Osservatorio Mecspe, la digitalizzazione piace alle aziende piemontesi, ma serve formazione

Pubblicato il 30 Ott 2018

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La tecnologia ha un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale. È uno dei dati che emerge dal report dell’Osservatorio MecSpe, presentato ieri a Torino.

Le aziende piemontesi hanno abbracciato il digitale

L’Osservatorio MecSpe, presentato in occasione del nuovo tour dei “Laboratori MecSpe fabbrica digitale, la via italiana per l’industria 4.0”, ha fatto un bilancio sul primo semestre del 2018, raccontando lo stato di salute delle imprese Made in Italy del Piemonte e il loro rapporto con la trasformazione digitale.

Un processo di cambiamento che negli ultimi anni ha trasformato molto o abbastanza 7 aziende su 10, in un panorama che a livello generale le vede digitalizzate ormai in buona parte (42,2%), interamente (39,1%) o anche solo in pochi nodi (12,5%).

Più della metà degli imprenditori piemontesi percepisce la propria azienda molto o abbastanza innovativa (53,1%), mentre il 75,8% ritiene che tra i migliori strumenti di avvicinamento all’innovazione ci sia innanzitutto il trasferimento di conoscenza, seguito dalla consulenza mirata (58,1%), le comparazioni con aziende analoghe (40,3%), i workshop (16,1%) e la tutorship di un’accademia o università (11,3%).

Il 92,1% ritiene di avere un livello di conoscenza medio-alto rispetto alle opportunità tecnologiche e digitali sul mercato, mentre il 72,3% prevede di investire fino al 20% del fatturato in ricerca e innovazione. Il 50% degli intervistati ha fiducia nel concetto di filiera e ha già puntato su queste collaborazioni per favorire lo sviluppo tecnologico della propria azienda o sta prendendo in considerazione di farlo.

Confermate le intenzioni di investimento nelle nuove tecnologie abilitanti, già in largo uso nelle PMI della meccanica e della subfornitura piemontesi, che ad oggi hanno introdotto soluzioni in particolare per la sicurezza informatica (85%) e la connettività (83,3%), il cloud computing (75%), la robotica collaborativa (28,3%), i big data (21,7%), la simulazione (20%), la produzione additiva (16,7%) e l’Internet of Things (6,7%). La realtà aumentata è stata privilegiata dal 10%, i materiali intelligenti dall’8,3%, mentre le nanotecnologie dall’1,7%.

Al momento, i principali fattori di rallentamento della digitalizzazione sono rappresentati da un rapporto incerto tra investimenti e benefici (per il 53,6% delle aziende), dagli investimenti richiesti troppo alti (32,1%), dalla mancanza di competenze interne e dall’arretratezza delle imprese con cui si collabora (20,4%), nonché dai troppi dubbi sulla sicurezza dei dati e possibilità di cyber attack (8,7%), dall’assenza di un’infrastruttura tecnologica di base adeguata (14,3%) e dalla mancanza di una chiara visione del top management (7,1%).

Le persone: il rapporto con i robot e il futuro del lavoro

Nel processo di trasformazione digitale, il rapporto uomo-macchina viene visto sotto più punti di vista. Per il 65% del campione la tecnologia ha un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale. Il 35%, invece, ritiene che sono le persone ad avere un ruolo fondamentale, rispetto alla tecnologia, di centralità nei processi, e che la percezione umana sia il vero driver del cambiamento.

Alla domanda se le attuali figure professionali scompariranno, il 70,5% risponde Non del tutto, pronosticando che si assisterà alla nascita di nuove/specifiche figure con forti competenze in ambito IT; per il 26,2% alcune figure rimarranno insostituibili, rispetto al 3,3% che pensa che le professioni tradizionali non riusciranno a tenere il passo e saranno inevitabilmente sostituite. Una tendenza in linea anche con i dati nazionali.

Guardando al futuro, ai giovani e alle digital skill, i profili specializzati più richiesti entro il 2030 saranno il Robotic engineer (23,3%), gli specialisti dei big data (15%), gli esperti di cybersicurezza (10%); a seguire i programmatori di intelligenze artificiali (8,3%), lo specialista IoT (6,7%) e il multichannel architect (3,3%).

Dal punto di vista della preparazione complessiva che la quarta rivoluzione industriale richiede al personale nell’analisi e gestione dei dati, il livello di competenze è giudicato alto da 8 imprenditori su 10 (79,7%) e medio dal 18,6% degli intervistati. Per la ricerca di nuove professionalità che facciano fronte alla sfida dell’industria 4.0, l’azienda si indirizza verso Università e Istituti tecnici (86,7%), agenzie di ricerca del personale (61,7%), Istituti e scuole professionali (40%) e le inserzioni (33%). Non mancano però come punto di riferimento anche i concorrenti (23,3%), le società di consulenza (11,7%) e gli uffici di collocamento (3,3%).

Le Pmi piemontesi della meccanica e della subfornitura

L’andamento aziendale attuale risulta complessivamente soddisfacente per le imprese piemontesi del comparto della meccanica e della subfornitura, con il 90% degli imprenditori che parla di performance aziendale molto positiva, l’8,3% che si dice mediamente appagato e solo l’1,7% contrariato.

