Rinnovo dell’iperammortamento o credito d’imposta per l’innovazione 4.0? L’intervento di domenica alla festa dei Cinquestelle a Napoli del ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli sembra confermare l’ipotesi di un nuovo incentivo che potrebbe prendere il posto di super e iperammortamento.
Della questione si è occupato anche Il Sole 24 Ore in due articoli a firma di Carmine Fotina, in cui vengono illustrati i due possibili scenari del possibile rinnovo degli incentivi per Industria 4.0 – Impresa 4.0.
La prima ipotesi sarebbe sponsorizzata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze guidato da Roberto Gualtieri. È uno scenario che vedrebbe un sostanziale rinnovo degli strumenti attuali, seppur rimodulati a scalare e impostati in un’ottica di medio periodo (3 anni). È lo scenario di cui vi raccontavamo in questo articolo pochi giorni fa e che finora appariva prevalente.
La seconda ipotesi è quella di uno strumento unico che inglobi tutti quelli attualmente esistenti. Non è un’ipotesi nuovissima, visto che se ne parlava nei mesi estivi, quando pareva emergere un orientamento a rivedere in maniera più sostanziale gli incentivi del piano Impresa 4.0. Secondo il Sole 24 Ore questo orientamento sarebbe prevalente nel Ministero dello Sviluppo Economico e vedrebbe una vera e propria rivoluzione con l’azzeramento di super e iperammortamento e l’introduzione di un nuovo credito di imposta: “uno strumento unico di accesso ai finanziamenti”, come ha detto poi a Napoli domenica il ministro Patuanelli, il cui scopo sarebbe quello di semplificare l’accesso agli strumenti di incentivo e permettere agli imprenditori di non dover ricorrere all’ausilio di un consulente.
Nelle ipotesi rilanciate dal Sole si tratterebbe di un nuovo credito d’imposta per l’innovazione 4.0 articolato in tre o quattro aliquote: il credito sarebbe più alto per gli investimenti su sostenibilità ambientale ed economia circolare (un bonus che potrebbe arrivare al 40%, più o meno corrispondenti al valore dello sconto che offre oggi l’iperammortamento al 270%); poi potrebbe esserci un’aliquota intermedia per i grandi progetti di fabbrica 4.0, una per gli attuali beni coperti dall’iperammortamento (circa il 15-20%, ma le cifre non sono certe) e infine una aliquota al 6% per tutto il resto dei beni strumentali (sostituendo così il superammortamento al 130% che oggi vale il 7,2% di sconto fiscale). Il credito d’imposta andrebbe diluito in 2-3 anni e sarebbe svincolato dal piano di ammortamento dei beni agevolati.
A queste misure si affiancherebbe, in entrambi gli scenari, un credito d’imposta per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione (quindi con un perimetro ampliato rispetto all’attuale incentivo) e un altro credito d’imposta per la Formazione 4,.0 a perimetro allargato, cioè utilizzabile per coprire, oltre al costo del personale impegnato a seguire i corsi, anche quello del personale docente, raccogliendo così le proposte di Ucimu – Sistemi per produrre.
Indice degli argomenti
Quale scenario preferire?
Ora, premesso che senza una chiara indicazione delle aliquote (in entrambi i casi) è chiaramente impossibile fare un confronto preciso tra i due scenari, qualche ragionamento sulla loro ratio e sulle conseguenze è già possibile farlo.
Sul rinnovo triennale degli strumenti attuali con décalage per l’iperammortamento abbiamo già fatto delle ipotesi. È uno scenario realistico, che piace a tutti (compresa Confindustria) e che punterebbe su uno strumento automatico di comprovato (se pur faticosamente raggiunto) funzionamento.
L’unica incognita, oltre ovviamente all’ammontare delle aliquote, è quella delle “premialità” che andrebbero aggiunte per sostenere i progetti di ammodernamento che hanno un impatto positivo sull’ambiente o i grandi progetti che coinvolgono più attori della filiera. Il nodo non è tanto sull’importo del premio, ma sulle modalità di certificazione degli ulteriori benefici raggiunti dal progetto.
Il secondo scenario, quello credito d’imposta per l’innovazione 4.0, riflette un approccio diverso: la volontà di chiudere una stagione, quella aperta dal Piano Calenda a settembre 2016, e cambiare faccia a strumenti ai quali non viene più riconosciuta efficacia. Una scelta legittima, che però si porta dietro delle conseguenze: l’attuale sistema dell’iperammortamento, basato su una procedura automatica, ma anche su una serie di requisiti tecnici, ha richiesto decine di interventi da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Agenzie delle Entrate e dello stesso Legislatore per chiarire alcuni aspetti della normativa. Ma, dopo tre anni, è ormai un sistema consolidato in cui esiste una risposta certa a quasi tutte le domande. E soprattutto un sistema che è entrato nelle orecchie di tutti gli imprenditori, contribuendo significativamente all’evangelizzazione dell’industria manifatturiera sui principi alla base dell’Industria 4.0.
Ora, al di là delle cifre, il credito d’imposta è una misura diversa e potrebbe essere più o meno efficace a seconda dei casi. Mentre il sistema attuale consiste in una variazione in diminuzione dal reddito d’impresa ai fini fiscali, il credito d’imposta funziona come “sconto” sulle imposte da versare. Sarebbe quindi accessibile anche a chi non ha un utile di esercizio e che potrebbe fruire del credito d’imposta sottraendolo dall’IVA a debito.
Il nuovo strumento, tuttavia, difficilmente semplificherebbe le procedure attuali, dal momento che, prevedendo l’esistenza di 3 o 4 aliquote, sarebbe comunque necessaria la previsione di tabelle e procedure di attestazione di rispondenza ai requisiti, proprio come nel sistema attuale.
L’esempio
E poi c’è il quantum e il quomodo, il quanto e il come. Su questo limitiamoci a fare un semplice esempio basandoci su aliquote intermedie rispetto alle forchette proposte nell’articolo del Sole.
Un investimento da 100.000 euro in un macchinario 4.0 allo stato attuale (iperammortamento al 270%) frutta un beneficio di 40.800 euro da spalmare nel tempo secondo il piano di ammortamento previsto dalla legge, supponiamo, per esempio in 5 anni. Sono in media 8.000 euro all’anno che si possono sottrarre dalle imposte sul reddito. Anche se nel 2020 si tornasse al “vecchio” 250% di base, avremmo un bonus di 36.000 mila euro, pari a 7.200 euro l’anno.
Nel caso di un credito d’imposta al 15% il beneficio sullo stesso investimento sarebbe di 15.000 euro, fruibili in 2-3 anni. Sarebbero quindi 5.000 euro in meno di imposte da pagare ogni anno, ma recuperabili in tre anni (sempre che l’impresa abbia imposte da pagare su cui sfruttare il beneficio).