Una “lettera aperta indirizzata a tutti gli imprenditori italiani” per “raccontare le misure per le imprese che sono contenute nella manovra”. Il Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio scrive a Il Sole 24 Ore per cercare di arrivare laddove – evidentemente – con le sue dirette facebook non riesce: al cuore pulsante dell’economia italiana che questa manovra proprio non la digerisce, arrivando in qualche caso, come qualche settimana fa a Torino, a scendere in piazza.
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Che cosa c’è di sbagliato nella manovra?
Ma che cos’è che alle imprese non piace della manovra? Innanzitutto le iniziative contrastanti sul tema industria 4.0 / impresa 4.0. Nella manovra si dispone il rinnovo dell’iperammortamento e si introduce la mini-Ires, ma si chiude definitivamente il superammortamento; si conferma la Sabatini, ma si taglia il credito d’imposta sulla ricerca e sviluppo; si introduce un voucher per l’Innovation Manager, ma non si fa cenno al credito d’imposta per la formazione 4.0, disponendone il rinnovo solo in extremis in Commissione bilancio, e si tagliano le ore dell’alternanza scuola-lavoro, soprattutto negli istituti tecnici, al punto da costringere Federmeccanica a lanciare una petizione su Change.org.
Ma al di là delle singole misure, come ha denunciato Confindustria, quello che manca è una visione complessiva sul tema. A settembre il tradizionale appuntamento della Cabina di Regia, che metteva attorno a un tavolo governo, imprese, associazioni, sindacati, università per un momento di confronto, non è sato nemmeno messo in calendario. Il Governo attuale sembra tirare dritto per la sua strada, accecato dalla luce di Blockchain e Intelligenza Artificiale, tecnologie alle quali sono stati dedicati tempo e risorse, ma che sono un pezzetto di un puzzle del quale manca, per ora, persino la scatola con il disegno da replicare.
E aggiungiamo una cosa: c’è quella voglia di favorire le micro e piccole imprese che è sana, ma che è portata avanti in malo modo, prendendo le vesti di un tentativo (fallito) di dividere gli interessi delle piccole da quelli delle grandi. L’iperammortamento cala dal 270% al 200% sopra i 2,5 milioni (e scende al 150% tra i 10 e i 20 milioni): se il problema era che i grandi impianti drenano risorse, non bastava fare una piccola modifica all’elenco dei beni agevolati, magari togliendo la parola “impianti”? Il credito d’imposta è pari al 50% per le micro e piccole imprese, al 40% per le medie e al 30% per le grandi: pessima idea, perché la formazione serve a tutti in egual misura e non sono 10 punti percentuali in più o in meno a convincere un’impresa a fare formazione sui temi della digital transformation. L’effetto però è garantito: complicare la misura e renderla comunque formalmente meno appetibile, a fronte di procedure burocratiche non di poco conto. Stesso dicasi per il voucher all’Innovation Manager: prima previsto per tutte le PMI a 40 mila euro, poi portato a 25 mila euro per le media, su un massimo del 30% dei costi ammissibili. Perché? Le medie imprese sono spesso delle piccole capofiliera: è lì che si annida il cuore dell’innovazione. Una serie di misure, insomma, che sembrano più punire medi e grandi che non premiare i piccoli.
C’è poi, al di là della manovra, il capitolo Decreto Dignità, che preoccupa chi non è in condizioni di convertire i contratti a tempo determinato in tempo indeterminato, e il nodo infrastrutture / grandi opere, con le continue perplessità su TAP (che si farà solo perché costerebbe troppo non farla) e TAV (cavallo di battaglia dei Cinque Stelle) che hanno finito col portare le imprese in piazza a Torino, e la vicenda dell’ecotassa, che per favorire la mobilità del futuro finisce per penalizzare le famiglie (per fortuna la misura sarà ridiscussa).
La lettera di Di Maio
Di Maio esordisce dicendo di voler stabilire “un metodo di confronto continuo con i rappresentanti delle associazioni d’impresa”. Torna poi sul cavallo di battaglia della sburocratizzazione, promettendo di essere al lavoro per permettere a tutti di “fare gli Imprenditori, non i compilatori di scartoffie” (vi abbiamo anticipato alcuni contenuti del prossimo Decreto Semplificazione).
Il Ministro anticipa un emendamento al Senato con il quale sarà accelerato il pagamento dei debiti della Pa (il 50% entro il 2019, promette), rimarca l’importanza della mini-Ires, il raddoppio della deducibilità dell’Imu sui capannoni (dal 20% al 40% e, anticipa, forse al 50%), e la continuità agli incentivi per Impresa 4.0.
Ma Di Maio spiega che questo è solo l’inizio, perché c’è l’intenzione di investire su “tre filoni”: un piano per l’innovazione, un piano straordinario per le esportazioni e un piano per le infrastrutture.
Per l’innovazione “creiamo il primo fondo italiano per il sostegno al Venture Capital”, mettendoci un miliardo all’anno. Sottolinea poi l’importanza di Blockchain e Intelligenza artificiale, temi sui quali il Governo ha creato un fondo di 15 milioni all’anno fino al 2021 destinato alla sperimentazione.
Parla poi del piano industriale di Cassa depositi e prestiti che, dice, “ha pronto un vero e proprio bazooka: oltre 200 miliardi di euro di risorse per i prossimi 3 anni per sostenere i piani di rilancio del Paese”.
CdP aiuterà a investire nelle infrastrutture, in primis quelle digitali, ma anche quelle fisiche. Infine annuncia il tavolo permanente per le piccole e medie imprese che si riunirà per la prima volta martedì al Ministero dello Sviluppo Economico. “Quella sarà la sede per confrontarci su tutte le esigenze e richieste degli imprenditori”, spiega.