Si possono avere opinioni diverse su Carlo Calenda come Ministro e come politico. Ma una cosa va detta: non si è mai tirato indietro quando si è trattato di “metterci la faccia”. E non lo ha fatto nemmeno oggi, davanti all’assemblea di Confindustria, in un momento di saluto che si è trasformato in una vera e propria “lettera di commiato”, una riflessione ampia e articolata sui nodi che l’Italia ancora deve risolvere.
“Non potrei pensare a un luogo più appropriato della vostra Assemblea per concludere il mio mandato”, ha spiegato Calenda ricordando che chiunque arriverà al Ministero potrà contare sul suo supporto per prendere in mano i dossier se lo richiederà ripercorrendo l’essenza del suo lavoro con una frase: “La gestione non è la serie B della politica ma l’essenza della politica che si fa governo”.
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La paura del progresso
“Il futuro, una volta luogo della speranza – ha ricordato nel suo discorso – è diventato al contrario per molti il luogo delle paure e la la maggioranza dei millenials attribuisce un significato negativo al termine progresso. Per questo ci sono domande che mai ci eravamo posti e che diventano, oggi, ineludibili.
- L’innovazione tecnologica rimarrà uno strumento a disposizione dell’uomo o farà dell’uomo un suo strumento?
- Lo spostamento di potere politico ed economico verso Oriente porterà a conflitti globali o, per la prima volta nella storia, riusciremo ad evitarli?
- Il mondo potrà sostenere un benessere diffuso?
- Le nostre economie sono destinate a una stagnazione secolare?
A nessuna di queste domande dobbiamo dare una risposta semplicistica. Negare il diritto di cittadinanza alla paura è un tragico errore che abbiamo già commesso.
Il lavoro nell’industria? Una “commodity”
Nel suo discorso Calenda ripercorre la situazione del paese, la “straordinarietà” della situazione che stiamo vivendo e gli “shock economici” che abbiamo vissuto. “Molti lavori, in particolare nell’industria – sottolinea – sono diventati una commodity come tutte le altre e la sostituzione indolore dell’industria manifatturiera con quella dei servizi non è avvenuta”.
“La competizione con i paesi emergenti ha promosso lo sviluppo di un tessuto produttivo posizionato su beni e servizi a più alto valore aggiunto nelle economie mature. E, allo stesso modo, la spinta all’innovazione tecnologica che deriva dalla competizione generata dai mercati aperti sta trovando soluzioni anche per la sostenibilità ambientale e per il welfare.
Per un liberalismo pragmatico
Da questi presupposti bisogna partire per “Recuperare una prospettiva concreta e non ideologica del cambiamento e del mercato, un liberalismo pragmatico. Salvare il buono del liberismo dal liberismo ideologico è l’obiettivo che ci dobbiamo porre – ricorda agli industriali – ma, soprattutto, occorre curare il presente e le transizioni se vogliamo davvero accompagnare il paese nel futuro”.
“Più ci si apre all’esterno, e ai flussi di innovazione tecnologica, più bisogna governare il cambiamento all’interno, e questo è un compito che lo Stato deve assolvere. Proteggendo chi perde, premiando chi investe e difendendol’interesse nazionale, mantenendo un saldo radicamento nella nostra tradizionale collocazione internazionale”.
“E di nuovo, il supporto alla reindustrializzazione di aziende in crisi – prosegue Calenda – come Embraco, Ideal Standard, Alcoa, Lucchini e tante altre e il Piano Impresa 4.0 per aiutare le aziende ad entrare nella quarta rivoluzione industriale”.
L’appello alla società civile: “Fare muro contro i populismi”
Il periodo che abbiamo davanti metterà alla prova la nostra tenuta e chiamerà in causa la capacità delle forze della società civile e della rappresentanza di fare muro contro populismi distruttivi che sono molto diffusi nel paese. Io so che questa forza voi l’avete, l’ho sperimentata in questi cinque anni. Il piano Impresa 4.0 ha funzionato perchè lo abbiamo fatto e implementato insieme – conclude Calenda – stesso vale per il piano Made in Italy”.