Macchinari 4.0 portati all’estero, non sempre si perde l’iperammortamento

Non sempre scatta l’obbligo di restituire il beneficio dell’iperammortamento (meccanismo di recapture o recupero) quando un bene per il quale si fruisce dell’iperammortamento viene portato all’estero. Lo spiega l’Agenzia delle Entrate nella sua risposta all’interpello n.14 del 24 gennaio 2020.

Pubblicato il 28 Gen 2020

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Non sempre scatta l’obbligo di restituire il beneficio dell’iperammortamento (meccanismo di recapture o recupero) quando un bene per il quale si fruisce dell’iperammortamento viene portato all’estero. Lo spiega l’Agenzia delle Entrate nella sua risposta all’interpello n.14 del 24 gennaio 2020.

A partire dal 2018, il cosiddetto Decreto Dignità (DL 87/2018 convertito poi nella Legge 96/2018) dispone che l’agevolazione dell’iperammortamento spetta a condizione che i beni agevolabili siano destinati a strutture produttive situate nel territorio nazionale. Nel caso in cui, nel corso del periodo di fruizione del beneficio, i beni oggetto di agevolazione sono ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive, anche se appartenenti alla stessa impresa, situate all’estero, si procede al recupero dell’agevolazione.

L’interpello è stato posto da un’azienda che fa noleggio di beni utilizzabili nel settore edilizio. I clienti dell’azienda sono aziende italiane che temporaneamente possono impiegare i beni noleggiati presso cantieri esteri. L’azienda chiede quindi se il temporaneo utilizzo all’estero vada considerato “destinazione a struttura produttiva situata all’estero” con conseguente recupero dell’agevolazione.

Le motivazioni della risposta dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia intanto ricorda che già la circolare n. 8/E del 10 aprile 2019 ha chiarito che l’espressione “destinazione a strutture produttive situate all’estero” va considerata equivalente a “delocalizzazione”. La logica del meccanismo di recupero dell’agevolazione è infatti ostacolare comportamenti volti alla fruizione in Italia di un’agevolazione fiscale in assenza di un contributo, da parte del bene stesso, al processo di trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa ubicata in Italia titolare degli stessi.

Nel caso dell’azienda che ha fatto l’interpello – prosegue la risposta – si tratta di una società indipendente (cioè senza controllanti né controllate) che lavora con clienti italiani. Inoltre l’eventuale trasporto del bene 4.0 al di fuori del territorio dello Stato ha un carattere meramente temporaneo ed eccezionale.

Da ultimo, il fatto che i macchinari siano “4.0” consente all’azienda proprietaria, tramite l’interconnessione con i sistemi informatici aziendali, lo scambio di dati relativi al funzionamento e all’operatività del bene, in termini, ad esempio, di localizzazione, ore di lavoro effettuate, carichi effettuati, tempi di fermo macchina. I macchinari, cioè, contribuiscono all’azienda di migliorare la sua competitività sul mercato mediante un’assistenza più specifica e tempestiva ai suoi clienti.

Questi elementi, conclude l’Agenzia, lasciano ritenere che “la fattispecie sottoposta all’esame della scrivente non configuri una destinazione a struttura produttiva situata all’estero ai sensi del citato articolo 7, comma 1, del Decreto Dignità, mantenendo i beni un nesso funzionale con l’attività d’impresa svolta in Italia”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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