Le PMI, europee e mondiali, sono in ritardo nel processo di digitalizzazione. E più l’impresa è piccola e meno probabilità avrà di adottare pratiche imprenditoriali migliorate dalla digitalizzazione. Le piccole e medie imprese sono anche meno attive nella protezione dei loro dati, e non sono altrettanto preparate, come le realtà più grandi, per fare fronte alle cyber-minacce.
Tutto ciò le espone al rischio di diventare i punti di debolezza nei sistemi di infrastrutture complessi e iperconnessi. In sostanza, le PMI devono essere preparate e attrezzate meglio alla transizione digitale in corso, o rischiano di rimanerne schiacciate.
L’allarme, e anche l’invito pressante a fare di più e meglio tutto ciò che serve alla Digital transformation, arriva dall’Outlook 2019 sulle PMI e sull’Imprenditorialità dell’OCSE (l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) disponibile qui in Inglese.
Ostacoli e freni non finiscono qui. Un po’ ovunque, rimarca l’analisi del settore, “le PMI hanno meno probabilità di avere le competenze necessarie per gestire la propria trasformazione digitale, e un numero ancora troppo piccolo di imprese impegna i propri dipendenti in un’adeguata formazione Hi-tech. Inoltre, queste realtà continuano a risentire della penuria di lavoratori qualificati, in particolare nella gestione e competenze di Problem-solving, che sono fondamentali per l’innovazione”.
I recenti progressi compiuti in vari Paesi per impegnarsi a sviluppare programmi di formazione professionale, e colmare il divario rispetto alle grandi imprese, “devono essere rafforzati, per colmare la frattura in tema di competenze. Inoltre, se è vero che l’aumento dei posti di lavoro atipici potrebbe creare opportunità per l’Outsourcing, potrebbe anche accentuare le difficoltà delle PMI a trovare dei talenti e dei lavoratori qualificati nel lungo termine”, sottolineano gli esperti.
Il ‘peso’ della componente di piccole e medie imprese, all’interno dello scenario economico e produttivo internazionale, emerge ad esempio dal fatto che nell’area dell’OCSE (36 Paesi distribuiti in vari continenti), le PMI rappresentano circa il 60% dell’occupazione complessiva, e tra il 50% e il 60% del valore aggiunto prodotto, e sono i principali motori della produttività in molte aree e regioni.
“Queste aziende sono un universo molto eterogeneo, la cui performance in termini di produttività, salari corrisposti e competitività internazionale, varia considerevolmente secondo i settori, le regioni e le imprese”, in più “sono in atto molti cambiamenti, in particolare nelle aree più esposte alla trasformazione digitale”, mettono in evidenza gli analisti del mercato.
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Cresce il divario di produttività tra grandi e piccole
La maggior parte dei nuovi ingressi e la creazione di posti di lavoro ha avuto luogo in settori che registrano livelli di produttività inferiori alla media, e le nuove imprese sono spesso di più piccole dimensioni, di conseguenza sono portate a essere meno produttive. Inoltre, i divari di produttività tra imprese più piccole e più grandi sono aumentati, a livello aggregato di attività, anche se in molti Paesi i risultati delle aziende medio-piccole superano quelli delle grandi imprese nel settore dei servizi.
Un aumento delle occupazioni a produttività più bassa ha portato a un aumento delle occupazioni meno retribuite. Le PMI, anche le più grandi, retribuiscono in genere i dipendenti circa il 20% in meno rispetto alle grandi imprese. Per esempio, tra il 2010 e il 2016, in Francia quasi il 90% dell’insieme dei nuovi posti di lavoro sono stati creati in attività con salari inferiori alla media, mentre questo rapporto si è attestato a due terzi per la Germania e il Regno Unito, e oltre a tre quarti negli Stati Uniti.
Dal momento che l’attuale dinamica delle imprese incide negativamente sul reddito e sul benessere materiale, “possono sorgere preoccupazioni circa le possibilità di istruzione e di formazione della manodopera, la sostenibilità dei sistemi pensionistici, l’ampiezza della base imponibile e l’accettazione del cambiamento tecnologico e della globalizzazione da parte del pubblico”, rileva l’Outlook dell’OCSE.
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Le opportunità
L’innovazione è fondamentale per stimolare la produttività, determinare un aumento dei salari, e la digitalizzazione offre alle imprese nuove opportunità per partecipare alla rivoluzione digitale della produzione.
Le tecnologie digitali emergenti, come l’analisi dei Big data, l’intelligenza artificiale e la stampa 3D, consentono maggiore differenziazione del prodotto, personalizzazione di massa, sistemi di distribuzione più integrati e, nell’insieme, nuovi Business model, che sfruttano distanze e tempi più brevi per raggiungere i mercati.
Le imprese più piccole e più reattive dovrebbero beneficiare di tutti questi sviluppi, e la digitalizzazione “facilita anche l’accesso delle PMI alle competenze, attraverso migliori siti di reclutamento professionale, l’accesso online a competenze esterne, anche per compiti specifici o facilitando la condivisione di conoscenze con altri partner, attraverso il Knowledge partner”, rileva il Report dell’OCSE.
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Condizioni migliori, rischi all’orizzonte
La digitalizzazione può anche aiutare a integrarsi nei mercati e nelle catene globali del valore, e ha creato meccanismi efficaci per ridurre gli svantaggi collegati alla dimensione dell’impresa nel commercio internazionale, riducendo ad esempio i costi assoluti associati al trasporto e alle operazioni doganali.
Le condizioni di mercato “sono migliorate dopo la grande crisi finanziaria iniziata nel 2008. Le imprese hanno ripristinato i loro margini di profitto, le condizioni di credito sono favorevoli, e le opzioni di finanziamento sono più numerose rispetto a prima”, spiegano gli analisti.
Tuttavia, “alcuni segni indicano che la crescita ha ormai raggiunto il suo picco e che stanno emergendo rischi da una crescita economica fragile, pressioni inflazionistiche e tensioni commerciali. E, nel caso di un nuovo rallentamento dell’economia, le PMI potrebbero essere seriamente colpite”.
Approcci governativi sempre più diversi
Sebbene i governi dell’area dell’OCSE e di altri Paesi tendano a convergere negli orientamenti strategici generali da loro adottati in tema di PMI e Imprenditorialità, gli approcci alla progettazione delle politiche pubbliche e la loro attuazione sono abbastanza diversi da un Paese all’altro. Si registra un interesse ampiamente condiviso riguardo all’accelerazione della diffusione dell’innovazione tra le piccole e medie imprese e per garantire che siano al passo con la trasformazione digitale, impegnandosi ad aumentare le competenze; potenziando le reti innovative e i legami tra multinazionali e piccole e medie imprese; uniformando le condizioni di concorrenza nei mercati dei prodotti, nelle gare d’appalto e nei principali mercati innovativi.
Di fatto, i divari salariali con le grandi imprese sono minori per le PMI che esportano e per quelle altamente produttive, in particolare per le aziende che sono già oltre la frontiera della rivoluzione digitale.