione attuale dei costruttori non è solo per un ulteriore calo degli ordini nel secondo trimestre dell’anno, ma anche per le difficoltà che tecnici e montatori avranno per raggiungere i clienti nei Paesi dove, pur con il riavvio delle attività produttive, vigono ancora restrizioni all’entrata e alla libera circolazione degli stranieri. Il personale dovrà sottostare a periodi di quarantena sia arrivando nei Paesi di destinazione sia al proprio ritorno in Italia.

“Federmacchine – osserva il presidente di Acimit – ha sollevato il problema dell’obbligo dell’isolamento per 14 giorni ad ogni rientro in Italia per questa tipologia di personale, che trascorre solitamente pochi giorni tra un rientro ed una nuova partenza. Il servizio di assistenza è tra i fattori chiave della competitività e dell’eccellenza delle nostre aziende. Per questo abbiamo chiesto ai Ministri competenti di parificare il trattamento delle trasferte all’estero brevi a quello del personale transfrontaliero, e, per periodi di permanenza all’estero più lunghi, la possibilità di effettuare immediatamente sul lavoratore test (tampone, test sierologici o altro) che consentano, in caso di negatività, l’immediato reingresso al lavoro”.

Ma i costruttori italiani di macchine tessili esprimono preoccupazione anche per quanto previsto dal DL Cura Italia all’art. 42, comma 2, in cui si equipara il contagio da Covid-19 del lavoratore all’infortunio sul lavoro, con la conseguente responsabilità in carico al datore. “Riteniamo concettualmente improprio – conclude Zucchi – considerare il contagio da Covid-19 alla stregua di un infortunio sul lavoro, con tutto ciò che comporta sia a livello penale che economico. E’ pressoché impossibile dimostrare il nesso causale tra contagio e ambiente di lavoro, posta la spiccata contagiosità del virus e le poche certezze scientifiche sui vari veicoli di contagio. Il datore, che ottempera alle disposizioni dei protocolli di sicurezza firmati con tutte le parti in causa, è assurdo che si trovi, comunque, ad avere un ulteriore aggravio in termini di responsabilità penali. Il contagio da Covid-19 è da considerarsi malattia e non infortunio sul lavoro”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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