Nella prima metà del 2018 rispetto al 2017, i fatturati hanno registrato una crescita per il 61,3% delle aziende, mentre il 32,2% dichiara stabilità e il 6,4% un calo. Il portafoglio ordini è giudicato adeguato ai propri livelli di sostenibilità finanziaria dal 96,8% delle imprese, contro un 3,2% per cui è insufficiente. Per quanto riguarda le previsioni per la restante parte dell’anno in corso, sul fronte dei fatturati il 62,9% si aspetta una crescita, il 32,3% stabilità e il 4,8% prospetta un calo.

L’export resta fattore di traino per le PMI piemontesi con 7 su 10 (74,2%) che dichiarano di esportare i propri prodotti e servizi, con un’incidenza variabile. Il 24,5% dichiara di realizzare all’estero meno del 10% del proprio fatturato, il 10,6% “dal 10% al 25%”, il 15,2% “dal 26% al 45%”, il 7,6% “dal 46% al 70%” e il 6,1% “oltre il 70%”. Chi esporta punta prevalentemente verso gli Stati dell’Europa Centro-Occidentale (88%), seguiti da quelli dell’Europa dell’Est (62%), dal Nord America (34%) e dell’Asia (28%). Il 16% esporta in Russia, mentre il Medio Oriente per il 14%, l’Africa Settentrionale per il 12%, l’Oceania per il 6% e l’Africa Meridionale per il 4% rappresentano gli altri mercati di sbocco.

Non ci sono dubbi sul futuro del mercato in cui si trovano a operare le singole aziende: nei prossimi 3 anni, il 7,8% si aspetta una contrazione dello scenario in cui opera, contro un 56,3% apertamente convinto dello sviluppo del proprio mercato di riferimento e un 35,9% che crede non ci saranno grosse variazioni rispetto all’andamento attuale. Dal punto di vista della crescita del personale, questa è in aumento nel 38,5% dei casi, stabile per il 50,8%; il 38,5% prevede di ampliare l’organico entro fine anno, mentre il 53,8% prevede stabilità per lo stesso arco temporale.

Le analisi degli esperti MecSpe

“Siamo di fronte ad una trasformazione tecnologica radicale che ha attraversato il mondo industriale del nostro Paese a diversi livelli, ed in particolare in Piemonte – ha dichiarato Maruska Sabato, Project Manager di MecSpe  –. Dall’Osservatorio MecSpe sui primi sei mesi del 2018 emerge che la maggior parte delle imprese manifatturiere del territorio esprime soddisfazione per gli investimenti attuati nell’ambito della tecnologia e innovazione. In un momento in cui queste sono chiamate ad operare in un contesto più complesso e ad accettare le sfide della competizione globale, gli imprenditori vedono nel percorso 4.0 una grande opportunità da cogliere, convinti che le misure adottate possano effettivamente accelerare lo sviluppo e la competitività aziendale, favorendo maggiore efficienza. Formazione, consulenza mirata e trasferimento di conoscenza restano i principali fattori chiave nel processo di innovazione aziendale”.

“Le imprese italiane sono oggi chiamate a fare un salto culturale forse senza precedenti: sul piano tecnologico ma anche strategico, gestionale, manageriale e finanziario – commenta Dario Gallina, Presidente di UIT Unione Industriale Torino -. Rispetto ai nostri concorrenti di punta c’è un grande ritardo da recuperare sulle nuove frontiere tecnologiche di Industria 4.0. L’automotive è tra i settori più coinvolti da questa evoluzione: guida autonoma, auto elettrica, smart mobility sono le parole chiave. Grazie al suo patrimonio imprenditoriale e alla sua specializzazione Torino può avere un ruolo di leadership. Ma occorre rafforzare competenze e tecnologie: il crinale tra declino e rilancio è molto sottile”.

“L’Osservatorio MecSpe sulle PMI della meccanica piemontese rileva una buona propensione delle nostre aziende alla trasformazione digitale e tecnologica dei processi produttivi – ha commentato Paolo Dondo, Responsabile Tecnico del Polo regionale Mesap dedicato a Smart Product & Smart Manufacturing -. Sul fronte delle competenze, emerge la necessità di una formazione in ambito tecnologico di alto livello rivolta ai lavoratori attivi (training on the job e lifelong learning) e ai giovani che cercano lavoro. Le scuole, insieme agli altri attori del territorio stanno lavorando in questa direzione. In quest’ ottica risulta essere sempre più strategico un nuovo accordo di partnership forte tra università, enti di ricerca, aziende e startup. Infatti, è su questo fattore che si gioca la capacità del nostro territorio, delle nostre imprese e dell’Italia in generale, di rimanere competitivi, di crescere e attrarre risorse e investimenti di gruppi internazionali, nell’ottica di favorire nuovi insediamenti industriali”.

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Nicoletta Pisanu

Giornalista, collabora da anni con testate nazionali e locali. Laureata in Linguaggi dei Media e in Scienze sociali applicate all'Università Cattolica di Milano, è specializzata in cronaca.

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