Le medie imprese italiane, cioè le società di capitale che realizzano un fatturato annuo tra 16 e 355 milioni di euro, che occupano non meno di 50 e non più di 499 addetti e che non sono controllate da imprese di grande dimensione e da gruppi stranieri, hanno un peso sempre più rilevante nella manifattura nazionale.
Secondo i numeri dell’indagine annuale sulle medie imprese industriali italiane condotta da Unioncamere e dall’Ufficio Studi di Mediobanca, queste 3.462 aziende producono oggi significativamente di più rispetto a vent’anni fa, rappresentando oggi il 19,8% del fatturato e il 18,7% dell’export della manifattura italiana.
Il 94% delle medie imprese esporta una quota rilevante della propria produzione, realizzando il 45% del proprio fatturato sui mercati esteri. Ma la base produttiva, come sottolinea l’indagine, “resiste alle sirene della delocalizzazione e resta italiana”: ogni 4 siti produttivi in Italia uno solo è all’estero, per il 60% circa collocato nell’Unione Europea o in Nord America.
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Un 2019 pieno di incognite
Se nel 2017 il 93,6% delle imprese non ha riscontrato diminuzioni de fatturato, con oltre la metà delle imprese che ha invece registrato variazioni positive, il quadro cambia nel 2018 e nelle previsioni per il 2019, quando a prevalere è la stabilità.
“Le incertezze dello scenario economico a livello nazionale e internazionale – commentano gli autori dell’indagine – hanno portato le medie imprese a subire una battuta d’arresto nel 2018, evidente attraverso un generalizzato peggioramento delle performance di mercato. Il 2019 si apre ancora carico di incognite: molte medie imprese stanno ad aspettare l’evoluzione del quadro economico, ma le previsioni rivelano un maggiore ottimismo rispetto ai risultati del 2018”.
Industria 4.0 alla prova nel 51% delle medie imprese
Il 51% delle medie imprese sostiene di essere in fase di applicazione più o meno avanzata delle tecnologie alla base di Industria 4.0, con un 20% che segnala di averle già ampiamente introdotte (un dato che era pari ad appena il 7% un anno e mezzo fa). Resta però un nocciolo duro di aziende (il 34%) che ancora afferma di non conoscere Industria 4.0.
Le prime applicazioni hanno riguardato soprattutto la produzione (49% dei casi), i sistemi informativi aziendali (36%) e, in misura minore, la logistica e la gestione del magazzino (20%). Cresce anche l’applicazione di Industria 4.0 nei rapporti con il mercato e con i clienti (26%), per monitorare e avere feedback dalla domanda.
Che cosa si attendono le imprese dagli sviluppi della digitalizzazione? La maggioranza (42%) ipotizza un maggior successo economico, ma sono elevate anche le attese nei confronti del miglioramento delle competenze dei dipendenti (37%), dello sviluppo di nuovi prodotti (14%) e di attività di ricerca e sviluppo (13%).
Fatta salva la necessità di intervenire diffusamente sulla formazione del personale, nel complesso l’introduzione di maggiore automazione non dovrebbe avere un impatto sull’occupazione ma, anzi, a giudizio degli imprenditori, comporterà un aumento dei dipendenti a maggior qualificazione e, di conseguenza, un incremento della produttività e dell’efficienza aziendale.
La diffusione di Industria 4.0 nelle medie imprese | 2017 | 2019 |
Industria 4.0 è ampiamente introdotta in azienda | 7% | 20% |
L’azienda sta portando avanti alcuni progetti sul tema | 21% | 16% |
Industria 4.0 è in fase di progettazione/test in azienda | 18% | 15% |
L’azienda è in fase di osservazione ed analisi | 13% | 9% |
L’argomento non è stato ancora affrontato | 7% | 6% |
Non conosco Industria 4.0 | 34% | 34% |
Totale | 100% | 100% |
I settori, chi sale e chi scende
L’indagine Unioncamere – Mediobanca fa anche un’analisi di lungo periodo su un arco temporale di ventuno anni (1996-2016), al fine di individuare i settori più dinamici e quelli in regresso.
La crisi ha toccato con severità il settore dei beni per la persona e la casa il cui contributo al valore aggiunto delle medie imprese è caduto dal 28,3% al 18,5%; si sono contratti anche i comparti della carta e stampa (dal 5,5% al 4,7%) e della metallurgia (dal 5,7% al 4,9%).
Tra le attività più brillanti si annoverano la meccanica (dal 35,6% al 39%), l’alimentare (dal 12,1% al 15,2%) e soprattutto il farmaceutico-cosmetico che, crescendo dal 10,5% al 14,9%, diventa rilevante come l’alimentare e si afferma come nuova eccellenza italiana. Il made in Italy mantiene la propria importanza seppure cedendo marginalmente (dal 63,1% al 61%).
Il nodo della governance nelle imprese familiari
Lo studio analizza le differenze nella governance delle imprese a proprietà e gestione familiare rispetto alle altre.
Il 66,2% delle medie imprese familiari è gestito da organi monocratici o da consigli di amministrazione in cui a poche persone è affidato un cumulo di cariche con deleghe. Questa stessa quota scende al 42,7% nelle medie imprese non familiari. A questo tratto verticistico si abbina quello anagrafico: l’età media dei board delle medie imprese familiari è pari a 59 anni rispetto ai 56 anni delle medie imprese manageriali.
“Aprire i board a membri non familiari fa bene: il ROI sale dal 10% al 13%”, dice l’indagine. I Baby Boomers, con età tra 53 e 72 anni, rappresentano la fascia generazionale più significativa nei board (46,9%), ma per motivi anagrafici nei prossimi anni una media impresa familiare su 4 sarà chiamata a rinnovare i ruoli di vertice nei propri CdA.