La transizione energetica come motore di innovazione: le proposte di Legambiente

Le sfide per accelerare la transizione energetica e climatica hanno molto a che fare con il tema dell’innovazione: ecco le proposte di Legambiente per la prossima Legge di Bilancio 2020

Pubblicato il 12 Nov 2019

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La transizione energetica e climatica può essere un forte motore di innovazione. Nel segno dello sviluppo sostenibile, della Green economy, di aziende che producono meglio, che consumano, inquinano e sprecano meno.

Ma per percorrere strade così grandi, sono fondamentali scelte politiche, economiche e industriali che traccino il percorso da seguire. Che favoriscano e sostengano determinate azioni e risultati, piuttosto che altri.

Scelte strategiche, appunto, ma non ‘massimi sistemi’: perché poi hanno un impatto diretto, e forte, su tutte le aziende, sulle loro attività, e sul sistema economico del Paese. Per questo, in vista della prossima Legge di Bilancio 2020, Legambiente presenta le proprie visioni, strategie e proposte di intervento, in un documento dal titolo ‘È ora il tempo del Green New Deal‘. Perché la prossima Legge di Bilancio sarà il primo banco di prova per capire se il nostro Paese ha davvero deciso di intraprendere questa strada e se sono veri gli impegni presi dal nuovo Governo in direzione di una svolta di sviluppo Green.

“Quello che sembra mancare nel dibattito politico è la comprensione che la transizione energetica è una grande opportunità di rilancio industriale e economico del Paese”, fanno notare gli esponenti di Legambiente: “tutti gli studi e i dati confermano che investire in questa direzione conviene”.

Nel Def (il Documento di economia e finanza) presentato nelle scorse settimane dal Governo si prevede un primo intervento sui sussidi ambientali e la creazione di un fondo per gli investimenti Green.

Ma, secondo le prospettive di Legambiente, “è importante che non prevalga, anche in questa Legge di Bilancio, l’idea che le priorità sono le clausole Iva e i vincoli di bilancio, mentre le scelte indispensabili a fermare i cambiamenti climatici possono aspettare. Perché oggi più che mai abbiamo bisogno di mettere in moto un cambiamento condiviso”.

Lo sviluppo della transizione energetica

La transizione energetica porterà nel giro di pochi anni alla chiusura di centrali a carbone e olio combustibile in alcuni territori – da Porto Torres a Brindisi, da La Spezia a Civitavecchia -, obbligherà molte imprese a ripensare e in alcuni casi a chiudere le proprie produzioni, con conseguenze sul lavoro e le comunità di alcune aree del Paese.

Ma anche le innovazioni a cui stiamo assistendo nella mobilità elettrica, nella produzione da solare, nell’efficienza energetica in edilizia, se da una parte consentono di azzerare emissioni e consumi di fonti fossili nelle abitazioni, dall’altra rischiano di non essere alla portata di tutti, perché costose.

Per questo, secondo Legambiente, occorre intervenire sulla fiscalità, favorendo l’economia circolare e l’efficienza energetica. Occorre “ridisegnare accise, aliquote Iva e tassazione sulla base dell’impatto ambientale e sociale, in modo da premiare innovazione ambientale e efficienza, le filiere territoriali di qualità”.

Una grande sfida di innovazione

La transizione energetica è una grande sfida di innovazione, “che deve vedere protagonisti il Ministero dello sviluppo economico e quello del Lavoro, nel portare avanti nuove politiche e nel ripensare quelle esistenti”, per le imprese e per le aree di crisi industriale.

In parallelo occorre costruire politiche capaci di portare avanti diversi obiettivi: aiutare le imprese a realizzare investimenti per i consumi energetici nei propri cicli produttivi e ridurre il consumo di materie (attraverso un allargamento di Industria 4.0); coinvolgere le grandi imprese a controllo pubblico nei processi di innovazione e ricerca strategici nei prossimi anni (dallo Storage alle bioraffinerie, all’integrazione del 5G nei processi produttivi, all’eolico off shore galleggiante) con un indirizzo strategico di impegno su questi temi (a partire da Eni e Leonardo).

E poi, ancora: supportare le start up che in Italia vogliono puntare su ricerca e sviluppo in questi settori; affrontare le situazioni di crisi industriale in modo nuovo, concentrando qui risorse per l’innovazione industriale e la formazione dei lavoratori, per accompagnare la nascita di nuove attività attraverso un ruolo più incisivo delle risorse di Banca europea degli investimenti (Bei) e Cdp.

Recuperare subito un miliardo di euro

Tutto ciò va fatto puntando anche a realizzare tre obiettivi fondamentali.

Il primo obiettivo è di recuperare già nel 2020 oltre un miliardo di euro da rendite ai danni dell’ambiente e sussidi alle fonti fossili, che possono essere investiti in interventi di cui abbiamo bisogno. Intervenendo con gradualità, queste entrate si stima possano arrivare nel 2025 a 2,5 miliardi di euro semplicemente applicando i canoni in vigore negli altri Paesi europei. L’insieme di queste misure, può creare le condizioni per realizzare un cambiamento rilevante anche perché le entrate previste sarebbero strutturali e ogni anno si potrebbero programmare nuovi interventi e investimenti Green.

Chi inquina paghi

Il secondo obiettivo è di avviare nel 2020 una riforma della fiscalità che faccia pagare chi inquina e che intervenga sui sussidi ambientalmente dannosi, presenti nei diversi settori, per trasformarli in incentivi all’innovazione e investimenti industriali.

Si tratta dei 19 miliardi di euro di sussidi che oggi esistono in settori strategici come i trasporti, l’industria, l’agricoltura, gli usi civili che devono trasformarsi in investimenti in innovazione ambientale a vantaggio delle imprese e delle famiglie. Inoltre la revisione della fiscalità sulla base dell’inquinamento prodotto e l’introduzione di una carbon tax potrebbe permettere di recuperare ulteriori risorse, crescenti al 2030, da destinare per metà agli investimenti Green e per metà alla riduzione della fiscalità sul lavoro in particolare per chi guadagna di meno.

Un fondo verde

Il terzo obiettivo è di spostare gli investimenti infrastrutturali e energetici verso la mobilità sostenibile e le fonti energetiche rinnovabili. La creazione di un fondo verde per gli investimenti in cui incanalare le risorse europee, che la nuova Commissione europea ha annunciato di voler stanziare, e di quelle nazionali, deve diventare l’occasione per cambiare davvero strada nel nostro Paese.

Attenzione però a guardare unicamente alle risorse economiche da mobilitare”, mette in guardia il rapporto di Legambiente: “la transizione ecologica sarà impossibile senza una profonda modifica del modo in cui le politiche sono portate avanti nel nostro Paese. Perché si deve superare una situazione di separazione e frammentazione degli interventi, e mettere in campo una nuova visione d’assieme delle politiche”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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