Mezzogiorno in ripresa, ma ancora lontano dai tempi pre crisi: preoccupa l’occupazione

Pubblicato il 20 Lug 2018

Check up mezzogiorno


I numeri, finalmente, sono positivi ma l’economia del Mezzogiorno, nonostante la lenta ma costante risalita che ha caratterizzato gli ultimi due anni, resta ancora lontana dai valori pre-crisi e, a un aumento degli indicatori economici fa eco una situazione ancora molto complessa per quello che riguarda l’occupazione.

I dati arrivano dal Check Up Mezzogiorno di luglio 2018, lo studio sull’economia del sud, elaborato da Confindustria e SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Centro Studi del Gruppo Intesa Sanpaolo) che fotografa la situazione socio economica e produttiva delle regioni meridionali.

Crescono tutti gli indicatori ma l’obiettivo del 2007 resta distante

Per il secondo anno consecutivo tutti e cinque gli indicatori che compongono l’Indice Sintetico dell’Economia meridionale relativi a ricchezza prodotta, livelli occupazionali, numero delle imprese, export e investimenti, sono positivi anche se ancora lontani dai valori del 2007, anno in cui ha avuto inizio la crisi economica.

L’Indice, infatti, registra un’accelerazione di 15 punti nel 2017 ma rimane ancora molto al di sotto, -40 punti, del valore pre-crisi. Il Pil, invece, conferma la previsione di una moderata crescita (+1,4%), che consente al Mezzogiorno di tenere il passo con il resto del Paese: la fiducia si mantiene elevata, e le previsioni per il 2018 (+1,1%) confermano la tendenza, anche se con un andamento leggermente più contenuto.

Lavoro in chiaroscuro, uno su due non lavora, un terzo nemmeno studia

Segnali discordanti arrivano dal lavoro. La buna notizia è che si registrano circa 60 mila occupati in più, anche se i posti di lavoro da recuperare rispetto ai livelli pre-crisi sono ancora 400 mila, ma il problema è che non sono omogeneamente distribuiti sul territorio meridionale. Secondo lo studio, infatti, un giovane meridionale su due non lavora, e oltre un terzo di loro non lavora e non studia.

Dati che fanno crescere il disagio e l’incidenza della povertà che si attesta al 19,7%. Da qui un’equazione molto semplice: a minore ricchezza disponibile, infatti, corrispondono consumi più bassi e, quindi, la spesa media mensile delle famiglie meridionali si attesta attorno agli 800 euro, più bassa di quella delle famiglie del Nord, in particolare per quanto riguarda trasporti, salute, spettacoli e cultura

Ecco la fotografia delle imprese del mezzogiorno

I principali segnali di vitalità registrati dallo studio vengono dalle imprese il cui numero aumenta di circa 9.000 unità. Cresce il numero delle imprese in rete, sono ormai quasi 7.000, e quello delle Start Up Innovative che superano le 2.100. Alle 190 mila imprese giovanili, inoltre, iniziano ad aggiungersi quelle finanziate da Resto al Sud, il nuovo strumento di promozione d’impresa per i giovani meridionali che ha visto oltre 3.500 domande di incentivo presentate in pochi mesi.

Moderatamente positivo anche l’andamento dell’export (+3,7% nel primo trimestre 2018), grazie ai settori mezzi di trasporto e agroalimentare. Una crescita che, però, non è sufficiente ad invertire il dato di una bilancia commerciale sfavorevole. Ciò nonostante, i risultati, in termini di incremento del valore aggiunto, sono migliori per le aziende meridionali rispetto a quelli del resto del Paese, in particolare nell’industria in senso stretto che registra un -14,4%.

Elementi positivi ma anche possibili criticità caratterizzano il credito: migliora l’affidabilità creditizia e per la prima volta tornano a calare in maniera robusta le sofferenze, scese in un anno di circa un quarto. Calano in maniera altrettanto brusca anche gli impieghi, segno di una tendenza strutturale alla selettività degli affidamenti ma anche di un’offerta di credito che, a dieci anni dall’inizio della crisi, stenta a seguire la domanda, in particolare quella delle imprese.

Le agevolazioni fanno crescere gli investimenti ma l’edilizia resta al palo

Dall’analisi dei dati si nota una sostanziosa crescita degli investimenti in impianti e attrezzature, con un forte incremento nell’industria, +40%. Una crescita sostenuta da efficaci strumenti di agevolazione come il credito d’imposta per gli investimenti Sud, che grazie a 2,2 miliardi di incentivo ha promosso investimenti per 6,4 miliardi di euro.

Crescono gli investimenti strumentali anche nell’edilizia (+17,2%), che resta però il settore dell’economia meridionale che più ha sofferto gli effetti della crisi, avendo perduto oltre 26 mila aziende, in particolare nella classe tra 10 e 49 addetti, nella quale una impresa su due ha chiuso i battenti. Le imprese rimaste sul mercato sono più solide e profittevoli, ma i segnali positivi restano molto deboli. Nel 2016 il numero delle imprese cresce solo dello 0,4% e la spesa pubblica per investimenti resta ai minimi degli ultimi anni passando dai 22 miliardi di euro l’anno del 2009 ai 13 stimati per il 2016.

Accelerare l’uso delle risorse nazionali e comunitarie

Secondo l’analisi il contributo della spesa della politica di coesione, comunitaria e nazionale è ancora basso. Entro fine anno, la spesa dei fondi europei da certificare al Sud ammonta a 3,4 miliardi, ma la spesa effettiva è ancora ferma a poco meno di 1 miliardo di euro.

L’accelerazione dell’utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie per la coesione è dunque fondamentale per accompagnare i segnali di vitalità delle imprese, migliorando la competitività delle regioni meridionali (tutte nella parte bassa della classifica europea).

Investire sulle infrastrutture per agganciare la ripresa

Un robusto investimento infrastrutturale potrà consentire non solo di ridurre i divari e costruire occasioni di lavoro e di crescita, ma al tempo stesso, favorire la ripresa del comparto delle costruzioni, l’ultimo ad agganciare la ripresa.

Per superare le difficoltà che ostacolano tale accelerazione, è necessario uno sforzo straordinario per rafforzare le competenze della Pubblica Amministrazione del Mezzogiorno, salvaguardando gli strumenti che hanno dato buona prova di sé, e ponendo di nuovo la questione industriale al centro dell’azione economica per il Sud.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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