Le stime di Anima: “Per ogni giorno di lockdown la meccanica italiana perde 900 milioni di fatturato e 4.500 occupati”

I dati dell’Ufficio Studi di Anima Confindustria evidenziano che la meccanica italiana sta perdendo 900 milioni di euro di fatturato al giorno. Il lockdown ha costretto alla chiusura circa il 90% delle imprese del comparto, mettendo a rischio 4.500 posti di lavoro al giorno. Il presidente Nocivelli chiede di ripartire al più presto anche perché le aziende sono in grado di lavorare in sicurezza.

Pubblicato il 03 Apr 2020

meccanica

La meccanica italiana sta perdendo 900 milioni di euro di fatturato al giorno. Le modifiche alla lista dei codici Ateco delle attività essenziali che hanno potuto continuare la produzione hanno infatti escluso gran parte delle aziende della meccanica varia, costringendo alla chiusura circa il 90% delle imprese del comparto. L’Ufficio Studi di Anima Confindustria stima che per ogni giornata di chiusura si rischi di perdere ben 4.500 posti di lavoro. Nei soli dieci giorni lavorativi di lockdown, quindi, il volume di fatturato a rischio è di 9 miliardi di euro, con 45.000 persone che potrebbero trovarsi senza lavoro.

Il blocco delle attività produttive sta causando enormi danni al settore, e rischia di stravolgere per sempre il futuro della meccanica italiana. Per questo motivo gli industriali chiedono di far ripartire al più presto le aziende adottando tutte le misure di sicurezza necessarie, prima che sia troppo tardi.

“Siamo da sempre allineati con le misure adottate per gestire in sicurezza questa emergenza, ma proprio come, con le dovute cautele, stiamo garantendo l’approvvigionamento alimentare e i servizi essenziali, dobbiamo essere messi nelle condizioni necessarie per garantire un futuro al nostro Paese”, dichiara Marco Nocivelli, Presidente di Anima Confindustria Meccanica. “È fondamentale poter ricominciare a lavorare, in sicurezza, magari a ritmi ridotti, ma ripartire. Non possiamo mantenere totalmente bloccate  le nostre fabbriche, che sono il nostro asset principale. Da imprenditori dobbiamo avere la possibilità di mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, avere i Dpi necessari, e poi certamente garantire le distanze tra le persone, ridurre o modulare i turni, e garantire ai dipendenti spostamenti sicuri, ma dobbiamo mantenere vivo il nostro tessuto produttivo. Questo è l’unico modo per garantire al nostro Paese l’uscita da questa crisi, che non sarà solo sanitaria ma economica e infine sociale se non interveniamo da subito”.

Nocivelli (Anima): “Ripartire in sicurezza”

I dati elaborati dall’Ufficio Studi di Anima Confindustria, associazione di categoria a cui sono associate imprese che generano 43 miliardi di ricavi, rilevano che le sole aziende della meccanica varia rischiano di perdere 180 milioni di euro al giorno di fatturato, sia per l’impossibilità di avviare nuove commesse, sia per i ritardi e le disdette degli ordinativi. Per loro, ogni giorno di lockdown, inoltre, comporta il rischio di ben 900 posti di lavoro nella meccanica varia: in proporzione, significa che chiude una media azienda del settore ogni 24 ore. La stima è che dal 23 marzo al 3 aprile nella meccanica italiana si sarebbero persi 1,8 miliardi di fatturato e i posti di lavoro a rischio sono già 9.000.

Per questo motivo da Anima (che ha mandato al Governo sette proposte per tutelare le imprese) arriva una forte richiesta di ripartire con la produzione, per evitare che le perdite di questi giorni costringano alcune aziende della meccanica a non riaprire più. “Il lockdown imposto per decreto sta sgretolando la tenuta delle filiere produttive”, continua Nocivelli. “Se non ricominceremo a produrre al più presto, perderemo fornitori e vi saranno aziende incapaci di aprire perché avranno perso per sempre la clientela estera che avevano faticosamente conquistato negli ultimi anni: la domanda continuerà ad esserci, ma l’industria italiana si troverà impreparata e in una posizione di forte debolezza”.

Uno dei problemi più grandi che sta affrontando la meccanica italiana non è solo il blocco dell’attività produttiva, ma la connessa perdita di clientela. “Gli aiuti economici a sostegno delle imprese serviranno, ma se non preserviamo oggi i nostri asset produttivi, nessun aiuto ci potrà far ripartire”, conclude Nocivelli. “Essere responsabili significa anche tenere conto di questi elementi. Un Governo in una crisi come questa, come ha detto anche il premier Giuseppe Conte, deve fare delle scelte coraggiose anche se dolorose. Restiamo a casa ma salviamo il nostro tessuto produttivo e tuteliamo veramente il futuro dei lavoratori”.

Anche il settore dei produttori di beni strumentali, rappresentato da Federmacchine, chiede di far ripartire al più presto le proprie aziende manifatturiere, con le necessarie garanzie di sicurezza nelle linee produttive e negli uffici, perché altrimenti si rischia una fermata definitiva per moltissime aziende. In una lettera inviata al Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il Presidente di Federmacchine Giuseppe Lesce afferma che le aziende associate si rendono disponibili “anche ad esaminare strumenti di controllo più stringenti ed innovativi per la salvaguardia della salute dei lavoratori”.

Della stessa idea il Presidente di Assofond Roberto Ariotti, che rappresenta i produttori di materiale da fonderia. “Nel nostro settore vi sono le massime condizioni di sicurezza possibili e credo che sia cruciale ripartire”, dichiara. “Anche perché gli aiuti dello Stato prima o poi finiscono. E mi chiedo: se le aziende non lavorano, da dove arriveranno le risorse?”.

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Francesco Bruno

Giornalista professionista, laureato in Lettere all'Università Cattolica di Milano, dove ha completato gli studi con un master in giornalismo. Appassionato di sport e tecnologia, compie i primi passi presso AdnKronos e Mediaset. Oggi collabora con Dazn e Innovation Post.

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