Ai giovani il lavoro in fabbrica sembra non piacere, eppure le possibilità di impiego non mancano. Il 43% delle PMI manifatturiere della Lombardia hanno già adottato o intendono introdurre entro il 2019 tecnologie/processi innovativi tra cui rientrano anche la sicurezza informatica, il cloud computing, la robotica collaborativa e l’IoT. Tuttavia, è difficile reperire personale specializzato anche per la cattiva fama del lavoro in fabbrica. Questo emerge dai dati dell’Osservatorio Mecspe focus Lombardia, presentato oggi durante la Digital week di Milano.
Indice degli argomenti
La Lombardia crede nell’innovazione
Un territorio quello lombardo che crede negli investimenti in formazione e li considera la migliore strategia per valorizzare il capitale umano in azienda (48%), ma che è consapevole di lottare ancora contro certi stereotipi presenti soprattutto nei giovani, che vedono il lavoro in fabbrica faticoso e manuale (61%), poco riconosciuto socialmente (46%), ripetitivo, poco creativo e che lascia poco spazio alla realizzazione personale (41%), e persino un luogo tecnologicamente arretrato (30%), rendendo di fatto difficile il reperimento di profili specializzati da parte delle aziende.
L’andamento aziendale attuale risulta complessivamente soddisfacente per le imprese lombarde del comparto della meccanica e della subfornitura, con il 69% degli imprenditori che parla di performance aziendale molto positiva. Nella seconda metà del 2018 rispetto al 2017, i fatturati hanno registrato una crescita per il 54% delle aziende, mentre il 37% dichiara stabilità e solo il 9% un calo. Il portafoglio ordini è giudicato adeguato ai propri livelli di sostenibilità finanziaria dall’80% delle imprese, contro un 20% per cui è insufficiente. Per quanto riguarda le previsioni per il 2019, sul fronte dei fatturati il 33% si aspetta una crescita, il 53% stabilità e il 14% prospetta un calo.
L’export resta fattore di traino per le PMI lombarde con quasi 7 su 10 che dichiarano di esportare i propri prodotti e servizi, con un’incidenza variabile. Il 22% dichiara di realizzare all’estero meno del 10% del proprio fatturato, il 15% “dal 10% al 25%”, il 18% “dal 26% al 45%”, il 7% “dal 46% al 70%” e “oltre il 70%”. Chi esporta punta prevalentemente verso gli Stati dell’Europa Centro-Occidentale (70%), seguiti da quelli dell’Europa dell’Est (34%), dell’Asia e del Nord America (22%). Circa il 19% esporta Russia, mentre il Sud America per il 14%, il Medio Oriente per il 10%, l’Oceania e l’Africa Settentrionale per il 5% rappresentano gli altri mercati di sbocco. Non ci sono dubbi sul futuro del mercato in cui si trovano a operare le singole aziende: nei prossimi 3 anni, l’11% si aspetta una contrazione dello scenario in cui opera, contro un 41% apertamente convinto dello sviluppo del proprio mercato di riferimento e un 47% che crede non ci saranno grosse variazioni rispetto all’andamento attuale. Dal punto di vista della crescita del personale invece, questa è in aumento nel 52% dei casi, stabile per il 43%, mentre solo il 16% prevede di ampliare l’organico nel 2019 rispetto al 79% che dichiara non varierà.
I dati dell’Osservatorio
Secondo l’ultimo Osservatorio Mecspe focus Lombardia, relativo al II semestre del 2018, 8 aziende su 10 credono nella propria trasformazione digitale avvenuta in questi anni e quasi la totalità (9 su 10) ritiene di avere un livello di conoscenza medio-alto rispetto alle opportunità tecnologiche e digitali sul mercato. Anche nel 2019 si punterà sulle nuove tecnologie abilitanti, continuando nella direzione che vede perlopiù già introdotte la sicurezza informatica (77%), la connettività (50%), il cloud computing (37%) e la robotica collaborativa (23%), e su ricerca e innovazione: il 68% investirà fino al 10% del proprio fatturato e il 23% dedicherà tra il 10% e il 20% di questo, mentre si considerano in generale come strumenti utili al processo di sviluppo, la consulenza mirata (46%), il trasferimento di conoscenza (37%), il confronto con aziende competitor (36%), ma anche i workshop (20%) e la tutorship di un’università (11%).
E proprio l’Università, così come le scuole professionali/Istituti tecnici, rimangono dei riferimenti importanti per quanto riguarda la ricerca di nuove professionalità che facciano fronte alle sfide dell’Industria 4.0, preferiti rispettivamente dal 18% e dal 24% degli imprenditori, secondo cui la tecnologia ha sì un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale (46%).
Le persone giocano sempre un ruolo fondamentale, sono al centro dei processi ed è la percezione umana il vero driver del cambiamento (40%): è questo il sentiment dominante, che però lascia spazio all’incognita su come avvicinare i giovani a questo mondo, alla luce del fatto che il 47% pensa che l’impatto della digitalizzazione nella vita quotidiana imporrà necessariamente la nascita di nuove figure professionali, con forti competenze in ambito IT.
Impresa 4.0 piace ancora?
Cosa ne pensano gli imprenditori lombardi dei provvedimenti che il Governo ha messo in campo nell’ultima finanziaria, per favorire la trasformazione digitale? Il 42% valuta le misure positivamente ed è dell’idea che possano fare la differenza consentendo alle aziende di fare un passo in avanti, il 40% le giudica discrete, cioè come una buona base di partenza ma non ancora sufficiente, mentre il 13% ha una visione negativa e avrebbe preferito un piano maggiormente strutturato. La proroga dell’iperammortamento di macchinari e infrastrutture funzionali alla digitalizzazione, così come il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo (75%), la Nuova Sabatini (72%), i bonus alla formazione 4.0 (70%) e gli incentivi agli investimenti in startup innovative (47%) sono considerate le iniziative più rilevanti previste per incentivare la diffusione dell’Industria 4.0.