Per i Piani individuali di risparmio (Pir) potrebbe scattare un nuovo vincolo, a favore delle Pmi: l’obbligo di investire il 3% del patrimonio in aziende quotate all’Aim di Borsa Italiana, il listino delle piccole e medie imprese e Startup.
È quanto prevede un emendamento alla Manovra di Bilancio 2019 approvato alla Camera la scorsa settimana.
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Un “tesoretto” di 400 milioni
Dato che nel 2017 – il primo anno di raccolta operativa di questi strumenti di investimento del risparmio privato –, i Pir hanno raccolto in totale 12,6 miliardi di euro, a cui se ne aggiungono circa altri 4,2 quest’anno, ciò significa che, se questo nuovo provvedimento verrà confermato in via definitiva (la Manovra deve essere approvata definitivamente entro il 31/12), la misura porterebbe un “tesoretto” di almeno 400 milioni da investire nelle Pmi collocate in Borsa.
Si tratterebbe di un incentivo agli investimenti e alla crescita delle aziende, all’interno di una Manovra economica che finora ha raccolto molte critiche da parte del mondo imprenditoriale, con in prima fila il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, e quello di Assolombarda, Carlo Bonomi, che a più riprese hanno puntato il dito sull’uso delle risorse pubbliche previste in Finanziaria, che favorirebbero l’assistenzialismo piuttosto che la crescita del Paese.
Le misure a favore delle imprese
I Pir sono stati introdotti nell’ordinamento italiano con la legge di Stabilità del 2017, con l’obiettivo di indirizzare il risparmio privato degli italiani incanalando l’investimento verso le aziende nostrane. L’idea di destinare il 3% del patrimonio alle Pmi, in strumenti non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi di negoziazione di piccole e medie imprese, sarebbe un vincolo più specifico che si andrebbe ad aggiungere oltre alla quota del 70% già vincolato dalle normative vigenti.
Secondo quanto previsto attualmente, dalla legge 232/16, un Pir deve investire almeno il 70% del totale in strumenti finanziari emessi da imprese italiane o europee, a patto che queste ultime dispongano di una stabile organizzazione in Italia, e a esclusione di quelle che svolgono attività immobiliare. Di questo 70%, almeno il 30% (quindi il 21% del totale) deve essere investito in aziende che non fanno parte del Ftse Mib (l’Indice principale della Borsa Italiana), cioè deve essere destinato all’acquisto di azioni o obbligazioni emesse dalle Pmi.
Con un limite di concentrazione per garantire una diversificazione dell’investimento: il Pir non può investire una quota superiore al 10% in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente (la stessa azienda). Il restante 30% del totale può essere investito in strumenti di altri emittenti, come azioni, obbligazioni, depositi, anche non italiani.
I fondi Pir sono in pratica dei “contenitori” nei quali possono essere inseriti diversi tipi di strumenti finanziari o somme di denaro, tra cui: fondi comuni d’investimento, contratti assicurativi, gestioni patrimoniali, dossier titoli. E consentono di ottenere diversi vantaggi.
Il primo è fiscale ed è costituito da due tipi di benefici. Innanzitutto con i Pir si può ottenere il 100% di esenzione dalla tassazione sugli utili, interessi, cedole e dividendi generati dall’investimento. È un beneficio rilevante: normalmente, infatti, le plusvalenze sono tassate al 26%, o al 12,5% nel caso dei titoli di Stato.
Un secondo vantaggio fiscale è la completa esenzione del patrimonio dall’imposta di successione. Per ottenere questi benefici occorre però che l’investimento rispetti alcuni requisiti, sia in termini di composizione del portafoglio, che di ammontare investito e orizzonte temporale.
L’orizzonte temporale minimo per ottenere i vantaggi fiscali è di 5 anni. E una volta ottenuta la detassazione degli utili, questa verrà mantenuta per sempre. I soldi investiti non sono vincolati, è possibile disinvestire in qualsiasi momento. Ma se si disinveste prima che siano passati i 5 anni previsti, si perde il beneficio dell’esenzione fiscale e il Pir è tassato come qualsiasi altro investimento.
Benzina per il motore delle Pmi
I Piani individuali di risparmio – già approfonditi in un altro articolo su questo portale –, sono in pratica stati pensati e sviluppati come una soluzione per cercare di superare uno dei limiti principali della nostra economia: la difficoltà di accesso ai finanziamenti, soprattutto per quanto riguarda Pmi e Startup.
I finanziamenti alle imprese sono calati nel complesso di oltre il 15% nei cinque anni che vanno dal 2012 al 2016, secondo l’Ufficio studi di Confindustria, e il calo è ancora più marcato per le aziende di dimensioni medio-piccole. Tutto ciò rappresenta un grande freno allo sviluppo.
Attraverso gli investimenti nei Piani individuali di risparmio, le piccole e medie imprese hanno l’opportunità per finanziare la propria crescita, con ricadute positive in termini di competitività e occupazione per il Paese.
Di fronte alle misure previste dalla Manovra 2019 del governo Lega – Cinque Stelle, gli imprenditori continuano a chiedere più provvedimenti a favore delle aziende e della crescita economica: nei prossimi giorni, e settimane, vedremo se l’Esecutivo e le forze politiche che lo sostengono daranno appoggio a queste richieste con risultati concreti.